Confessioni di un pentito: ecco perché la ‘Ndrangheta c’entra con via Fani
Il collaboratore di giustizia Filippo Barreca riconosce il boss Antonio Nirta, detto “due nasi”, in una foto scattata il giorno della strage di via Fani sul luogo del rapimento di Aldo Moro
Esponente di punta della ‘Ndrangheta con il grado di “Santa” (cerniera fra massoneria, politica e criminalità organizzata), Filippo Barreca inizia a collaborare con la giustizia nel 1992. Le sue dichiarazioni contribuiscono a far venire alla luce intrecci tra esponenti del mondo politico, criminale e del terrorismo. Ad esempio, riferisce del ruolo di Paolo Romeo, ex parlamentare Psdi (Partito socialdemocratico) già condannato per concorso esterno con la ‘Ndrangheta, e del suo legame con Gladio. Nel 2021 Romeo ammetterà il suo ruolo nella fuga di Franco Freda, ex Ordine Nuovo, che, all’epoca (1979) era sotto processo a Catanzaro per la strage di piazza Fontana. Fu Barreca a far arrestare Freda: «Dormì a casa mia e io collaborai segretamente con le autorità, ma restando ai vertici della cosca: per questo tentarono di uccidermi», riferirà il collaboratore.
Nel 2016 il giudice Guido Salvini, allora in supporto alla Commissione Moro II, convoca Barreca per rispondere a domande relative ai rapporti tra Br e ‘Ndrangheta. Durante il colloquio il collaboratore di giustizia riferisce ciò che gli aveva raccontato il boss Rocco Musolino, appartenente all’élite dell’organizzazione, a proposito dell’agente Rocco Gentiluomo, capo scorta tecnico di Moro.
Nel giorno della strage di via Fani, Gentiluomo avrebbe dovuto accompagnare il presidente della Dc, ma ottenne un permesso per motivi personali, venendo sostituito dall’agente Francesco Zizzi, che rimarrà ucciso nell’agguato.
Gentiluomo era originario di Sant’Eufemia d’Aspromonte, che, come spiega nel verbale Barreca, faceva parte di una zona dominata da un gruppo di famiglie che agivano in piena sintonia: senza il loro permesso nulla si muoveva. Secondo Barreca, Musolino gli avrebbe riferito che Gentiluomo era stato salvato.
I verbali in cui il collaboratore racconta queste vicende non sono secretati, per cui non si comprende come mai la Commissione Moro non li abbia inclusi nella documentazione a disposizione.
Inoltre Barreca riconosce nella foto dell’uomo che fuma in via Fani il boss Antonio Nirta, detto “due nasi”, che lui conosceva molto bene.
Quanto ai rapporti fra Br e ‘Ndrangheta, Barreca afferma che «l’invio dei terroristi nel carcere calabrese di Palmi era indirizzato a voler dare un messaggio: un controllo da parte della ‘Ndrangheta, da parte di quella struttura che controllava le stesse Br».
Dopo anni di collaborazione con la giustizia – durante i quali era anche stato ucciso suo fratello – nel 2009 il rapporto fra Barreca e lo Stato si complica a causa dell’applicazione retroattiva di una norma del 2004 che prevede il travaso di precedenti penali dalla vecchia identità alla nuova, di cui con la famiglia godeva dal 1995.
Gli vengono così attribuiti i reati commessi prima della collaborazione con la giustizia: è costretto a trasferire a terzi attività economiche e patrimonio, il suo certificato elettorale e i suoi fidi vengono revocati. Secondo Barreca, ciò segna l’inizio della fine del suo patto con la sua giustizia.
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