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Cop27: Italia malissimo nel contrasto alla crisi climatica, nessun Paese sta rispettando i target per 1,5 gradi

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Italia sostanzialmente in stallo nel contrasto alla crisi climatica: il Belpaese guadagna, infatti, appena una posizione rispetto allo scorso anno – è 29° anziché 30° – rimanendo ancorato al centro della classifica stilata dal Climate Change Performance Index 2023, il rapporto sulla performance climatica dei principali Paesi del Pianeta, redatto da Germanwatch, CAN e NewClimate Institute in collaborazione con Legambiente per l’Italia.

Legambiente in una nota: “Invertire subito la rotta con la revisione del Piano Nazionale Energia-Clima in coerenza con l’obiettivo di 1.5°C”. Nessuno tra gli Stati presi in considerazione ha infatti raggiunto gli obiettivi necessari a fronteggiare il riscaldamento globale e a contenere l’aumento della temperatura media entro la soglia critica di 1,5°C a fine secolo.

Le performance analizzate nel rapporto annuale, presentato oggi 14 novembre 2022 alla Cop27 di Sharm el Sheikh, hanno come parametro di riferimento gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e gli impegni assunti al 2030 e vengono misurate attraverso il Climate Change Performance Index (CCPI), basato per il 40% sul trend delle emissioni, per il 20% sullo sviluppo di rinnovabili ed efficienza energetica e per il restante 20% sulla politica climatica.

Restano vuote, anche quest’anno, le prime tre posizioni della classifica stilata dal Climate Change Performance Index 2023: nessuno tra gli Stati presi in considerazione dal rapporto – 59 nazioni più l’Unione Europea nel suo complesso, rappresentanti ben il 90% delle emissioni climalteranti del globo – ha infatti raggiunto le prestazioni necessarie a fronteggiare la crisi climatica e a contenere l’aumento della temperatura media globale entro la soglia critica di 1,5°C. L’Italia si trova al centro della classifica, sottolinea Legambiente nella nota. A pesare sul risultato italiano, si evidenzia nel report, sono principalmente il rallentamento nello sviluppo delle rinnovabili e una politica climatica ancora inadeguata a fronteggiare l’emergenza.

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