“Te sparo in testa e te sfonno pezzo de m****”: le minacce dei fascisti di Forza Nuova arrestati ieri ai giornalisti
“Adesso ci penso io a te, te sistemo io”; “Non sai con chi hai a che fare… noi non scherziamo”; “a me delle guardie non me ne frega un cazzo, io tiro fuori er ferro e te sparo in testa pezzo de merda”, “te sfonno la capoccia”, “giornalisti bastardi”.
Come riporta Repubblica, sono queste le minacce rivolte da alcuni membri dell’estrema destra romana al giornalista de L’Espresso Federico Marconi e al fotografo Paolo Marchetti al cimitero del Verano, a Roma, lo scorso 7 gennaio.
Parole che il quotidiano riporta dall’ordinanza di custodia cautelare con cui il gip Mara Mattioli ha disposto gli arresti domiciliari per Giuliano Castellino, leader romano di Forza Nuova, e Vincenzo Nardulli, di Avanguardia Nazionale.
Ad aggredire il reporter e il fotografo dell’Espresso, secondo quanto contenuto nell’ordinanza, non c’erano solo Castellino e Nardulli: sarebbero stati infatti circa 10 gli uomini che hanno accerchiato i cronisti per poi minacciarli, insultarli e aggredirli fisicamente con calci alle gambe e spintoni.
Marconi e Marchetti stavano documentando la commemorazione, da parte degli attivisti di estrema destra, del 71esimo anniversario della strage di Acca Larentia, l’omicidio del 1978 in cui persero la vita due attivisti del Fronte della Gioventù.
Il gip Mattioli, nell’ordinanza, motiva la misura della custodia cautelare con la “elevata pericolosità” di Castellino e Nardulli, personaggi “prepotenti, aggressivi, incapaci di controllare impulsi e privi di qualsivoglia remora”, nonché di “indole violenta, spiccata capacità delinquenziale, incuranti delle conseguenze”.
Gli arresti domiciliari vengono quindi presentati come una misura a “tutela della collettività”. Viene inoltre evidenziato come in caso di condanna del leader romano di Forza Nuova e dell’esponente di Avanguardia Nazionale non vada riconosciuta “la concedibilità della sospensione condizionale della pena”.
Nella vicenda che ha portato all’arresto, Nardulli, Castellino e gli altri attivisti di estrema destra presenti al cimitero del Verano volevano impedire ai reporter di svolgere il loro lavoro e di documentare la commemorazione. E l’hanno fatto con i “metodi” brutali a loro più congeniali.