Roma, la capitale della cocaina: le principali piazze di spaccio, i costi e i numeri del consumo della “polvere bianca”
Il tema della cocaina a Roma è entrato a gamba tesa nel dibattito, dopo l'uccisione del Carabiniere Mario Cerciello Rega, da parte di un giovanissimo americano
Bar diventati centri di spaccio 24 ore su 24. Attività comprate per riciclare il denaro del narcotraffico. E ancora, sale slot, pizzerie, tabaccherie, ristoranti, pedine della grande rete di spaccio che ha reso Roma la “capitale della cocaina”, come emerso da numerose inchieste degli anni scorsi. Soldi, tanti soldi, quelli che scorrono a fiumi, insieme alla polvere bianca che arriva dal Sudamerica e che finiscono nelle casse della mafia e delle organizzazioni criminali che agiscono sul territorio.
Il tema della cocaina a Roma è entrato a gamba tesa nel dibattito, dopo l’uccisione del Carabiniere Mario Cerciello Rega, da parte di un giovanissimo americano. (qui tutta la storia)
“A Roma la droga si vende, a Roma la droga serve per comprare attività commerciali, a Roma la droga serve per costruire case. Roma è diventata una narcocittà”, scriveva Roberto Saviano nel 2017.
Il comandante generale dell’Arma dei carabinieri Tullio De Sette, citato da Roberto Saviano, dà alcuni spunti allarmanti: “L’operazione Tempio 2014 e l’operazione Babylonia, hanno portato alla luce in maniera chiara una verità allarmante. E cioè che Roma è diventata uno snodo centrale per gli affari del narcotraffico mondiale. Sia da un punto di vista operativo – i narcotrafficanti si incontrano a Roma per organizzare gli investimenti sulla cocaina interfacciandosi con i cartelli sudamericani (colombiani e panamensi) – , sia da un punto di vista economico, scegliendo Roma come piattaforma prima per il grande riciclaggio di danaro”.
Le organizzazioni criminali che controllano lo spaccio di droga a Roma hanno una fitta rete di pusher per offrire in maniera capillare la merce nelle piazze di spaccio sparse per la capitale. I margini di guadagno sono enormi: un pusher può arrivare a guadagnare fino a 6mila euro al mese.
Gli accordi per lo spaccio avvengono via sms, con nomi in codice: la “macchina” o la “pizza”, viene chiamata la coca. I prezzi per un chilo di cocaina si aggirano intorno ai 40mila euro, variabili a seconda di vari fattori, tra cui la disponibilità della merce.
Secondo quanto è emerso dalle grosse inchieste del passato, Roma è diventata una sorta di snodo della distribuzione della cocaina. Mentre le organizzazioni mafiose meridionali, con anni e anni di relazioni e affari con il Sudamerica ecc, si occupano dei grossi movimenti e hanno ruolo di broker, le organizzazioni autoctone romane gestiscono in autonomia tutta la parte di distribuzione, come un vero e proprio hub, dove agire “indisturbati”.
E Roma è anche il luogo dove riciclare con grande agilità il denaro ricavato dai proventi del narcotraffico, in primis attraverso bar, locali, ristoranti e altre attività economiche.
Nel 2018 a Roma sono stati sequestrati 378,6 chilogrammi di cocaina, a fronte dei 310 dell’anno precedente.
“È nella Città eterna che si prenotano i carichi di stupefacente col beneplacito delle grandi holding criminali, è dalla rete dei broker capitolini che parte l’ordine ai mediatori (spesso romani all’estero) insediati in Spagna, Olanda o sulle rotte balcaniche e dal Centramerica. E sono le batterie romane con l’aiuto degli stranieri, a occuparsi della distribuzione sul territorio, suddividendo il mercato nelle varie piazze di spaccio, un centinaio quelle censite dalle ultime inchieste, molte delle quali condotte sotto l’egida della Dda”, scrive il Messaggero.
Secondo i dati dell’Osservatorio per la Legalità del Lazio, tra il luglio 2017 e il giugno 2018 ci sono stati 965 indagati per associazione a delinquere finalizzate al traffico di stupefacenti.
Il mercato italiano è alimentato per la maggior parte dalla cocaina prodotta in Colombia e proveniente dal Brasile, Cile, Stati Uniti d’America, Ecuador, Costa Rica e Olanda. Questa sostanza viene trasportata principalmente attraverso l’Ecuador, il Venezuela, il Brasile e la Repubblica Dominicana e, una volta arrivata in Europa, attraverso la Spagna e l’Olanda.
Le principali piazze di spaccio
Tra i luoghi caldi dello spaccio romano vi sono sicuramente quelli della movida capitolina: San Lorenzo, l’Esquilino, il Pigneto, Ponte Sisto, Trastevere, Campo de’ Fiori in Centro.
Accanto a questi, numerose altre piazze in periferia: da Centocelle, all’Alessandrino, Borghesiana, Torre Maura e Torre Angela. Sono le cosiddette piazze aperte, dove lo smercio è meno organizzato, e sotto gli occhi di tutti.
Tra le altre piazze vi sono San Basilio, Tor Bella Monaca, Montespaccato, Romanina, Nuova Ostia, Tufello, Laurentino, Guidonia. Sono piazze, secondo gli inquirenti, “chiuse”, secondo un modello di pusher e vedette, alla Scampia. Si tratta di una sorta di supermercato aperto h24, dove trovare tutto ciò che serve, con una gestione precisa e organizzata. Una capillare divisione del territorio, per non accavallarsi e pestarsi i piedi, e far “mangiare tutti”.
Le organizzazioni criminali si servono di pusher e piccoli spacciatori sia italiani che stranieri, nigeriani, marocchini e tunisini in primis. Un sistema ormai rodato, oliato e ben strutturato.
Quanto costa la cocaina a Roma
I prezzi della cocaina sono crollati negli ultimi 10 anni. Una dose, che nel 2009 poteva costare fino a 90 euro, oggi costa addirittura meno di 20 euro a dose (al netto della purezza). È questo fattore che ha fatto sì che da droga di elité diventasse una sostanza accessibile da tutti, anche dai più giovani, accanto alla cannabis.
Secondo il Viminale, la maggior parte degli studenti ha fatto un uso occasionale di cocaina, al massimo 5 volte nell’arco dell’anno (47,4%), il restante 52,6% ha invece riferito un consumo più assiduo e di questi, quasi il 29% l’ha consumata almeno 20 volte. “Per quanto riguarda la disponibilità della cocaina, il 13,4% degli studenti ritiene di avere facile accesso a questa sostanza”, dice il ministero dell’Interno.
In Italia il consumo di sostanze stupefacenti sul territorio nazionale è stimato in 14,4 miliardi di euro, di cui poco più del 40% attribuibile alla spesa per il consumo di cocaina e circa il 28% all’utilizzo di derivati della cannabis, secondo la Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle sostanze stupefacenti del 2018.