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Monza, nella Fondazione Don Gnocchi 16 bambini disabili positivi al Coronavirus. Ma i genitori non lo sanno

Immagine di copertina
Credit: Pixabay

Coronavirus: a Monza 16 bambini disabili positivi. Ma i genitori non lo sanno

Seregno. “Buongiorno, sono una mamma e mi rivolgo a voi per chiedere aiuto. Mia figlia, di 13 anni, si trova alla Fondazione Don Gnocchi dai primi di marzo. Mi hanno chiamata pochi giorni fa dicendomi di andarla a prendere urgentemente perché le avevano fatto il tampone ed era negativa. Sono preoccupata. Mi telefonano ogni giorno per sapere se mia figlia sta bene. Non mi dicono altro. Aiutatemi”. Così a TPI Silvia Bonfiglio, 41 anni, attualmente disoccupata madre di cinque figli e vedova da sette mesi. È distrutta. La sua voce, impaurita e smarrita. Vittoria (nome di fantasia ndr), è una bambina di 13 anni, nata con emorragia celebrale, paralizzata nella parte sinistra del suo piccolo corpicino, con deficit di linguaggio e di apprendimento. Recentemente ha subito anche un’operazione dolorosa ai tendini. Silvia, non può dedicarsi a lei come vorrebbe, così in accordo con le assistenti sociali decide di mandarla in una struttura specializzata per bambini con disabilità a Seregno, in Brianza. La Fondazione Don Gnocchi infatti ha un reparto di degenza per gli anziani e uno per minori dai 10 ai 18 anni.

La madre è tranquilla, perché ogni fine settimana va a riprenderla e la porta a casa. È ignara, fino ad oggi, che 17 operatori sanitari e 16 minori, con i quali la bambina è stata a contatto sono positivi al coronavirus. L’ha scoperto TPI, sfondando il muro di omertà. E il centro Ronzoni-Villa Fondazione don Carlo Gnocchi è ancora aperto. “Il 26 marzo mi chiama la struttura e mi dicono che c’è un bimbo con febbre, forse con sintomi del coronavirus e che hanno eseguito il tampone a tutti i minori, compresa mia figlia e mi tranquillizzano – continua Silvia Bonfiglio –. Il giorno dopo alle 14:00, mi telefonano per dirmi che la mia bambina è negativa ma di venire immediatamente a prenderla”. La signora ci racconta: “Mio figlio, il più grande va subito alla Fondazione. Chiede la certificazione del tampone. Non vogliono dargliela. Chiama la Asl Lombardia. Solo a quel punto ci consegnano il referto medico eseguito dall’ospedale Niguarda. Ora ogni giorno mi chiama l’assistente sociale per chiedermi le condizioni di salute di Vittoria. Alle mie domande e dubbi, l’operatrice sanitaria mi risponde che un bimbo ha avuto la febbre e che tutti i minori sono stati riportati a casa dai genitori”.

 

 

Il 31 marzo TPI prova a contattare il centro riabilitativo della degenza dei minori. Risponde una religiosa. I minori stanno bene? “Sì!”. Si trovano in struttura? Silenzio. Ripetiamo la domanda: ancora silenzio. Qualcosa non va. Il giorno dopo verso l’ora di pranzo, cerchiamo il sindaco. Ci risponde su Facebook: “Di cosa volete occuparvi?”. Anticipiamo due domande: la Fondazione don Gnocchi è aperta? Ci sono casi positivi? Alle 20.30 ci rimanda al 2 aprile per un appuntamento telefonico. Nel frattempo chiamiamo la Asl di Seregno: linee sempre intasate. Optiamo per la Protezione civile di Monza e Brianza: non risponde nessuno. Sicuramente in giro per le emergenze. In tarda serata cerchiamo di avvisare o avere informazioni dalla compagnia dei Carabinieri per capire cosa stia accadendo.

Il comandante gentilmente risponde: “Non siamo stati informati da nessuno, almeno noi dell’Arma. Appena ci segnalano qualcosa ci attiviamo subito per quanto riguarda le nostre competenze”. A intuito siamo verso la strada giusta. Alberto Rossi, sindaco di Seregno, il 2 aprile ci comunica: “Sono stati riscontrati alla Fondazione Don Gnocchi 16 minori (dai 10 ai 14 anni) e 17 operatori sanitari positivi al Covid-19. Nessuno dei ragazzi positivi è residente nel nostro territorio. Ora farò un video su Facebook per tranquillizzare tutta la popolazione. La struttura per anziani è aperta”.

Nel filmato, postato sul social di Mark Zuckerberg, pochissimi minuti dopo aver parlato con noi, il primo cittadino di Seregno dichiara: “In accordo con la direzione del Centro Ronzoni-Villa della Fondazione Don Gnocchi, anche rispetto a richieste arrivatemi e per chiarire rispetto ad alcune voci, vi comunico che il 24 marzo è stata riscontrata la prima positività al centro. Non appena è stata rilevata questa positività sono stati effettuati tutti i controlli come da prassi normativa sanitaria. Alcuni ragazzi sono positivi”. Continua Rossi: “Stanno bene. Hanno tutte le cure necessarie e sono in isolamento domiciliare. Le famiglie sono state avvertite prontamente. Non solo si è effettuata la mappatura di tutti i contatti esposti a rischio contagio. I ragazzi ricevono assistenza costantemente adeguata. Diciassette operatori sanitari sono positivi e anche loro in isolamento domiciliare. Gli anziani nella Rsa sono tutti negativi al tampone e in buone condizioni di salute”.

Perché la notizia ai cittadini viene data dal sindaco attraverso un video, nove giorni dopo il primo caso di coronavirus nella struttura? La Fondazione don Gnocchi perché è ancora aperta dopo che 33 persone sono state riscontrate positive? È stata sanificata? Perché alla signora Bonfiglio non è stato comunicato da parte del centro e anche da parte della Asl di competenza che vi erano bambini e operatori sanitari positivi? Come mai, dal primo caso di coronavirus il 24 di marzo, Vittoria, 13enne, paralizzata, con disabilità importanti effettua il tampone solo il 26 di marzo? Perché non è arrivata la comunicazione anche al pediatra o medico di base della signora? Una risposta è certa: Silvia Bonfiglio sa di essere in isolamento domiciliare dalla nostra testata. Ora è informata.

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