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Maxi multa a Comune di Roma e Ama per il cimitero dei feti. “Diffusi i nomi di chi ha abortito”

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Maxi multa a Comune di Roma e Ama per il cimitero dei feti. “Diffusi i nomi di chi ha abortito”

Il caso del cimitero dei feti ha portato a una maxi-sanzione per il comune di Roma. Secondo il garante della privacy le sepolture nel cimitero Flaminio, salite agli onori della cronaca nel 2020, violavano i diritti delle donne che avevano affrontato un’interruzione di gravidanza. Le loro generalità erano infatti state apposti sulle croci dove erano stati seppelliti i feti, nonostante i dati sull’interruzione di gravidanza rientrino tra quelli relativi alla salute, di cui è vietata la diffusione, e la legge 194 del 1978 preveda “un rigoroso regime di riservatezza”.

Il garante ha sanzionato Roma Capitale per 176mila euro  e Ama, a cui è affidata la gestione dei servizi cimiteriali, per 239mila euro, con un ammonimento per la Azienda sanitaria locale (Asl) Roma 1.

Dall’istruttoria è emerso che “la diffusione illecita è stata originata da una comunicazione di dati effettuata in violazione del principio di minimizzazione. La Asl RM 1 aveva trasmesso ai servizi cimiteriali la documentazione con i dati identificativi delle donne. Le informazioni erano state poi riportate nei registri cimiteriali (determinando potenzialmente la possibilità di estrarre l’elenco di chi aveva effettuato un’interruzione di gravidanza in tutte le strutture ospedaliere del territorio) e sulle croci, nonostante la normativa specifica preveda che, per l’apposizione della targhetta sul cippo, le informazioni da indicare siano quelle del defunto; quindi tali informazioni non possono in alcun modo essere assimilate a quelle che riguardano le donne che hanno avuto una interruzione di gravidanza”.

L’Autorità garante per la protezione dei dati personali ha ordinato all’Asl di non riportare più le generalità delle donne sulle autorizzazioni al trasporto e alla sepoltura e sui certificati medico legali, chiedendo inoltre di implementare alcune misure. Queste dovrebbe consentire di identificare il feto e il luogo della sepoltura senza risalire all’identità della donna. L’Autorità ha ricordato che i “prodotti del concepimento” di età inferiore alle 20 settimane possono essere sepolti solo su richiesta dei genitori, mentre la sepoltura è sempre prevista per i “nati morti”. Per i “prodotti abortivi”, invece, la sepoltura viene comunque disposta dalla struttura sanitaria dopo 24 ore, anche senza richiesta dei genitori.

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