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La pandemia diffusa dagli asintomatici: così Cina, Oms e Italia hanno sottovalutato il Coronavirus

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La rivista Nature Medicine il 15 aprile pubblica un articolo su come il veicolo principale dell’infezione da coronavirus passi attraverso le persone asintomatiche. La ricerca condotta dall’Università di Hong Kong suggerisce una “considerevole trasmissione asintomatica”, come ha affermato il responsabile dello studio, Eric Lau.

Il 16 aprile è stato pubblicato in preprint lo “studio di Vo’”, che riporta i risultati dell’analisi condotta da un ampio team di epidemiologi sul paese padovano di Vo’ Euganeo, il primo paese dove è stato rilevato il primo caso di morte con/per Coronavirus il 21 febbraio. A Vo’ sono stati eseguiti tamponi su quasi tutti i cittadini, il 43 per cento era asintomatico, ma ugualmente contagioso. Anche ad Ortisei, in Trentino Alto Adige, il 49 per cento di chi finora si è sottoposto al test è risultato immunizzato al Coronavirus. Ortisei, come Vo’, ha già quindi acquisito una parziale immunità di gregge e due terzi dei testati ha detto di non aver avuto sintomi. Il medico pasquale Bacco riferisce poi che secondo i test effettuati dalla società Meleam spa il 35 per cento di tutta la popolazione italiana è già stata infettata e la gran parte è asintomatica.

Purtroppo ancora non conosciamo i dati ufficiali dei vari territori italiani e quindi su quanto sia realmente diffuso il virus fra la popolazione. Questo perché nessuna regione ha potuto eseguire dei tamponi a tappeto e in ogni caso la differenza sul tasso di tamponi per popolazione fra le regioni è enorme. La Regione Veneto per esempio ha eseguito lo stesso numero di tamponi della Lombardia pur avendo la metà degli abitanti. E’ probabile però che il risultato della fotografia sulle persone positive in Italia non sia grandemente differente dalle stime relative ai campioni sui paesini analizzati e comunque evidenzia ancora una volta come la maggior parte della popolazione infettata è asintomatica o blandamente sintomatica e che l’immunità di gregge in Italia stia crescendo.

Gli autori degli studi stimano inoltre che il tasso di riproduzione R0 del virus (capacità infettante) che corrispondeva a 3 nelle prime settimane della pandemia stia scendendo progressivamente per arrivare a 0,14 alla fine del lockdown (molto meno del fatidico valore soglia di 1, che significa che ogni positivo ne contagia un altro per permettere al virus di sopravvivere). Tutto questo fa pensare però al fatto che nella gestione di questa pandemia non tutto sia stato detto e fatto correttamente. Ma per comprendere cosa non abbia funzionato è utile fare un passo indietro.

In Cina a dicembre 2019 compare un’epidemia di polmonite e il giornale online Global Casting pubblica la notizia della scoperta di un nuovo virus patogeno: il coronavirus 19. Le autorità sanitarie cancellano la pagina online e ordinano di non pubblicare i risultati. La Cina aspetterà ben due settimane per dare al mondo la notizia dell’infezione e la sequenza del genoma.

Il primo gennaio il medico Li Wenliang avvisa della comparsa di una grave nuova e sconosciuta epidemia che stava colpendo gli esseri umani in Cina, ma viene arrestato per aver diffuso il panico. Li Wenliang viene convocato in un ufficio di pubblica sicurezza locale a Wuhan per “aver diffuso false informazioni”. Li è costretto a firmare un documento in cui ammette di aver fatto “commenti falsi” e “alterato l’ordine sociale”. Morirà di coronavirus all’età di 32 anni e mesi dopo verrà dichiarato Martire ed eroe nazionale.

Domenica 12 gennaio la sequenza genetica del nuovo coronavirus viene resa disponibile all’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità. I laboratori di diversi Paesi iniziano a produrre test diagnostici specifici attraverso la tecnica di amplificazione genica PCR.

Il 14 gennaio il direttore generale dell´OMS, Tedros Adhanom, riferisce che dalle indagini preliminari delle autorità cinesi, non ci sono prove di trasmissione da uomo a uomo. Nello stesso periodo il governo di Taiwan, prova invece ad avvisare l’OMS del contagio di questa nuova infezione virale fra esseri umani.

