Rom, l’inclusione fallita del piano Raggi. Le famiglie di Castel Romano: “Finiremo per strada”
A settembre lo sgombero dell'area F del campo romano, dove in totale più di 500 persone vivono tra rifiuti, topi e roghi, in container degradati. I parlamentari Orfini e Magi sono entrati nell'area sottoposta a sequestro preventivo
“Hanno detto che ci cacceranno via il 10 settembre, che chiudono. Non si sa che fine faremo. Qui è un casino, siamo senza acqua, ci sono i ratti, c’è la polvere. Poi il fumo, quando bruciano entra tutto dentro, la notte non riusciamo a dormire, figurati la bambina. Si soffoca”. Samanta ha 27 anni e una figlia nata da 20 giorni. Racconta a TPI la vita nell’area F di Castel Romano, il campo rom sulla Pontina dove 547 persone vivono nel completo abbandono istituzionale, tra cumuli di rifiuti, roghi, assenza di acqua e di fognature. Pochi minuti prima del nostro incontro, i vigili del fuoco sono intervenuti per spegnere l’ennesimo rogo, che aveva innalzato una colonna di fumo nero dall’interno del campo. “Ho fatto domanda per la casa popolare e sto aspettando. Vorrei una casa, ho dei bambini piccoli. Non si può vivere così”, dice Samanta.
Nell’area F vivono 98 persone originarie di Vlasenica – città martire della guerra civile che dal 1992 al 1995 ha insanguinato la Bosnia-Erzegovina – di cui circa la metà sono rappresentati da minori e di essi 18 con età compresa tra 0 e i 3 anni. L’area sarà sgomberata dal Comune di Roma a settembre, ma per le famiglie non è stata ancora disposta una soluzione abitativa valida. Il timore, per gli abitanti, è di rimanere per strada, come è successo a molte delle 300 persone sgomberate da Camping River nel 2018.
La notizia dell’ennesimo sgombero del comune di Roma in un campo rom (nel 2019 sono stati 45 quelli forzati, che sono in aumento da tre anni) segna il fallimento del “Piano di indirizzo di Roma Capitale per l’inclusione delle popolazioni rom, sinti e caminanti” della giunta guidata da Virginia Raggi, approvato nel 2017, che aveva promesso il superamento dei campi tramite l’inclusione. Già nel mese di gennaio 2020, l’Associazione 21 luglio aveva denunciato infatti che, a fronte della spesa di milioni di euro, l’impatto generale era stato “quasi insignificante”. E la linea adottata dal Campidoglio su Castel Romano non sembra allontanarsi da quanto accaduto finora. “Succederà quello che è successo a Camping River”, è il timore degli abitanti del campo, “moltissime famiglie finiranno per strada. E questi bambini sono nati e cresciuti qui, sono cittadini italiani”.
“Sono arrivato qui nel 2012, dopo lo sgombero del campo di Tor de’ Cenci”, racconta Mersud Sejdic, che è nato in Italia. “Mia figlia ha 7 anni, va a scuola, come faremo se ci manderanno via da qui? Mi hanno proposto di firmare un documento per avere gli aiuti del Comune per l’affitto. Ma così è impossibile trovare una casa, perché nessun proprietario vuole avere a che fare col Comune”.
“Vivo in Italia da 50 anni”, racconta Azema, una donna bosniaca, a TPI. “In Bosnia c’era la guerra, così sono andata via. In Italia sono stata a Vicolo Savini, a Ponte Marconi, poi qui. Sono diventata vecchia qui, i miei figli e nipoti sono cittadini italiani, non sono mai stati in Bosnia”. Il 23 giugno 2020 un incendio ha distrutto 7 moduli abitativi dell’area F, costringendo le famiglie a ricollocarsi presso altre famiglie presenti nella medesima area. “Anche i rom vogliono il superamento del campo, ma non finendo sulla strada”, spiega un altro abitante di Castel Romano. “Prima o poi l’Europa dovrà vedere quello che sta accadendo. Ci sono famiglie che vivono qui da 15 anni”.
A verificare con i propri occhi le condizioni di marginalità e precarietà delle famiglie di Castel Romano sono stati ieri i deputati Riccardo Magi (+Europa Radicali) e Matteo Orfini (Pd) che dopo circa due ore di attesa hanno avuto l’autorizzazione a entrare nel campo, sottoposto a sequestro preventivo lo scorso 16 luglio su richiesta del pm Antonio Clemente. Sono dovuti rimanere fuori invece Alessandro Capriccioli, capogruppo +Europa Radicali al consiglio regionale del Lazio, e Giovanni Zannola, Consigliere dell’Assemblea Capitolina. Così come il presidente dell’Associazione 21 luglio, Carlo Stasolla, che li accompagnava, e i giornalisti.
