Cecilia Strada: “Papà è sempre con me. Mi ha insegnato che la negazione di un diritto è un pericolo per tutti”
Cecilia Strada: “Papà è sempre con me”
Cecilia Strada, la figlia del fondatore di Emergency scomparso ieri a 73 anni, si trovava a bordo della nave Ong People saving people per condurre operazioni di soccorso dei migranti nel Mediterraneo quando l’ha raggiunta la notizia della morte del padre. “Mentre lui moriva, io stavo facendo esattamente quello che papà mi ha insegnato a fare, da quando sono nata”, afferma oggi in un’intervista a Repubblica. “Gino diceva sempre che quando hai la possibilità di aiutare, devi farlo perché è giusto. E devi farlo subito”.
Cecilia Strada parla dopo un salvataggio che definisce “complicato”, dopo aver pensato che “questo è il mestiere che mi ha tramandato mio padre”. “Papà ha ha avuto una vita in cui non si è mai risparmiato, com’è anche la mia vita, in fondo, metti sempre in conto che domani è possibile non esserci più. Con un lavoro così pericoloso, basta una botta di sfortuna”, afferma la ex presidente di Emergency, 42 anni, unica figlia di Gino Strada, avuta insieme alla moglie scomparsa nel 2009, Teresa Sarti.
Per il padre, racconta, la sua missione nel Mediterraneo “era un lavoro normale”. “Anche mia madre Teresa diceva ‘non c’è da ringraziare, si fa quel che si deve fare‘. Quando tuo padre è un chirurgo di guerra in Afghanistan, tu sai che un giorno lui potrà non esserci più, anche se sei bambina. Questa è la nostra storia, lui non mi spronava, lo sapevo già quale era la mia missione. E lui mi appoggiava senza riserve”, ricorda. “Quel che lui e lei mi hanno insegnato è che si aiuta anche perché dopo ti senti meglio. È anche un po’ egoismo, oltre che altruismo”, aggiunge.
Di Gino – come è solito chiamarlo – porterà con sé quello che gli ha trasmesso fin da piccola, e cioè che i diritti “devono essere di tutti, se no, sono solo privilegi” perché “quando un diritto comincia ad essere negato a qualcuno, siamo tutti in pericolo”. Nella vita privata, poi, il padre le ha insegnato di tutto, “anche come attaccare un bottone: cucire lo sapeva fare bene, visto che era chirurgo”, racconta, con un po’ di rammarico per i momenti privati che forse non sono stati abbastanza perché “Gino era di tutti”. “E meno male. Ma c’era anche un Gino privato che mi mancherà e che forse ogni tanto avrei voluto tenermi un po’ più per me”.
“Ma lui è sempre con me – conclude – nella mia testa e nel mio cuore, con tutto quello che mi ha aiutato a diventare nella sua bellissima, eccezionale vita. Ciao papà”