Giovedì 23 gennaio il governo cinese mette in quarantena milioni di persone. Nulla di simile è mai stato fatto nella storia umana. L’OMS dichiara che l’epidemia non costituisce un’emergenza pubblica di interesse internazionale in quanto non vi sono “prove” della diffusione del virus al di fuori della Cina. I comunicati dell’Oms elogiano “la dedizione delle autorità e la trasparenza dimostrata” dalla Cina. Allo stesso tempo l’Oms critica gli Usa accusando di alimentare “paura e stigma” per aver bloccato l’arrivo dei voli dalla Cina.

Il 30 gennaio l’OMS dichiara l’emergenza sanitaria. La Cina riporta 7.711 casi e 170 morti. Il virus si è ora diffuso in tutte le province cinesi. Il contagio ha già raggiunto il 19 paesi al di fuori della Cina.

Il 31 gennaio la rivista medica Lancet pubblica un rapporto di tre medici di Hong Kong che evidenzia come il virus si stia replicando in modo esponenziale. I numeri cinesi quindi non tornano, gli studi cinesi non conteggiano le persone asintomatiche come sarebbe previsto dalla definizione dell’OMS. Ma la cosa non viene segnalata, anzi il report finale dell’OMS in Cina sostiene che la patologia da Covid-19 veramente asintomatica sembra essere rara e non sembra un fattore trainante della trasmissione. Secondo i dati del governo cinese, invece su tre infetti da coronavirus, almeno uno è un portatore silenzioso o asintomatico. Cioè ha il virus ma non i sintomi.

La decisione della Cina di escludere i casi asintomatici come possibile veicolo di infezione influenzerà le prime linee guida dell’OMS sull’emergenza coronavirus. Questo potrebbe aver permesso un estensione del contagio a tutto il mondo. Le prime linee guida identificava infatti un paziente sospetto da coronavirus solo se sintomatico e in contatto con le zone rosse come era considerato il territorio cinese.

Giovedì 20 febbraio un paziente di 30 anni ricoverato nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Codogno (Lodi, Lombardia) risulta positivo per SARS-CoV-2. Nelle successive 24 ore, il numero di casi segnalati aumenterà a 36, senza collegamenti con il paziente o casi positivi precedentemente identificati. È l’inizio dell’epidemia italiana.

Il 21 febbraio si scoprono altri casi in Lombardia, che vengono cercati anche senza contatti con la Cina, ma continuano a non essere cercati i pazienti asintomatici. I tamponi vengono fatti solo ai pazienti sintomatici con febbre e tosse.

Lunedì 9 marzo l’Italia estende rigide misure di quarantena all’intero paese per 60 milioni di persone. Dichiara il territorio italiano una “zona di sicurezza” con severe misure di quarantena. A tutte le persone viene detto di rimanere a casa a meno che non debbano uscire per un “valido motive di lavoro o familiare”. Le scuole vengono chiuse.

L’11 marzo l’OMS dichiara pandemia globale, quando ormai il contagio ha raggiunto 114 Paesi.

Il 16 marzo la rivista scientifica Science dichiara che gli asintomatici non riconosciuti sono stati la causa del 79 per cento dei casi di infezione e l’OMS, solo adesso, consiglia i test per tutti i contatti di una persona infetta sintomatici o asintomatici.

In Italia il dottor Grisanti, fuori dal coro, indicava già che la strada da seguire sarebbe stata quella di eseguire i tamponi ai pazienti asintomatici. In Veneto il 17 marzo i tamponi passano da 3 mila a 11.300 al giorno. L’amministrazione della regione Veneto prende una decisione che risulterà determinante per la protezione dall’infezione virale e il contenimento dell’epidemia.

Il 15 aprile Trump blocca i fondi per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Si presume che SARS-CoV-2 si sia diffusa principalmente attraverso il contatto da persona a persona attraverso goccioline respiratorie generate da tosse e starnuti. Non è chiaro se e in quale misura altre vie di trasmissione siano epidemiologicamente rilevanti come quello orofecale o attraverso fomiti (un fomite è qualsiasi oggetto inanimato). È certo invece che la diffusione virale, e quindi la pandemia, sia stata provocata tramite il contatto di persone infette ma asintomatiche che però, come abbiamo visto, risultano comunque infettanti. Non aver compreso o non aver ricevuto i dati relativi all’alta percentuale di infettati asintomatici ha provocato la diffusione esponenziale di una infezione virale che da sindrome influenzale si è trasformata in pandemia globale

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