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Coronavirus, secondo la Società Italiana di Pneumologia il 30% dei pazienti guariti da Covid-19 avrà danni irreversibili ai polmoni

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Credit: Ansa

In media, per un adulto potrebbero servire da 6 a 12 mesi per un recupero completo delle funzionalità respiratorie

Coronavirus: per 3 pazienti guariti su 10 danni irreversibili ai polmoni

Il 30% dei pazienti guariti dal Coronavirus presenta danni irreversibili ai polmoni: è il preoccupante scenario che emerge dal convegno della Società Italiana di Pneumologia, che si è tenuto nella mattinata di martedì 26 maggio in videoconferenza, durante il quale sono stati messi a confronto i primi dati di follow-up raccolti nel nostro Paese e dai medici cinesi con gli esiti di pazienti colpiti da Sars nel 2003. Da questo confronto, emerge come l’infezione polmonare provocata da Covid-19 possa lasciare un’eredità cronica sulle funzionalità respiratoria. Si stima, infatti, che in media in un adulto possano servire da 6 a 12 mesi per il recupero funzionale, che per alcuni però potrebbe non essere completo.

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Dopo la polmonite causata dal Coronavirus, perciò, potrebbero essere frequenti alterazioni permanenti della funzione respiratoria ma soprattutto segni diffusi di fibrosi polmonare: il tessuto respiratorio colpito dall’infezione perde le proprie caratteristiche e la propria struttura normale, diventando rigido e poco funzionale, comportando sintomi cronici e necessità, in alcuni pazienti, di ossigenoterapia domiciliare. La fibrosi polmonare, dunque, potrebbe diventare il pericolo del futuro per molti sopravvissuti al Coronavirus. “Non abbiamo al momento dati certi sulle conseguenze a lungo termine da polmonite da Covid-19, è trascorso ancora troppo poco tempo dall’inizio dell’epidemia a Wuhan, dove tutto è cominciato. Tuttavia le prime osservazioni rispecchiano da vicino i risultati di studi di follow-up realizzati in Cina a seguito della polmonite da Sars del 2003, molto simile a quella da Covid-19, confermando il sospetto che anche Covid-19 possa comportare danni polmonari che non scompaiono alla risoluzione della polmonite” spiega all’Agi Luca Richeldi, membro del Comitato Tecnico e Scientifico, presidente della Società Italiana di Pneumologia (SIP) e Direttore del Dipartimento di Pneumologia, al Policlinico “Gemelli” di Roma.

“In molti pazienti Covid-19 che sono stati ricoverati o intubati osserviamo dopo la dimissione difficoltà respiratorie che potrebbero protrarsi per molti mesi dopo la risoluzione dell’infezione – aggiunge Richeldi – e i dati raccolti in passato sui pazienti con Sars mostrano che i sopravvissuti alla Sars a sei mesi di distanza avevano ancora anomalie polmonari ben visibili alle radiografie toraciche e alterazioni restrittive della funzionalità respiratoria, come una minor capacità respiratoria, un minor volume polmonare, una scarsa forza dei muscoli respiratori e soprattutto una minor resistenza allo sforzo, con una diminuzione netta della distanza percorsa in sei minuti di cammino. Ma, soprattutto il 30% dei pazienti guariti mostrava segni diffusi di fibrosi polmonare, cioè grosse cicatrici sul polmone con una compromissione respiratoria irreversibile: in pratica potevano sorgere problemi respiratori anche dopo una semplice passeggiata”.

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“Questi problemi si sono verificati anche in pazienti giovani, con un’incidenza variabile dal 30 fino al 75% dei casi valutati – interviene Angelo Corsico, Direttore  della Pneumologia della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo e Ordinario di Pneumologia all’Università di Pavia – E i primi dati riferiti dai medici cinesi su Covid-19 e i nostri primi dati osservazionali, parlano di molti pazienti sopravvissuti nei quali viene diagnosticata proprio una fibrosi polmonare, ovvero una situazione in cui parti di tessuto dell’organo sono sostituite da tessuto cicatriziale non più funzionale”.

Leggi anche: 1. A Brescia isolato ceppo meno potente del Coronavirus. Il virologo: “Qualcosa sta succedendo, virus meno aggressivo” / 2. Secondo uno studio dell’università di Singapore il 24 ottobre l’Italia dirà per sempre addio all’epidemia di Coronavirus / 3. Positivi al Coronavirus, lo studio: “Non sono più contagiosi dopo 11 giorni”

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