Anche Nana, un’operatrice socio sanitaria di 45 anni di origine georgiana, ha confermato all’Agi che la situazione all’interno della Rsa era fuori controllo, così tanto che il 18 marzo il personale ha improvvisato uno sciopero, minacciando di non lavorare più senza mascherine. “Al mattino ci siamo guardati in faccia, eravamo tutti distrutti e impauriti. Chi aveva timore di avere contagiato i figli, chi i genitori anziani, chi aveva la febbre e stava male. Io avevo e ho paura per mia nipote che vive con me e la mia sorellastra. Lo sciopero è durato un paio d’ore. Abbiamo servito la colazione per non danneggiare i pazienti e poi non abbiamo fatto più nulla. Poi a un certo punto abbiamo ripreso a lavorare”.
Quel pomeriggio, secondo la sua ricostruzione, due operatrici hanno portato via le mascherine che stavano in un armadio con la chiave, “le hanno portate via dicendo che le avrebbero date a chi ne aveva davvero bisogno. Ci è stato spiegato che la regione Lombardia non prevedeva, nei nostri casi, l’obbligo di tenere le mascherine. Poi, dopo pochi giorni, ci sono state invece date”.
L’azienda comunica l’arrivo di 3mila mascherine chirurgiche e di 2mila ffP2 solo il 28 marzo. “Ora tutti le abbiamo, ma molti di noi sono a casa in malattia, alcuni per paura, ma tanti coi sintomi del virus. Anche dei colleghi che lavorano hanno i sintomi, non hanno gusto e olfatto per esempio. Io ho deciso di continuare a fare il mio mestiere per dovere, anche se la mia sorellastra mi dice di smettere e non so se mi farebbe stare in casa qualora dovessi ammalarmi. Non voglio lasciare soli i pazienti che stanno male, alcuni stanno per morire o stanno morendo, anche in questi giorni. Hanno i sintomi del virus ma non c’è il tampone e i medici continuano a dirci di stare tranquilli, che è tutto okay, sono solo dei casi sospetti. Finché ce la faccio, finché non mi ammalo, io starò qui con loro. Faccio turni massacranti, quasi sempre le notti, ma non mollo”, ha continuato Nana, che racconta di non avere paura di far uscire il suo nome “perché la salute è l’unica cosa che ho nella vita, non ho altro, e la voglio difendere”.
Sulle 100 morti sospette al Pio Albergo Trivulzio, il polo geriatrico più importante del Paese, è stata aperta un’inchiesta da parte della Procura di Milano dopo l’articolo di Repubblica in cui Gad Lerner riporta la testimonianza del geriatra Luigi Bergamaschini, sospeso proprio per non aver impedito l’uso delle mascherine da parte del personale, contravvenendo alle indicazioni ricevute. Problematiche simili sono state segnalate da parenti, congiunti o conoscenti anche in altra RSA, tanto che la procura ha aperto vari fascicoli sulle case di riposo, non solo il Trivulzio, ma anche la Don Gnocchi, la Casa famiglia ad Affori, la Sacra famiglia di Cesano Boscone, e la Casa di riposo del Corvetto.
Leggi anche:
1. Le 100 morti sospette al Pio Albergo Trivulzio: la punta dell’iceberg di quello che sta succedendo nelle RSA 2. Inchiesta sul Trivulzio: Beppe Sala si affida a Gherardo Colombo, 28 anni dopo Mani Pulite 3. Morti sospette al Trivulzio, l’arcivescovo Paglia a TPI: “Abolire le case di riposo, combattere l’epidemia della solitudine”