Coronavirus, il disastro perfetto della Liguria: la “piccola Lombardia” di cui nessuno parla
Nelle ultime settimane la Liguria ha creato le condizioni per il disastro politico e sanitario perfetto. Nel silenzio generale, ha scalato tutte le classifiche sul Covid, mentre il governatore Giovanni Toti, invece di invocare prudenza, è diventato un sostenitore di quel "liberi tutti" che rischia di trasformarsi in una nuova ecatombe. L'analisi di Lorenzo Tosa
Coronavirus, la Liguria è un disastro perfetto ma nessuno ne parla
C’è una piccola regione italiana, schiacciata tra il mare e le grandi regioni del Nord ovest, in cui nelle ultime settimane si stanno creando le condizioni per il disastro politico e sanitario perfetto. Con tutti i media italiani troppo occupati (giustamente) a raccontare la catastrofe lombarda, è finita che abbiamo sottovalutato quello che stava accadendo pochi chilometri più giù, in quella ex Liguria rossa diventata in meno di cinque anni un feudo sovranista. E che oggi, nel silenzio generale, ha scalato tutte le classifiche sul Coronavirus, dove è costantemente sul podio, in alcuni casi sul gradino più alto. A raccontare la gestione fallimentare della Giunta Toti-Lega sono i numeri: impietosi. Ma anche un’antologia dell’orrore di dichiarazioni, gaffe, fake news da far concorrenza da vicino al duo Fontana-Gallera.
“SOLO UN’INFLUENZA”. Che le cose non sarebbero andate bene lo si era già intuito il 21 febbraio scorso, giorno del primo caso in Lombardia (il famoso Paziente 1 di Codogno), quando il dottor Matteo Bassetti, primario di Infettivologia dell’ospedale San Martino ed esperto scelto dalla Regione come uomo immagine dell’emergenza, dichiarava gioiosamente alle telecamere che “un virus così non ci fa paura” e di “andare d’accordo coi cinesi”. Che è un bel proposito, non c’è dubbio, ma non è esattamente quello che vorresti sentir dire da un medico agli esordi di una potenziale epidemia. Insomma, anche per Bassetti era una “semplice influenza”, nulla più. Un approccio ottimista che, in breve, lo aveva reso una star del web e – va detto – di larga parte della sinistra, in un momento in cui milioni di italiani non aspettavano altro di sentire un esperto che li rassicurasse. Meno di un mese dopo, Bassetti, il Gismondo ligure, ha cancellato con un colpo di spugna dal suo profilo Facebook tutti i link, gli articoli e le dichiarazioni in cui aveva sottovalutato la potenza del virus. E ha fatto bene perché, nel frattempo, la situazione è precipitata, in Liguria più ancora che nella maggior parte d’Italia.
RECORD NEGATIVI. Questa piccola regione, negli ultimi giorni, ha collezionato una serie di record negativi che cozzano drammaticamente con la propaganda entusiastica a cui il presidente Toti ci ha abituati. La fotografia arriva dall’ultimo report sull’emergenza Coronavirus per il mese di maggio diffuso dalla Fondazione Gimbe, che ha inserito la Liguria, insieme a Lombardia e Piemonte, tra le regioni che, allo stato attuale, non sono pronte alla riapertura.
TAMPONI. Ma a colpire di più sono i dati. Con 5,8 per cento, la Liguria è la seconda regione – appena dietro la Lombardia (6 per cento) – per percentuale di tamponi diagnostici positivi. Per trovare la terza regione classificata bisogna scendere addirittura fino al 3,8 per cento del Piemonte: un abisso. La media nazionale, tanto per essere chiari, si attesta al 2,4 per cento. Peccato che, a differenza di Lombardia e Piemonte, la Liguria esegua meno tamponi totali ogni 100mila abitanti rispetto alla media nazionale (1319 contro 1343). Tradotto? Pochissimi tamponi e un numero spropositato di positivi.
CONTAGI. Non va meglio quando ci spostiamo sull’incidenza di nuovi casi per 100mila abitanti, dove la Liguria, con 76, è sempre seconda dietro la Lombardia (96). La media italiana è di 32. E lo stesso copione si ripropone identico nella graduatoria riguardante il tasso di crescita medio settimanale dei contagi, dove, nella settimana tra il 18 e il 24 maggio, la Liguria aveva registrato lo 0,49 per cento (contro lo 0,38 per cento della Lombardia). Solo il Molise le era davanti, ma quello 0,72 per cento anomalo era legato alla vicenda di un unico, grande, focolaio.
