Lettera in onore dei nostri morti
Le parole inviate da una lettrice di TPI, scrittrice di Rieti
Coronavirus Italia: lettera in onore dei nostri morti
In questo momento così duro, pubblichiamo una lettera di una nostra lettrice indirizzata a chiunque stia combattendo contro l’epidemia da Coronavirus: medici, infermieri, famiglie.
“È a chi non avrà un domani che tutti dobbiamo rispetto e una carezza ideale, che questo stato di emergenza ha impedito anche nel momento della morte. Coraggio”, scrive R., che preferisce restare anonima.
Chiedetelo ai morti,
cosa vuol dire andarsene via senza una carezza.
Chiedetelo ai morti,
cosa vuol dire il coperchio di una bara sopra una bocca privata di storia.
Chiedetelo ai morti
cosa vuol dire la pena delle care mani lontane.
Chiedetelo ai morti,
cosa vuol dire il ghiaccio della lacrima d’addio pianta da soli.
Chiedetelo ai morti
cosa vuol dire la pietra sepolcrale da cui pure Dio deve distare un metro.
Chiedetelo ai morti
cosa vuol dire eterno riposo per chi è stato strappato all’età del riposo dopo una vita di lavoro.
Chiedetelo ai morti
cosa vuol dire il canto di speranza per chi è morto in un tormento disperato.
NON DOMANDATELO A DIO, AI GOVERNANTI, AGLI STATISTI, AI FIDUCIOSI DEL PROGRESSO, AI GURU
DELLA RESILIENZA.
DOMANDATELO AI MORTI,
DOMANDATELO AI VINTI,
A CHI NON POTRÀ SVEGLIARSI DOMANI PER COSTRUIRE UN MONDO MIGLIORE,
DOMANDATELO AI MORTI, CHE NON HANNO AVUTO LA GRAZIA DELL’APPRESA LEZIONE,
COME FARE DELLA VOSTRA OCCASIONE UN PATTO D’ONORE
COL SANGUE DEI MORTI DA SOLI, CHE NON AVRANNO UN DOMANI MIGLIORE.
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