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Morto un altro medico a Brescia: era rientrato dalla pensione per aiutare contro il Coronavirus

 

Coronavirus, morto a Brescia il medico Fasoli: era rientrato dalla pensione

La triste lista dei medici deceduti in Italia a causa del Coronavirus è giunta già a quota 20: tra i nomi dei dottori che non hanno esitato a restare tra i malati pur di dare il loro contributo, c’è anche quello di Gino Fasoli, morto lo scorso 14 marzo. La storia del medico abruzzese, 73 anni, è però diversa dalle altre: perché lui, dopo una vita passata in corsia, da qualche tempo era riuscito a entrare in pensione. Nonostante ciò, era tornato a indossare il camice bianco quando alcuni colleghi hanno chiesto il suo aiuto a causa del Covid-19.

Fasoli aveva così ripreso servizio in un ambulatorio nel Bresciano, vicino a Passirano, la cittadina in cui abitava. In un periodo in cui molti medici sono stati spostati in ospedale per rispondere all’emergenza, mentre altri si sono ammalati, il 73enne aveva accettato di dare una mano dove serviva. Tuttavia, il medico abruzzese è stato contagiato dal Coronavirus. Ed è morto il 14 marzo scorso all’Istituto clinico San Rocco a Ome.

Fasoli non si era mai sposato. Da giovane aveva indossato per anni la tonaca francescana. Poi la decisione di studiare medicina e dedicare così la sua vita alla cura dei pazienti: aveva lavorato in Italia (era stato anche direttore sanitario del pronto soccorso di Bornato, sempre nel Bresciano), ma aveva anche fatto esperienze di volontariato all’estero, soprattutto in Africa. In Somalia, anni fa, venne addirittura rapito.

Lascia un fratello, più piccolo di tre anni, che vive a Sulmona e che, interpellato dal Corriere della Sera, ha raccontato l’evoluzione del contagio del medico. “Il 6 – ha dichiarato il fratello – mi aveva detto di non stare troppo bene, ma niente di grave, solo un mal di testa e una febbricciola. Gli ho telefonato il 10 per chiedergli come stesse e lui, con un filo di voce, mi ha risposto così: “Non riesco a parlare”. E ha riappeso. Da allora non sono più riuscito a sentirlo. All’indomani degli amici lo hanno fatto trasferire in ospedale. Dopo che è risultato positivo al tampone lo hanno intubato. E alle 8 in punto del 14 mi hanno chiamato dall’ospedale per dirmi che era morto”.

Il fratello, però, nello sconforto ha anche denunciato il fatto che Fasoli abbia ricevuto “una sola mascherina” durante tutto il periodo in cui si è rimesso in servizio per contrastare il Coronavirus. “A fine febbraio mio fratello mi disse che gli avevano dato finalmente una mascherina. “Una al giorno?”, gli chiesi. “No, una e basta”, fu la sua risposta”. “Gino – ha concluso il fratello – era così, un generoso. Per questo è tornato in ambulatorio, entusiasta di dare una mano ai colleghi in un momento terribile”.

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