DECESSI. Ma non finisce qui. La Liguria ha anche il triste record di decessi giornalieri in rapporto alla popolazione. Secondo i dati forniti dal Ministero della Salute, negli ultimi dieci giorni la Liguria è stata costantemente al primo posto con punte dello 0,72 per cento, contro un trend di poco superiore allo 0,5 per cento della stessa Lombardia. La media nazionale non raggiunge lo 0,4 per cento.
CASE DI RIPOSO. Come se non bastasse, anche in Liguria, come in Lombardia, è partita un’inchiesta per epidemia dolosa che ha messo nel mirino la gestione della pandemia all’interno delle case di riposo, dove si è registrato un tasso anomalo di mortalità: il 200 per cento in più, tra febbraio e aprile, rispetto alla media dei tre anni precedenti (fonte Open). Al punto che i consiglieri regionali di opposizione del Movimento 5 Stelle hanno richiesto l’avvio di una Commissione d’inchiesta per far luce sul caso.
LE APERTURE. Di fronte a una Waterloo del genere, qualunque governatore dotato di buon senso si preoccuperebbe di chiudere il più in fretta possibile ogni possibile porta d’accesso a potenziali nuovi focolai, in entrata e in uscita. Qui in Liguria, invece, Toti è stato, insieme alla governatrice della Calabria, il primo e il più agguerrito ad andare allo scontro col governo, anticipando al 18 maggio molte delle aperture che Roma aveva previsto per il 3 giugno: in particolare, negozi, bar, ristoranti, centri sportivi, parrucchieri ed estetisti. Risultato? La seconda regione più colpita in Italia, quella che avrebbe dovuto muoversi con maggiore prudenza, è diventata addirittura apripista di quel “liberi tutti” che rischia di trasformarsi in una nuova ecatombe. E solo il buon senso di centinaia di sindaci, che si sono opposti all’ordinanza regionale, ha evitato guai peggiori. Per ora.
EMERGENZA CORONAVIRS, LA LIGURIA MAGLIA NERA. Ormai è sotto gli occhi di tutti: la Liguria è ufficialmente maglia nera italiana Covid di maggio. Al di là degli Appennini, c’è una piccola Lombardia di cui quasi nessuno parla e in cui il combinato disposto di un’età media elevata, le carenze e i tagli orizzontali alla sanità regionale degli ultimi anni e l’imprudenza dell’attuale Giunta hanno prodotto i prodromi della tempesta perfetta. Nella Genova che celebra in pompa magna il nuovo ponte e il ritorno alla normalità, si contano sulle dita di una mano le voci critiche e i giornalisti indipendenti che, da settimane, denunciano la gravità della situazione (su tutti Genova Quotidiana e Liguri tutti: il blog di Marco Preve e Ferruccio Sansa), in un clima di narcosi collettiva da far spavento, mentre le elezioni regionali sono ormai alle porte.
Da oggi esiste un nuovo caso: il caso Liguria. Lo strano caso di una regione in piena emergenza e di un presidente che taglia nastri e invita a “riaprire tutto, altrimenti, invece di morire di Covid, moriremo di fame.” Una frase che abbiamo sentito ripetere ciclicamente in questi ultimi due mesi a destra e a sinistra. Sappiamo già com’è andata a finire.
Il commento di Toti
Il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, ha replicato a questo articolo con un post su Facebook, che riportiamo integralmente di seguito.
Oggi a fotografare in modo catastrofico la situazione in Liguria è un ex portavoce dei grillini del M5S, ora “influencer” della sinistra. Peccato che i dati dell’Istituto Superiore della Sanità invece dicono esattamente il contrario. E lo dicono analizzando centinaia di migliaia di dati e non facendo delle sterili somme con la calcolatrice dello smartphone. Lo fanno con virologi, infettivologi, professori e ricercatori. Qui non stiamo giocando a farci vedere, in ballo ci sono la salute e il futuro di milioni di persone e non possiamo più stare in silenzio a subire questi attacchi vergognosi. L’ufficio legale della Regione Liguria sta studiando come difenderci da tutti coloro che, con dati non ufficiali, fanno del terrorismo, mettendo in dubbio la professionalità dei nostri scienziati, dei nostri tecnici e di quelli del Ministero della Salute.
Ci dispiace perché questi articoli, creati ad arte per tifoseria e per pure ragioni politiche, fanno solo del terrorismo generando un allarmismo pericoloso tra i cittadini! Perché volete che vada tutto male? Basta cavalcare le paure della gente, basta tifoserie su temi così delicati, basta insinuare il dubbio che le istituzioni, a tutti i livelli e di tutti i colori, vogliano ingannare la gente. Per cosa poi? Noi siamo stati i primi ad aver chiuso le scuole quando era il momento e se non ci fossero le condizioni saremmo i primi a non voler mettere a rischio i nostri cittadini e quelli delle altre regioni.
