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“Io medico italiano vi dico: non ho mai visto nulla di simile”, la testimonianza dell’anestesista al Nyt

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Credit: Ansa

La testimonianza di Marco Pavesi, anestesista al Policlinico San Donato di Milano al New York Times

“Io medico italiano vi dico: non ho mai visto nulla di simile”, la testimonianza dell’anestesista al Nyt

“Pensiamo sempre alle calamità come a qualcosa che accade lontano da noi, agli altri, in un’altra zona del mondo. È come una superstizione. Ma questa volta non è così. Stavolta è successo qui, a noi, ai nostri cari, ai vicini di casa, ai colleghi”. Sono le parole che l’anestesista Marco Pavesi ha scritto in una testimonianza pubblicata sul New York Times sull’emergenza Coronavirus nel nostro paese, che lui sta vivendo in prima linea in quanto medico del Policlinico San Donato di Milano.

“Sappiamo come rispondere a incidenti stradali, deragliamenti, persino terremoti”, scrive il medico. “Ma un virus che ha ucciso così tante persone, che peggiora ogni giorno che passa e per il quale una cura – o anche solo un modo per contenerlo – sembra ancora lontano? No”.

Pavesi racconta di come, dal 21 febbraio, l’ospedale e il sistema lombardo in generale si sia riorganizzato per fronteggiare l’emergenza, con la creazione di nuovi posti in terapia intensiva e reparti interamente dedicati all’infezione Covid-19. Cita i dati dei contagi e dei morti, quelli che ogni giorno abbiamo imparato a sentire nel bollettino dalla Protezione civile, e aggiunge: “Con questi numeri, il sistema sanitario del paese potrebbe presto collassare”.

“I pazienti che arrivano rimangono per molti giorni, mettendo a dura prova le risorse mediche”, spiega l’anestesista. “Già nel nord Italia – in Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Marche – i sistemi sanitari sono sottoposti a enormi stress. Gli operatori sanitari sono sfiniti. Man mano che il virus si diffonde, altre regioni si troveranno presto nella stessa situazione. Fortunatamente, la Lombardia e il governo nazionale hanno adottato misure di contenimento aggressive 10 giorni fa. Entro la fine di questa settimana – dopo 15 giorni, il periodo di incubazione dell’infezione – vedremo se tali misure sono state efficaci. Solo allora potremmo vedere un rallentamento della diffusione del virus”.

Pavesi ricorda il grande spirito di sacrificio dei medici italiani e i rischi che stanno correndo. “In qualità di anestesista dedito alle emergenze chirurgiche, non ho avuto molti rapporti diretti con pazienti affetti da Coronavirus”, spiega il medico. “Ma ce n’è stato uno. Un uomo anziano in condizioni fragili, che doveva rimuovere un tumore. L’intervento è proceduto normalmente: l’ho messo a dormire e si è svegliato quattro ore dopo, senza dolore. Era a metà febbraio. Una settimana dopo, hanno iniziato a manifestarsi i sintomi rivelatori: febbre alta, tosse. In breve tempo, la polmonite”.

“Ora è in terapia intensiva, intubato e in condizioni critiche”, racconta. “È uno dei tanti che sono diventati un numero senza nome, uno di quelli che rappresentano il peggioramento della situazione. Spero che l’inizio della fine di questo focolaio sia presto. Ma sapremo che arriverà solo se e quando le infezioni inizieranno a diminuire”, conclude il medico.

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