Caso Cucchi, il pm in aula: “C’è stato un depistaggio scientifico, Stefano è stato pestato”
La requisitoria del pubblico ministero nel processo bis in Corte d'Assise contro i cinque militari dell'Arma accusati del pestaggio del geometra romano morto nel 2009
Caso Cucchi, requisitoria del pm in aula: “C’è stato un depistaggio scientifico, Stefano è stato pestato”
Emergono nuove conferme per il caso Cucchi nell’aula bunker di Rebibbia venerdì 20 settembre in occasione della requisitoria del pubblico ministero Giovanni Musarò al processo per la morte del geometra romano di 31 anni, arrestato il 15 ottobre del 2009 per droga e deceduto sei giorni dopo all’ospedale Sandro Pertini di Roma.
Stefano Cucchi “stava proprio acciaccato de brutto, era gonfio come una zampogna sulla parte destra del volto”: queste le parole, ricordate dal pm, di uno dei testimoni chiave per la riapertura del caso, Luigi Lainà, un detenuto che incontrò Cucchi il giorno dopo il suo arresto.
Il pm ha poi sottolineato che quando venne arrestato, il giovane pesava 43 chili e quando morì ne pesava 37: “Questo notevole calo ponderale è riconducibile al trauma dovuto al violento pestaggio, non certo a una caduta come si disse all’epoca. Cucchi perse 6 chili in 6 giorni. Non mangiava per il dolore, non riusciva neppure a parlare bene”.
All’udienza c’era anche il procuratore facente funzioni di Roma Michele Prestipino. “Questo sulla morte di Stefano Cucchi è stato un processo kafkiano. Perché c’è stato un depistaggio, in cui si è giocata tutta un’altra partita”, ha detto ancora il pm.
Gli imputati
Sul banco degli imputati ci sono 5 carabinieri: Francesco Tedesco, il supertestimone che, a nove anni di distanza, ha rivelato che il geometra 31enne venne ‘pestato’ da due suoi colleghi, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, accusati come lui di omicidio preterintenzionale. Tedesco è accusato anche di falso e calunnia insieme con il maresciallo Roberto Mandolini, mentre della sola calunnia (nei confronti di agenti della polizia penitenziaria) risponde il militare Vincenzo Nicolardi.
“Stefano Cucchi non è caduto accidentalmente, è stato pestato”, ha affermato ancora Musarò aggiungendo: “Non è semplice sintetizzare due anni di un processo così complicato, dopo la morte di Stefano Cucchi è iniziata una seconda storia, nel frattempo ci sono stati altri processi con imputati diversi, per il pestaggio furono accusati prima tre agenti della penitenziaria e poi i medici dell’ospedale Pertini“.
La testimonianza di Tedesco
Durante la sua requisitoria il pm ha ricordato anche le parole dette in aula da Tedesco che, in Corte d’Assise lo scorso aprile, aveva detto che la notte dell’arresto Cucchi fu pestato dai carabinieri nella caserma della Compagnia Casilina.
“Mentre uscivano dalla sala, Di Bernardo si voltò e colpì Cucchi con uno schiaffo violento in pieno volto”, era sbottato in aula il carabiniere riferendosi proprio a Di Bernardo e D’Alessandro.
Poi in quell’occasione D’Alessandro “diede a Cucchi un forte calcio con la punta del piede all’altezza dell’ano”. Tedesco ha anche confessato: “Nel frattempo io mi ero alzato e avevo detto: ‘Basta, finitela, che cazzo fate, non vi permettete’. Ma Di Bernardo proseguì nell’azione spingendo con violenza Cucchi e provocandone una caduta in terra sul bacino, poi sbattè anche la testa. Io sentii un rumore della testa che batteva. Quindi D’Alessandro gli diede un calcio in faccia. Per dieci anni si sono nascosti dietro le mie spalle”.
“A differenza mia, non hanno mai dovuto affrontare un pm. L’unico ad affrontare la situazione e ad avere delle conseguenze ero io” aveva aggiunto.