Il Campo rom di Castel Romano
Il campo rom di Castel Romano, nato nel 2005 nel cuore della Riserva Naturale di Malafede, a 25 chilometri dal centro della città di Roma, accoglie 547 persone presenti in 4 aree (M, K, F ed ex Tor Pagnotta). Il campo ha ospitato inizialmente 800 persone dell’insediamento di Vicolo Savini. L’appalto da 1,2 milioni di euro per la costruzione dell’area F (avvenuta nel 2012) era entrato anche nelle carte del processo dell’inchiesta Mondo di Mezzo perché riconducibile alle cooperative gestite da Salvatore Buzzi.
Negli ultimi anni le condizioni di vita degli abitanti, senza acqua né servizi, sono peggiorate. Ma la decisione dello sgombero arriva pochi mesi dopo un progetto che avrebbe potuto contribuire all’integrazione delle famiglie del campo. A gennaio 2020 infatti l’Ufficio Speciale Rom, Sinti e Caminanti del comune di Roma ha affidato a un’associazione temporanea di imprese (Rti) la promozione dei servizi di inclusione propedeutici al superamento dell’insediamento entro la fine del 2021, stanziando 3,3 milioni di euro.
La brusca accelerata verso lo sgombero è arrivata a giugno 2020, dopo un servizio della trasmissione de Le Iene, che denunciava la presenza di discariche abusive e roghi tossici nel campo. Dopo il servizio, è scoppiata la polemica politica e lo scorso 3 luglio a 28 nuclei familiari dell’area F è stato notificato un avviso dell’imminente chiusura dell’area, con l’obbligo di allontanamento entro il 10 settembre 2020 e l’invito a sottoscrivere il Patto di Responsabilità Solidale, che permette di accedere a soluzioni abitative alternative ai campi, per il quale è richiesta un’ampia documentazione di cui le famiglie non sono in possesso.
L’8 luglio la Regione Lazio ha emanato un’ordinanza con cui obbliga il Comune di Roma a procedere “alla completa attuazione delle azioni organizzative e funzionali alla chiusura definitiva del campo”. Dopo pochi giorni, è arrivato anche il sequestro chiesto dalla procura. Ora le famiglie sembrano destinate a uno sgombero che – se ricalcherà il precedente di Camping River – le lascerà per strada.
L’appello dell’Associazione 21 luglio: “Raggi venga a incontrare le famiglie”
Nell’area F di Castel Romano “regna l’abbandono istituzionale” e “prende corpo la ‘politica del disprezzo’ di un’Amministrazione più preoccupata di strappare consensi che di dare risposte concrete ad un’umanità ferita fatta in prevalenza di donne e bambini”, è la dichiarazione dell’Associazione 21 luglio. “L’eventuale sgombero di questa area, come fu 2 anni fa per lo sgombero di Camping River, rappresenterebbe una sconfitta per tutti: per le famiglie che non avranno più un tetto sopra la testa, per un’Amministrazione che parla di inclusione sopra una ruspa, per una città incapace di garantire ai suoi cittadini i diritti fondamentali”.
“Era il settembre 2013 quando accompagnai l’allora consigliera comunale Virginia Raggi ad incontrare famiglie accampate sopra un prato dopo l’ennesimo sgombero forzato”, dice il presidente della 21 luglio Carlo Stasolla. “Lei si commosse fino alle lacrime nel parlare con mamme e bambini e condannò quell’assurdità. Oggi le chiedo un atto di coraggio: venga a incontrare le famiglie dell’area F di Castel Romano, parli con loro, spieghi loro perché dovranno lasciare le loro baracche e finire sulla strada, comunichi lei alle mamme che i figli probabilmente non potranno più andare a scuola”.
“Come fu 7 anni fa – prosegue Stasolla – sono disponibile ad accompagnarla senza telecamere e forze di Polizia al seguito. Sicuramente sarà per lei un’importante occasione per comprendere molto di questa città, delle sue periferie estreme, del sottile razzismo che ancora scorre nelle vene dell’Amministrazione Capitolina, dell’ingiustizia che è alla base di molti suoi atti”.
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