I negozi di cannabis light restano aperti: i giudici accolgono i ricorsi e danno ragione ai negozianti
Le questure d'Italia stanno ordinando i dissequestri dei negozi chiusi dopo la sentenza della Corte
I negozi di cannabis light restano aperti
Dopo la sentenza della Corte di Cassazione che lo scorso 31 maggio ha vietato la vendita della cannabis light nei rivenditori autorizzati aperti a partire dal 2018, le questure d’Italia hanno dato il via ai controlli, ma questi stanno dando ragione a chi ha fatto ricorso, e protestato contro la sentenza sollecitata dalla battaglia dell’ex ministro Salvini.
La sentenza vieta “la vendita o la cessione a qualunque titolo dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis”, come olio, foglie, infiorescenze e resina, ma “salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante”. Nella dottrina della tossicologia forense, però, non esiste una norma che stabilisca quale sia la percentuale di principio attivo che renda un prodotto “psicotropo”, e l’unico riferimento resta quello dello 0,5 per cento di Thc.
E i giudici di mezza Italia stanno accertando che la percentuale di Thc presente nei prodotti cannabis light è inferiore allo 0,5 per cento, non arrivando dunque ad avere quell’effetto drogante su chi li assume.
Come spiega al quotidiano La Stampa l’avvocato Lorenzo Simonetti, che con il collega Claudio Miglio ha creato un “pronto intervento” per i negozianti coinvolti in procedimenti simili, “si è stabilito che senza un effetto psicotropo, non c’è una rilevanza penale. E’ una conclusione pacifica nella dottrina della tossicologia forense”.
Intanto nelle città dove erano stati avviati procedimenti per ritirare la licenza ai rivenditori, i commercianti stanno vincendo tutti i ricorsi.
In provincia di Caserta, a Santa Maria Capua Vetere, il 31 maggio erano stati sequestrati quattro negozi, ma a metà giugno il tribunale ne ha ordinato il dissequestro.
A Rapallo, i giudici del Riesame si sono pronunciati sulla chiusura di un negozio sequestrato lo scorso 3 giugno, e hanno dato ragione al commerciante: in assenza della norma che stabilisca quale sia la percentuale di principio attivo che rende un prodotto drogante, resta solo il riferimento allo 0,5 per cento, che i prodotti venduti dal rivenditore di Rapallo e dagli altri negozi di cannabis light non superano.