Esclusivo TPI – Ecco le ultime rivelazioni che provano il coinvolgimento di ’Ndrangheta e Cia nel caso Moro
Un boss della ’Ndrangheta dal sinistro soprannome di "due nasi". Un legionario calabrese creduto morto, ma in realtà tenuto nascosto per anni. Un misterioso criminologo americano inviato a Roma dagli Usa e ufficialmente mai tornato in patria. Ecco le questioni irrisolte dietro i misteri che ancora oggi ruotano intorno al rapimento e all'omicidio dello statista della Dc
Quel 16 marzo 1978, il giorno della strage e in cui venne sequestrato Aldo Moro, in via Fani a Roma c’erano delle persone che per quarant’anni sono misteriosamente scomparse da ogni ricostruzione o documentazione.
Un boss della ’Ndrangheta con il sinistro soprannome di “due nasi”. Un legionario calabrese, creduto morto ma di cui in realtà si sono perse le tracce. Un ufficiale dei carabinieri, membro dei servizi segreti e di Gladio, che sosteneva di trovarsi lì per un pranzo da un conoscente.
Non solo, tra i membri del comitato istituito dal ministero dell’Interno dopo il sequestro per rintracciare e liberare Moro, c’era anche un super esperto: uno psichiatra americano di origini polacco-francesi, inviato a Roma dagli Usa (su richiesta del ministro Francesco Cossiga) che ha dichiarato di aver lavorato per uccidere il presidente della Dc e mai ufficialmente ripartito. La Procura di Roma lo ha interrogato, ma non lo ha mai perseguito.
E infine un ultimo elemento inquietante. In una palazzina appartenente alla banca vaticana dello Ior in via dei Massimi a Roma – nel cui cortile Moro fu trasferito da un’auto all’altra per agevolare la fuga dopo il rapimento – abitavano un incredibile e sorprendente mix di inquilini: l’amante del leader di Autonomia Franco Piperno, due persone che avrebbero ospitato il latitante ed ex sequestratore delle Brigate Rosse (Br) Prospero Gallinari, alti prelati, finanzieri libici, esponenti tedeschi della sinistra extra-parlamentare e, tra gli altri, lì aveva anche sede una società statunitense attiva in campo militare e di intelligence, e il Secret Team, struttura anti-comunista formata da appartenenti ai servizi americani collegata alla Cia.
Sono questi gli elementi più clamorosi di un puzzle ancora difficile da comporre sul caso Moro nonostante l’indagine dell’ultima commissione d’inchiesta parlamentare presieduta da Giuseppe Fioroni. Tessere mancanti che però, per vari motivi, non sono state a fondo indagate o che non compaiono affatto nella relazione finale.
È da questo più complesso quadro che – grazie a fatti nuovi, testimonianze di magistrati e collaboratori, documenti inediti – oltre al ruolo delle Br, nel sequestro Moro, emerge sempre più insistente anche il coinvolgimento di ’Ndrangheta e Cia, una struttura riservata composta da alta criminalità organizzata, massoneria, servizi segreti, eversione e il ruolo di società aderenti ai servizi di sicurezza americani…
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