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“È un processo politico alle Ong”: parla il capitano della nave Iuventa, indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina

Immagine di copertina
La nave Iuventa della ong tedesca Jugend Rettet, una delle organizzazioni che non hanno sottoscritto il codice di comportamento predisposto dal Viminale per il soccorso in mare dei migranti, bloccata nel porto di Lampedusa (Agrigento). ANSA/POLIZIA DI STATO

Dopo più di tre anni, si sono chiuse indagini della Procura di Trapani che ha formalizzato le accusa contro 21 persone nell'ambito dell'inchiesta per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. TPI ha intervistato Dariush Beigui, capitano della nave Iuventa della Ong Jugend Rettet

Dopo più di tre anni di indagini, la Procura di Trapani ha formalizzato accuse pesantissime nei confronti di comandanti, capimissione, equipaggio e legali rappresentanti di 3 organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo: Jugend Rettet (Iuventa), Medici senza frontiere e Save the Children, per un totale di 21 persone accusate di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Tutte le accuse si riferiscono ad operazioni di salvataggio svoltesi tra il 2016 e il 2017, quando al Viminale sedeva Minniti (resta famoso il codice di condotta per le Ong da lui voluto) e il governo Gentiloni firmava l’accordo Italia-Libia.

Dall’inchiesta sono state stralciate le posizioni della comandante della Iuventa Pia Kemp e di don Mussie Zerai, il prete attivista eritreo accusato di essere tramite tra gruppi di migranti in fuga dalla Libia e i soccorritori.

Dariush Beigui, capitano della nave Iuventa, racconta a TPI: “In tutto siamo 21 persone a essere indagate, non solo della Jugend Rettet, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Questo è solo un processo politico: tutte le accuse nei nostri confronti sono state confutate da esperti delle migrazioni internazionali. Non abbiamo fatto niente di illegale. Si vogliono fermare politicamente i salvataggi in mare”.

Che ti prove pensa che l’accusa abbia in mano?
Non possono avere alcun tipo di prova. Ho visto alcune foto che avevano come prova del sequestro della nave e si vede solo una barca che trascina altre due barche in mare. Questa foto può essere stata scattata tranquillamente nel mare del Nord così come nell’Oceano Pacifico, nell’Oceano Indiano, perché non si riesce a vedere dove si trovano le navi, dove stanno andando e in quale direzione. I ricercatori della Forensic Architecture dell’università di Londra Goldsmiths hanno scoperto che questa immagine era stata manipolata, estrapolata da un film, da una clip.

E in questa clip, si può vedere come si comportano le onde e come vanno i venti in quel giorno … e le carte meteorologiche, dello stesso giorno, hanno dimostrato che la barca non si sta dirigendo a sud, ma si sta dirigendo in direzione nord, quindi lontano dalla Libia. E alla fine, sono sicuro che non troveranno alcuna prova, perché non abbiamo collaborato con gli scafisti.

Come sono viste le Ong oggi?
Credo stia ripartendo una criminalizzazione delle ong, non solo l’Italia, ma tutta l’Europa, noi siamo dalla parte giusta, ma è una questione politica a livello internazionale. Secondo il mio giudizio si sta cercando di fare tabula rasa del servizio di soccorso in mare delle Ong, la situazione si fa sempre più nera. Noi della Iuventa siamo solo una piccolissima parte di un qualcosa di più grande.

Lei rischia fino a 20 anni di prigione, non ha paura?
Non ho paura. Non voglio essere il ragazzo coraggioso o qualcosa del genere, ma so che se dovessi finire in prigione – anche con la pena più grave – sarei comunque in una prigione europea. E la prigione europea è più simile a un hotel di lusso rispetto ai campi libici da cui le persone fuggono. Le stesse persone che stiamo salvando in mare. Penso che tutti meritino di non restare in quei campi di prigionia, così come nessuno merita di morire in mare. La nostra principale difesa sarà, tuttavia, che non abbiamo fatto nulla di sbagliato e che abbiamo sempre seguito le leggi internazionali e marittime.

Caso Iuventa, le accuse e le prove

La procura accusa l’equipaggio della Iuventa di essere intervenuto a salvare i migranti anche se questi non si trovavano in un “imminente pericolo di vita” e di aver “riconsegnato intatte tre imbarcazioni ai trafficanti di uomini, lasciandole alla deriva e permettendo il loro recupero”.

Inoltre, ritiene che ci siano stati dei contatti “tra coloro che scortavano gli immigrati fino alla Iuventa e i membri dell’equipaggio della nave”.

Alcuni video e testimonianze raccolti dai ricercatori della Forensic Architecture dell’università di Londra Goldsmiths sembrano però scagionare gli operatori umanitari e parlano “decontestualizzazione e l’omissione di alcuni elementi” nell’indagine.

“Se si estrapolano degli elementi fattuali dal contesto e si combinano con informazioni che non c’entrano nulla, si fa una ricostruzione falsa che porta a conclusioni sbagliate”, ha detto il ricercatore Lorenzo Pezzani.

La ricostruzione nel video di Forensic Oceanography and Forensic Architecture del 2018

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