Tombe rimosse al cimitero dei feti a Brescia, due dirigenti del Comune rischiano il processo

I fatti risalgono al 2021, quando 2.500 esumazioni furono effettuate secondo l'accusa in modo irregolare. Lo scorso dicembre l'amministrazione di Palazzo della Loggia è stata condannata dal Garante della Privacy a pagare 10mila euro. Il legame con il caso del Cimitero Flaminio di Roma
Venerdì 11 aprile si terrà l’udienza preliminare per il caso delle 2.500 tombe rimosse al “cimitero dei feti” di Brescia. Due responsabili dei servizi cimiteriali del Comune della Loggia, Elisabetta Begni e Monik Liliana Peritore, rischiano il rinvio a giudizio per i reati di violazione di sepolcro, vilipendio di tombe e cadaveri e sottrazione di cadavere.
L’inchiesta è partita da una serie di denunce presentate dalle famiglie coinvolte dalle esumazioni, che secondo l’accusa sarebbero state eseguite in modo irregolare.
I fatti risalgono al 2021. Secondo quanto ricostruito, all’interno del cimitero monumentale Vantiniano di Brescia c’era un’area riservata alla sepoltura di feti e bimbi morti durante o poco dopo il parto. In alcuni casi – principalmente dopo interruzioni di gravidanza volontarie o aborti spontanei – le sepolture erano avvenute all’insaputa delle donne interessate (si sospetta con il coinvolgimento di associazioni pro-vita). Tra il maggio e il novembre di quell’anno circa 2.500 tombe – relative a tumulazioni effettuate tra il 2008 e il 2016 – furono esumate. Ma, tra le famiglie che erano al corrente dell’esistenza di quella speciale area cimiteriale, molte protestarono per non essere state preventivamente avvisate. Di lì sono partite le denunce.
La vicenda si lega a quella del “cimitero dei feti” scoperto al Cimitero Flaminio di Roma nel settembre 2020: in quel caso migliaia di donne vennero a conoscenza dai giornali che i resti dei loro aborti erano stati sepolti senza la loro autorizzazione e che ciascun feto era segnalato da croci di metallo recanti i nomi e cognomi delle donne che li avevano abortiti, volontariamente o meno. Nell’ottobre di quell’anno il Garante della Privacy avviò un’istruttoria che ha poi portato, nel giugno 2023, a sanzioni per oltre 400mila euro complessivi nei confronti del Comune di Roma e della municipalizzata Ama, che gestisce i servizi cimiteriali capitolini (sul fronte penale, invece, l’inchiesta si è conclusa con un’archiviazione).
A Brescia molte famiglie denuncianti sono convinte che nel 2021 il Comune abbia deciso di procedere alle esumazioni di quelle 2.500 tombe per scongiurare il rischio di finire sotto la lente delle autorità come nel caso di Roma e di dover sopportare pesanti richieste di risarcimento danni. La decisione, tuttavia, si sarebbe rivelata un boomerang. Proprio le contestazioni sulle dissepolture, infatti, hanno portato all’apertura di un’indagine da parte del Garante della Privacy, culminata lo scorso dicembre con una sanzione amministrativa nei confronti del Comune di Brescia pari a 10mila euro. Secondo l’autorità, l’amministrazione ha trattato in modo illecito i dati personali riportati sulle tombe dei feti e nel portale online dei servizi cimiteriali della città. In particolare, ciascun feto era indicato con il nome XX seguito dal cognome della madre che l’aveva abortito: ciò accadeva anche nei casi in cui la donna o altri parenti non avevano richiesto la sepoltura né indicato i dati da riportare sulla stessa.
Le famiglie bresciane sono assistite dall’avvocato Francesco Mingiardi, legale dell’associazione per i diritti umani Fondamenta, nonché avvocato di Francesca Tolino, la donna di Roma che aveva dato avvio al procedimento penale contro l’Ama, la Asl capitolina e l’Ospedale San Giovanni di Roma. Secondo il legale, a Brescia le 2.500 esumazioni sono state effettuate senza rispettare le necessarie procedure e garanzie di pubblicità, violando i diritti delle famiglie che avevano scelto consapevolmente la sepoltura.
“Nel caso di Roma e in quello di Brescia – osserva Mingiardi – le parti ricorrenti, partendo da presupposti apparentemente opposti, arrivano a rivendicare gli stessi diritti, quelli che riguardano la corretta informazione e il diritto a una scelta consapevole. In entrambi i casi le autorità hanno agito in totale spregio della volontà delle donne e delle famiglie, a Roma seppellendo senza autorizzazione, a Brescia rimuovendo, sempre senza alcun consenso, sepolture richieste e volute”.
Il Comune di Brescia, da parte sua, si difende sostenendo che gli avvisi di esumazione erano stati affissi nei tempi previsti (almeno 90 giorni prima) sulla bacheca d’ingresso del Cimitero e sul perimetro dei riquadri interessati dall’esumazione “ben visibili ai visitatori del cimitero”: gli avvisi non contenevano il consueto elenco dei singoli nominativi che sarebbero stati dissepolti “per motivi di privacy”.
Lo scorso luglio il pm bresciano Antonio Bassolino ha chiesto il rinvio a giudizio per Elisabetta Begni, dirigente del settore Coordinamento amministrativo e dei servizi cimiteriali del Comune di Brescia, e per Monik Liliana Ilaria Peritore, responsabile dei servizi cimiteriali. Il pm peraltro non sarà presente all’udienza di venerdì perché trasferito in altra sede.
“I fatti di Brescia riguardano tutti coloro che hanno a cuore il consapevole esercizio dei diritti e delle libertà”, scrive in una nota l’associazione Fondamenta. “Il punto non è difendere o combattere i “giardini degli angeli” in quanto tali. Il punto è il rapporto tra i cittadini e l’Amministrazione. Quello che dovrebbe interessare è lo spazio di cui ognuno può disporre nel “giardino” delle libertà e dei diritti. La libertà di credere o di non credere, di scegliere se considerare figli i prodotti del concepimento da subito, o meno, di chiederne la cremazione, il seppellimento o di “donarli alla scienza”, magari per studiare le ragioni di una gravidanza sperata e poi finita. Il diritto di vedere rispettate e difese le proprie scelte fino a quando non interferiscono con quelle degli altri. Alla base di tutto c’è il dovere di informare, che è stato deliberatamente negato da chi ha esercitato scelte altrui con il metro della propria morale”.