“E allora il carabiniere ucciso?”: complimenti, usate un morto come carne da macello per fare propaganda
Stava facendo il suo lavoro, Mario Rega Cerciello, carabiniere in servizio a Roma che aveva trentacinque anni e si era sposato da poco. Una vita dedicata alla solidarietà quella di Cerciello: quando non era in servizio faceva volontariato, di notte andava dai poveracci sdraiata di fronte alla stazione Termini per portare qualche vestito.
Ieri notte Mario Rega Cercielo e il suo collega Andrea Varriale si sono ritrovati in piazza Cavour a Roma per uno di quei controlli che i nostri carabinieri svolgono ogni giorno, ogni notte, impegnati come sono (con pochi mezzi e sempre troppi pochi uomini) a presidiare il territorio.
Mario invece è rimasto vittima da otto coltellate. Otto coltellate, se ci pensate, sono interminabili secondi passati sotto la lama. Il carabiniere è morto. I due uomini si sono dati alla fuga. In queste ore si susseguono le voci sulle indagini in corso: gli aggressori sarebbero stranieri e di colore ma nell’indagine sono stati ascoltati anche dei cittadini con passaporto americano.
In un Paese normale, non isterico, oggi lo Stato piangerebbe un suo servitore che ha perso la vita, occupandosi di stare vicino ai suoi colleghi e alla sua famiglia. In un Paese normale, non arrotolato intorno alla propria rabbia, oggi la politica esprimerebbe il proprio cordoglio magari interrogandosi sulle soluzioni possibili perché le nostre forze dell’ordine siano messe nelle condizioni di poter lavorare in sicurezza.
E invece niente. Qui, dove anche i bambini di Bibbiano sono diventati carne da macello per rifocillare la propaganda, un carabiniere morto può essere comodamente calpestato per solleticare gli sfinteri dell’odio e continuare a pasturare la spaccatura sociale: dicono, questi imbecilli che dovrebbero essere classe dirigente, che quel carabiniere l’ho ammazzato io che predico la solidarietà con i migranti e tutti quelli che la pensano così.
Tutti concentrati a mischiare argomenti che non c’entrano solo per raccattare un pugno di voti. Dicono, questi beoti convinti del proprio idiota cattivismo, che la morte del vicebrigadiere Cerciello abbia a che fare con i barconi che arrivano, sfoderano un’indignazione che non s’è mica vista nemmeno negli eccidi di mafia.
L’importante è soffiare sulla guerra tra fazioni, solo questo. Il ministro dell’interno, quello che dovrebbe garantire la sicurezza e l’ordine pubblico, soffia disordine sul fuoco addirittura invocando i lavori forzati come un qualsiasi avventore d’osteria, senza nemmeno sapere che i lavori forzati non esistono nemmeno nel nostro Codice Penale o forse spagnolo benissimo ma trattando la politica come una furibonda rissa da rilanciare sui propri social.
E così quelli che vorrebbero essere rispetto con l’Arma dei Carabinieri invece stanno sventolando un morto usandolo come clava per un po’ di propaganda. Complimenti. Complimenti vivissimi.