Coronavirus, italiani vade retro: quando la paura del contagio sconfina nel razzismo
Dalla giornalista Sara Giudice e il suo videomaker in Turchia, all'italiana con marito e figli in Spagna, passando per il cameriere italiano a Madrid: gli italiani nel mondo vengono sempre di più tenuti alla larga a causa della diffusione del Coronavirus
Coronavirus, italiani vade retro: quando la paura del contagio sconfina nel razzismo
Quasi come fossimo degli untori, molti nostri concittadini in questi giorni stanno avendo seri problemi a causa dell’emergenza, e a volte della psicosi, legata al coronavirus. Una giornalista, una signora romana, un giovane cameriere. Tutti accomunati dalla “colpa” di essere italiani.
Sara Giudice, Lorenza Frasca e Cris Riato hanno provato sulla loro pelle cosa significa essere messi da parte, non poter tornare a casa, non ottenere risposte alle proprie domande. Questo perché all’estero l’Italia e gli italiani di questi tempi vengono spesso considerati un pericolo, in quanto il nostro Paese è uno dei più colpiti al mondo dal Covid-19.
Sara Giudice ha raccontato la sua odissea a TPI: “Sono bloccata in aeroporto in Turchia a Istanbul. In attesa di sapere che cosa fare e dove andare. È successo che nessun italiano può mettere piede sul suolo turco. Né attraverso scali né attraverso voli diretti e quindi sono 48 ore che cerchiamo di raggiungere il Paese. Siamo io e Pasquale Sannino, il film maker”.
I giornalisti partiti da Roma sono bloccati all’aeroporto per via della decisione del governo di Ankara di sospendere i voli con l’Italia per l’emergenza del Coronavirus. “È da ieri che tentiamo di partire prima con un volo diretto e poi con un volo su Atene. Anche via terra ci hanno detto chiaramente che gli italiani non possono arrivare in Turchia in nessun modo. Insieme a noi c’è la Corea del Sud, l”Iraq, l’Iran e la Cina. Questo è il quadro deleterio della situazione”, continua la giornalista che era diretta a Istanbul con l’operatore per un reportage sulla crisi migratoria con la Grecia.
Sara Giudice racconta a TPI: “Ci hanno detto di andarcene al più presto altrimenti ci avrebbero messo in isolamento, in quarantena. Al che noi ci siamo organizzati per andarcene in Grecia nella speranza che almeno in Grecia si possa entrare”.
“È da 48 ore che siamo bloccati e che stiamo tentando di uscire da questa situazione per raggiungere in qualche modo la Turchia. Prima si poteva ma solo con scalo. Ora non si può nemmeno con lo scalo. Pian piano innalzano l’asticella dei limiti. Mentre eravamo in volo sono iniziati tutti i blocchi, quindi nemmeno a quelli che erano in viaggio è stato consentito di oltrepassare la frontiera”, sottolinea la giornalista.
“Dalla Grecia arriveremo al confine turco con la macchina. Siamo un paese sempre più imbarazzante. Siamo l’unico paese occidentale che viene bloccato in qualsiasi aeroporto ormai. Abbiamo provato anche con la Bulgaria, non si poteva nemmeno arrivare in Bulgaria. Siamo due giornalisti che si spostano per lavoro”, denuncia l’inviata di La7.
“Siamo l’unico paese occidentale che subisce questo tipo di limitazione. Non mi risulta che dalla Germania o dalla Francia non si possa atterrare eppure anche loro hanno i loro casi di contagio di Coronavirus. È questa la differenza. L’Italia è bloccata in qualsiasi modo, non si può lavorare negli altri paesi.
Una situazione per certi versi simile, ma stavolta a Tenerife, la sta vivendo Lorenza Frasca, nell’isola spagnola insieme al marito e alle due bambine, 21 mesi e 5 anni, da sabato 22 febbraio. “Ostaggi” del coronavirus.
Il motivo della quarantena è che nell’albergo in cui alloggiano sono stati trovati positivi al Coronavirus cinque ospiti e così da lunedì 24 febbraio la famiglia è bloccata nella struttura ricettiva spagnola. Sono piantonati dalla polizia ispanica, che vigila affinché nessuno si allontani o abbia contatti con altre persone.
In un video-appello pubblicato su Repubblica, la donna ha denunciato: “Chiedo da una settimana di fare la quarantena ma in un posto dove qualcuno si possa prendere cura delle mie figlie”, dice la donna, che ha anche chiesto aiuto all’ambasciata italiana senza però, stando a quanto afferma, ricevere risposte. “Voglio tornare a casa, voglio che il mio governo si preoccupi di me e delle mie bambine. Se rimaniamo qui ci ammaleremo. E se succede che sarà delle mie bambine?”.
Infine il giovane Cris Riato, che ha raccontato quanto ha subito con un post su Facebook: “Oggi 26 febbraio 2020 mi sono sentito letteralmente umiliato!
Un amica della mia capa di lavoro arriva tranquilla come quasi ogni giorno a mangiare e bere tranquilla nella birreria dove lavoro. Io come sempre con un gran sorriso la accolgo e le chiedo cosa desidera da bere. Lei mi guarda e mi dice: “Guarda italiano che ti ho comparto una cosa” io la guardo un poco interdetto e con un sorriso aspetto.
Lei mi guarda e dice: “Oggi ho pensato che dovevo venire qui a mangiare come sempre, ma mi sono ricordati che tu lavoro qui” con un gesto mette la mano in borsa e continua dicendo “quindi siccome non volevo contagiarmi con il coranavirus e visto tutto quello che sta succedendo nel tuo Paese ho pensato che sarebbe più sicuro per tutti se ti mettessi questa” e toglie dalla borsa una mascherina!! Vedendo la mia espressione sconvolto lei continua e dice “Scusa tanto eh ma io ci tengo alla mia salute”.
Io educatamente le ricordo che vivo a Madrid da un po di tempo e prima vivevo nel sud della Spagna, di conseguenza è un po’ difficile che io possa essere affetto dal virus. Lei indispettita mi dice “vabbe ma comunque sei italiano cosa centra che vivi qui!!”.
Umiliazione e una vera e propria forma di razzismo. Dettata spesso e volentieri dall’ignoranza e da una scarsa informazione. Italiani, vade retro.