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Home » Cronaca

“Al telefono potevo solo leggere un messaggio già scritto”: Cecilia Sala racconta i 21 giorni in cella a Evin

Immagine di copertina
Credit: AGF

Arrestata senza sapere il perché, l’isolamento in una cella buia e senza letto, qualche libro, le rare telefonate in cui era obbligata a dire solo quel che volevano i suoi carcerieri, e infine la scarcerazione, il rientro a casa, la prima sigaretta, il sollievo, la riconoscenza, la libertà. All’indomani del suo rilascio a sorpresa, la giornalista italiana Cecilia Sala racconta i ventuno giorni trascorsi nel carcere di Evin, in Iran.

“Ho la fotografia più bella della mia vita, il cuore pieno di gratitudine, in testa quelli che alzando lo sguardo non possono ancora vedere il cielo. Non ho mai pensato, in questi 21 giorni, che sarei stata a casa oggi. Grazie”, scrive stamattina su X la 29enne inviata di Chora Media e de Il Foglio, condividendo lo scatto dell’Ansa che la vede abbracciata al suo compagno Daniele Raineri, ieri, appena sbarcata a Ciampino.

In carcere, racconta Sala secondo quanto riferisce La Repubblica, “avevo perso il senso del tempo, non sapevo più quando era giorno e quando era notte”. La cella era “stretta e alta, senza letto, con una lampada sempre accesa e una piccola finestrella sul soffitto da cui passava l’aria ma che neanche riuscivo a vedere”.

La giornalista è stata arrestata il 19 dicembre scorso per una non meglio precisata violazione delle leggi della Repubblica islamica, ma con ogni probabilità era finita al centro di un intrigo internazionale legato all’arresto di Mohammad Abedini Najafabadi, ingegnere svizzero-iraniano esperto di droni fermato tre giorni prima, il 16 dicembre, a Malpensa su richiesta degli Stati Uniti con l’accusa di passare informazioni strategiche a Teheran.

Nel corso della detenzione Sala ha mangiato datteri e poco altro: il cibo le veniva passato da una feritoia nella porta della cella. Le sono state concesse poche telefonate, durante le quali era costretta a leggere un messaggio pre-impostato: “I miei – dice – mi facevano delle domande ma io non potevo dire di più perché avevo paura che mi facessero interrompere la conversazione”.

L’ambasciatrice italiana Paola Amadei “per quasi venti giorni è stato l’unico volto che ho potuto vedere”. Dopo la telefonata che le è stato concesso di fare il primo gennaio, ricorda Sala, “temevo davvero di non reggere più”.

In carcere la giornalista ha chiesto una Bibbia: perché “presumevo che potesse essere un libro che ad Evin avevano in inglese. E perché comunque la Bibbia è un libro molto lungo…”, spiega.

Due giorni fa la svolta: “Mi hanno spostato in una cella più grande e mi hanno portato gli occhiali”, racconta. “Ero insieme a una donna iraniana che non parlava una parola di inglese, quindi indicavamo gli oggetti nella stanza, lei ne diceva il nome in farsi e io in inglese”.

Le è stato portato un libro, “Kafka sulla spiaggia”, romanzo di Haruki Murakami. E lei, appena ha potuto telefonare al suo compagno, Daniele Raineri, giornalista de IlPost, gli ha suggerito di procurarselo anche lui: “Così lo possiamo leggere insieme, seppure a distanza”, lo ha esortato.

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Nella notte tra martedì 7 e mercoledì 8 gennaio l’improvvisa scarcerazione: Cecilia Sala è stata portata all’Ambasciata italiana a Teheran. Nel mattino di ieri il decollo verso l’Italia a bordo di un aereo della Presidenza del Consiglio. Sbarcata a Ciampino, Sala è stata accolta sulla pista di atterraggio dai genitori e dal compagno, poi in una saletta dello scalo romano, il saluto con la premier Giorgia Meloni, il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani e il sindaco di Roma Roberto Gualtieri. “Scusate se non riesco a parlare bene. sono giorni che non parlo con nessuno”, ha detto all’arrivo [LEGGI ANCHE: Il padre di Cecilia Sala: “Orgoglioso di lei, ho pianto solo 3 volte in vita mia. E Tajani è un amico”]

“Non so come comportarmi, che devo fare ora?”, ha chiesto. I carabinieri dell’Antiterrorismo del Ros la aspettavano per raccogliere la sua deposizione sulle condizioni della detenzione. “Ah ok, va bene… rompo il protocollo se prima vado a fumare?”, ha domandato. Dai militari è arrivato il via libera: e per Sala è stato il momento tanto atteso della prima sigaretta da donna di nuovo libera.

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