Sì, siamo tutti italiani, anche se molti ultimamente lo dimenticano. Usare le parole “catastrofe” ed “ecatombe” nei giorni in cui la presa del virus si sta effettivamente allentando è veramente vergognoso e irrispettoso nei confronti di chi ha perso la vita, di chi ha lottato e sta lottando per sconfiggere il virus, di chi sta ripartendo con preoccupazione e di chi ancora deve ritornare alla normalità. Questo terrorismo sta creando una guerra sociale, distruggendo anche l’empatia. Come quella che si dovrebbe provare per chi ha gli affetti lontani da 3 mesi e sente il naturale bisogno di rivederli. Facile attaccare con i propri cari nella stessa regione! Facile attaccare per ottenere dei click! Facile dare dati diversi dal Ministero per ottenere visibilità! Non creiamo danni peggiori di quelli già ottenuti da questo maledetto virus!
La risposta di Lorenzo Tosa per TPI
Un bel giorno di fine maggio il governatore della Liguria Giovanni Toti si sveglia e si accorge che qualcuno ha osato mettere in discussione la sua propaganda stile MinCulPop in cui la regione che lui governa è stata una delle più efficienti in Italia nell’affrontare il Covid, in cui i tamponi non servono, il virus è sotto controllo ed è arrivato il momento di riaprire tutto, altrimenti moriremo non di Coronavirus ma di fame.
Io capisco che il Presidente Toti non sia abituato, non dico alle critiche, ma anche solo alle domande dei giornalisti, in una regione in cui tre quarti dei media locali sono entrati, di fatto, a far parte della sua squadra della comunicazione allargata; una regione in cui in cinque anni i finanziamenti alla prima emittente privata ligure, tramite una società partecipata controllata politicamente, sono lievitati di 112 volte, dai 4.000 euro della vecchia amministrazione agli attuali 450.000, come racconta Elisa Serafini nel suo libro “Fuori dal comune”; una regione in cui le uniche voci critiche rimaste sono un eroico quotidiano locale e il blog indipendente di due giornalisti.
Per il resto: buio, silenzio, applausi in pubblico e mugugni in privato. Perciò capisco che il Presidente Toti sia rimasto oltremodo sorpreso di ritrovarsi messi lì, nero su bianco, su un quotidiano nazionale da oltre 12 milioni di contatti unici, la reale situazione dell’emergenza Covid in Liguria. Non attraverso opinioni personali, attacchi o insulti (di cui la sua tifoseria social ha invece ricoperto il sottoscritto, senza la minima moderazione da parte di una pagina istituzionale, come sempre avviene ogni volta che qualcuno osa contestarlo), ma attraverso dati, cifre, numeri e, soprattutto, fonti.
Nessuno – NESSUNO – dei dati riportati nell’articolo arriva da personali elucubrazioni dell’autore, che non avrebbe neppure le competenze per farlo, ma da studi, report e grafici realizzati da istituti autorevoli e indipendenti (vedi la fondazione Gimbe) o, addirittura, – tenetevi forte – dal Ministero della Salute. Sì, proprio quel Ministero della Salute che Toti cita giustamente come fonte ufficiale e autorevole. Ebbene, è proprio il Ministero della Salute a indicare, nel periodo preso in esame, la Liguria ai primissimi posti sia come nuovi casi che come decessi in rapporto al numero della popolazione.
Noi – come sempre – parliamo coi fatti. Altri preferiscono minacciare querele, senza tuttavia contestare nel merito uno solo dei dati riportati nell’articolo. E, se scriviamo, se raccontiamo, è proprio perché siamo preoccupatissimi per la salute di milioni di persone, che tanti, troppi, rappresentanti politici sembrano aver sacrificato in nome di altri interessi più forti. Lo abbiamo fatto per la regione Lombardia con una lunghissima e documentata inchiesta che c’è valsa gli attacchi feroci dell’assessore Gallera e un premio per il giornalismo d’inchiesta a Ischia.
Continueremo a farlo anche per la Liguria e ovunque la propaganda politica e gli interessi elettoralistici franino sui dati e sulla realtà. Si chiama giornalismo. È un mestiere che Toti dovrebbe conoscere abbastanza bene, e di cui ormai sembra essersi tristemente dimenticato. Noi parliamo coi dati e con le inchieste, qualcun altro con le minacce di querela. Ognuno ha la sua forma di comunicazione. Poi c’è la realtà, i numeri: che, a differenza dei giornalisti (per fortuna non tutti), hanno un brutto difetto: non si piegano alla propaganda.
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