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Ospedale di Padova: quella guerra tra direttore e specializzandi che non fa bene a nessuno

Immagine di copertina
Credits: ANSA/US ULSS

Ospedale di Padova: quella guerra tra direttore e specializzandi che non fa bene a nessuno

Nell’ospedale di Padova si è riusciti ad arginare il Coronavirus con una certa efficacia, ma non le esternazioni del direttore sanitario Daniele Donato, il quale ha dato vita a un caso diplomatico che sta avendo strascichi destinati a durare nel tempo.

Tutto nasce da un webinar organizzato dalla Società italiana di chirurgia plastica il primo maggio. Ed è proprio in quella data simbolica per i lavoratori che Donato ha l’idea geniale di commentare l’operato degli specializzandi dell’ospedale di Padova con parole decisamente dure e ingenerose: “Gli specializzandi escono di casa, hanno una vita sociale molto attiva e questi sono i soggetti che nel momento in cui si inseriscono nei contesti dell’ospedale creano maggior pericolo. Infatti gli specializzandi ci hanno messo in difficoltà. Nel momento in cui dovevano rispettare le misure di barriera erano precisi, ma quando erano nella sala dedicata per mangiare un panino o stare al computer questi hanno trovato un momento di contatto e abbiamo avuto 22 specializzandi positivi per via dei momenti di socializzazione fuori dall’area ospedaliera. Noi al momento nell’ospedale abbiamo 140 positivi su 8.000 dipendenti e solo 16 sono venuti a contatto con un paziente positivo”.

Insomma, un’accusa molto precisa: gli specializzandi sono poco attenti e responsabili e mettono a repentaglio la sicurezza dell’ospedale nonché la vita di chi ci lavora dentro. Difesi dal rettore dell’Università di Padova Rosario Rizzato e dal rappresentante della categoria (“Parole inaccettabili e lesive dell’integrità e della professionalità dei medici in formazione specialistica”), gli specializzandi questa mattina hanno deciso di scioperare per una giornata, garantendo comunque i servizi di emergenza e nelle aree Covid.

Uno specializzando dell’università di Padova spiega la situazione con amarezza: “Quelle di Donato sono parole offensive, noi siamo stati utilizzati nei reparti Covid per 14/15 ore consecutive. Tutto questo scoperchia un problema preesistente: noi specializzandi non siamo né carne né pesce. Quando fa comodo siamo lavoratori, quando non fa comodo siamo studenti. Il signor Donato, quando parla di nostri spazi di aggregazione, non dice che l’azienda sanitaria in questione non ci fornisce per esempio gli armadietti. In 25 ci cambiamo in un ripostiglio di 4 metri quadri, di fronte alla macchinetta del caffè degli anestesisti. Le tute non ci vengono fornite dall’azienda sanitaria, ci danno due camici al momento dell’immatricolazione, anche a chi di noi è chirurgo e ha bisogno delle tute. Quindi molti di noi comprano da soli le tute e se le lavano a casa, il dottor Donato si è dimenticato di raccontarlo. Infine il discorso dei pasti. Noi come specializzandi abbiamo la convenzione, se la richiediamo, per mangiare in mensa. Ma non è lo stesso prezzo fatto agli altri convenzionati che è di un euro e venti, quindi noi un pasto lo paghiamo dai 5 ai 10 euro, non ci conviene, ce lo portiamo da casa. Il pasto lo consumiamo nella cucina del reparto e in questo periodo di Coronavirus ci siamo organizzati perché non ci siano più di due persone per volta in cucina, sedute al tavolo distanziate. Il direttore ha detto che ci accalchiamo nelle aree pasti, ma è falso. E l’ha detto in una videoconferenza con dei chirurghi plastici, magari anche retribuito, il primo maggio, la Festa dei lavoratori!”.

“Donato – continua il giovane medico – incarna il paradigma di come vengono trattati gli specializzandi: siamo sempre il capro espiatorio di quello che non va negli ospedali. Riguardo lo sciopero, sia chiaro che è un gesto di solidarietà nei confronti di quelli che si sono trovati in prima linea impreparati. Noi specializzandi da contratto non dovremmo mai fare attività senza tutoraggio, non dovremmo mai essere sostitutivi del personale convenzionato. Questo non avviene mai, né in tempo Covid, né in tempo non Covid e volendo ci potremmo rifiutare, cosa che non facciamo mai. Molti di noi sono stati chiamati a fare lavori diversi da quelli per cui sono preparati, uno pneumologo non è un anestesista, ma c’è chi ha dovuto farlo”.

“Stamattina – dice lo specializzando – qualcuno di noi ha aderito allo sciopero, qualcuno no. Fatto sta che è partita la lista di proscrizione. Tra l’altro i servizi base li abbiamo garantiti tutti. Il medico di guardia, che è una figura che non dovrebbe essere coperta da uno specializzando, stamattina è andato in reparto e lo ha fatto per garantire il servizio ai cittadini, ma stiamo scioperando tutti, anche chi è andato a lavorare. Infine voglio dire una cosa. Qui dentro ci sono stati anche medici non specializzandi che hanno portato il virus da fuori e comunque nell’ospedale di Padova la situazione è sotto controllo, non capisco perché creare un problema che non è esistito. E poi, noi da contratto dovremmo avere un orario da sei ore, ma entriamo la mattina alle 7 e certe volte io resto fino a mezzanotte. Non è un lavoro in cui c’è una fine, non ci tiriamo mai indietro, non ci meritiamo quelle parole”.

Il governatore del Veneto Luca Zaia ha preso le difese degli specializzandi: “Va ripristinato un buon rapporto con le scuse, può capitare a tutti nella fretta, nella stanchezza o in tempeste mentali che a voce alta venga fuori qualche concetto che non ci sta. Gli specializzandi: se non ci fossero, dovrebbero inventarli. Mi aspetto le scuse per loro”. Scuse che sono arrivate in maniera piuttosto goffa dalla “miccia” di questa antipatica polemica, il direttore sanitario Daniele Donato: “In virtù dell’impegno profuso alcuni medici in formazione operanti in area Covid hanno potuto firmare un contratto di lavoro; allo stesso tempo si prendono le distanze da libere interpretazioni destituite di qualsiasi fondamento circa una presunta e mai asserita maggiore pericolosità dei medici in formazione o su comportamenti volutamente scorretti. Gli operatori sanitari risultati positivi dal 22 febbraio ad oggi sono stati complessivamente 140, dei quali 36 medici specializzandi. Solo un medico, riscontrato positivo allo screening ed asintomatico, ha lavorato in area Covid”.

Insomma, della serie “non ho detto quel che ho detto” e “gli specializzandi si sono infettati fuori dalle aree Covid”. E siccome gli specializzandi a passare per untori irresponsabili non ci stanno, hanno fatto sapere tramite il loro rappresentante che vogliono andare a fondo: “Chiediamo che venga avviata un’indagine ufficiale per ricostruire l’origine dei contagi tra il personale medico in formazione di Aoupd. Dire che solo uno specializzando sarebbe stato contagiato nell’esercizio della professione, e lasciar presagire che la restante parte abbia contratto l’infezione per propria superficialità e negligenza, è inesatta e negherebbe il rischio professionale a cui tutti siamo stati esposti”.

Insomma, dopo tante lodi alla gestione della sanità in Veneto, una polemica davvero odiosa, che di sicuro non finirà con lo sciopero di oggi e con le scuse raffazzonate di chi ha avuto un’uscita più che infelice.

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