Parla Sonia, la proprietaria del ristorante cinese di Roma costretto a fermarsi: “I nostri cuochi hanno paura del coronavirus in Italia”
Hang Zhou chiude i battenti, Sonia a TPI: “I cinesi hanno paura degli italiani”
Lo storico ristorante cinese romano Hang Zhou (da Sonia), nel cuore del quartiere Esquilino, ha deciso di chiudere i battenti a causa del coronavirus, almeno fino al 30 aprile prossimo.
Non è stato il calo delle prenotazioni registrato da quando l’epidemia è esplosa a Wuhan a spingere la proprietaria a sospendere l’attività, quanto piuttosto la paura del contagio in Italia da parte dei suoi collaboratori, anche di origine cinese, che non vogliono più recarsi nel locale. Fino al 20 febbraio scorso non hanno avuto timore di contrarre il virus, ma adesso che anche in Italia sono presenti focolaiol autoctoni, piuttosto che restare a Roma, preferiscono tornare in Cina.
18 persone in due giorni, da quando il primo caso positivo al coronavirus è stato registrato nel Lazio, le hanno comunicato di non avere più intenzione di andare a lavorare. Non vogliono entrare in contatto con clienti potenzialmente infetti e preferiscono non percepire lo stipendio piuttosto che correre il rischio di contagio. Lo spiega la stessa proprietaria, Sonia Zhou, a TPI.
“I dipendenti mi hanno chiesto di non venire più a lavorare. Ogni giorno aumentano i casi in Italia, in una settimana sono oltre 2mila, e i miei collaboratori non vogliono essere contagiati. Non vogliono il coronavirus”, dichiara la donna, che ha 51 anni e vive in Italia dal 1991.
“Prima, quando il coronavirus stava in Cina, non avevano paura, perché la Cina è lontana, adesso dopo i primi casi in Lombardia e a Roma hanno deciso di non venire più”. La proprietaria si riferisce ai 12 casi di coronavirus registrati tra Roma e provincia a partire da sabato 29 marzo, quando la famiglia di Fiumicino (una madre un padre e una figlia) è risultata positiva al test.
La maggior parte dei dipendenti di Hang Zhou che hanno deciso di dare forfait sono invece di origine filippina. “Hanno deciso di non venire perché questo posto è pieno di gente”, racconta Sonia. “Hanno paura ci siano clienti che vengono dalle zone rosse, dal nord, e di entrare in contatto con loro senza saperlo. Io non posso fare magie da sola senza dipendenti, per questo sono costretta a chiudere. Oggi ho detto a tutti di venire per parlare della situazione, ma non c’è modo di convincerli: da domani chiudo”, racconta ancora.
“Dicono che preferiscono non essere pagati, dicono che la salute è più importante dei soldi”, afferma Sonia, che in 20 anni non ha mai chiuso il locale, e che nei giorni precedenti all’esplosione del focolaio autoctono in Italia aveva deciso di lasciare il ristorante aperto nonostante il calo delle prenotazioni generato dalla psicosi. Una psicosi che non aveva nulla a che fare con il rischio di contagio divenuto effettivo a partire dal 20 febbraio scorso e dai primi casi registrati nel lodigiano.
La donna spiega che anche i collaboratori cinesi hanno deciso di non andare a lavoro, e addirittura di lasciare l’Italia per un po’: torneranno in Cina. “In cucina ci sono anche dei cuochi cinesi, e hanno già comprato i biglietti per tornare a casa: non hanno paura dell’epidemia in Cina ma di quella in Italia”, racconta. “Non vengono da Wuhan, ma da regioni dove il coronavirus non c’è e in cui le persone stanno riprendendo a lavorare, come quella dello Zhejiang, da dove vengo anche io”, osserva.
“Fino ad ora anche senza clienti ho lasciato il ristorante aperto. Ma senza dipendenti non posso, mi hanno costretta a chiudere anche se io non voglio. Questa è la prima volta che chiudo in 20 anni”.
“Un terzo di lavoro è perduto. Non ci sono guadagni, non riesco a mantenere il locale. Anche se è aperto non ho più ricavi per pagare la gente, ma tanto adesso hanno rinunciato loro allo stipendio”, dichiara Sonia scoraggiata, e racconta che ormai la situazione è la stessa per tutti i ristoranti del quartiere Esquilino, non solo per quelli asiatici. “Ora nessuno sta guadagnando, non solo i ristoranti cinesi, anche pizzerie e altri locali non riescono a coprire le spese. Io non ho paura, né in Cina né in Italia, ma non puoi decidere per le altre persone”, conclude la donna.
Intanto, il numero dei contagiati dal Covid-19 in Italia è salito a 1577, con 41 decessi e 83 pazienti guariti, secondo il bilancio fornito ieri, domenica 1 marzo, dalla Protezione Civile. Sempre nella giornata di ieri, il premier Giuseppe Conte ha firmato un decreto con nuove misure per fermare l’emergenza, che prevede la sospensione quasi totale delle attività nella “zona rossa” (le cosiddette aree cluster in Lombardia e Veneto: Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini; e in Veneto il comune di Vò) parziale nella cosiddetta “zona gialla” (Emilia Romagna, le province di Pesaro e Urbino, Savona e i comuni di Veneto e Lombardia che non fanno parte della zona rossa) e l’applicazione di altre misure di prevenzione nel resto del Paese.