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“Mi tengono senza luce, ma al buio si spara meglio”: il delirante blog di Campiti, autore della strage di Fidene

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“Mi tengono senza luce, ma al buio si spara meglio”: il delirante blog di Campiti, autore della strage di Fidene

“Vi ammazzo tutti”. Con queste parole il 57enne Claudio Campiti ieri ha dato il via alla strage in un bar della periferia di Roma, in cui hanno perso la vita tre persone e altre quattro sono rimaste ferite. Un bilancio che avrebbe potuto essere ancora più pesante, se l’ex assicuratore non fosse stato placcato e disarmato dai presenti. Oltre alla Glock che aveva sottratto poco prima a un poligono di tiro, contenente 12 proiettili, Campiti aveva infatti portato con sé circa un centinaio di colpi. L’obiettivo, quello di farsi giustizia sui membri dell’odiato consorzio in cui viveva, tutti riuniti nel bar di Fidene.

“L’associazione a delinquere mafiosa con tanto di pagamento del Pizzo”, è la definizione che Campiti ha dato sul suo blog al consorzio Valleverde, situato tra i comuni di Ascrea e Rocca Sinibalda, nel reatino. Simpatizzante di estrema destra, in una serie di post, tutt’ora online, il 57enne si scagliava contro i consorziati e chi aveva potuto edificare la casa e allacciarla alla rete elettrica, pagando le quote. Lui invece viveva nello scantinato di una villetta ancora in costruzione, accumulando denunce al consorzio e ai suoi membri, e controdenunce per minacce. Al piano superiore della sua casa, ancora incompleto, aveva affisso uno striscione con la scritta “Consorzio, raus!”.

“Benvenuti all’inferno. Qui con il Codice Penale lo Stato ci va al cesso, so’ tutti ladri”, ha scritto in un post di poco più di un anno fa, che campeggia in cima alla home page del blog, accusando “questa associazione a delinquere mafiosa” di aver “legalizzato il pagamento del pizzo esigendo le quote consortili”. “Il lampione davanti alla mia abitazione si spegne regolarmente lasciandomi al buio tutta la notte. Mi stanno tenendo senza pubblica illuminazione. Si sa, al buio si vede meno e si può sparare in tranquillità”, uno dei passaggi più inquietanti.

“Aveva avuto un contributo per sopperire alle sue carenze economiche e realizzare l’allaccio alla fognatura, ma i lavori non sono mai stati realizzati per cui gli sono stati chiesti indietro i soldi”, ha spiegato il sindaco di Ascrea, Riccardo Nini, mentre secondo il primo cittadino di Rocca Sinibalda, Stefano Micheli, Campiti “pretendeva di rendere abitabile lo scantinato di un palazzo in costruzione, non si poteva fare ma lui insisteva. Abbiamo provato ad aiutarlo, però i fondi sono tornati in municipio”. La scorsa estate, riporta La Repubblica, Micheli è stato costretto a intervenire dopo le minacce di morte rivolte da Campiti ad alcuni ragazzini che giocavano a calcio. Era stato più volte segnalato alle forze dell’ordine, al punto che nel 2018 gli fu rigettata la richiesta per il porto d’armi.

Nel suo passato, una tragedia indelebile. La morte del figlio Romano, scomparso nel 2012 in un incidente sulle piste da sci della Val Pusteria, all’età di 14 anni. Dopo il fatto, che ha portato alla condanna per omicidio colposo del gestore della pista e due maestri da sci, si è separato dalla moglie, che vive con le due figlie. L’abitazione nel reatino doveva essere una casa per trascorrere le vacanze con la famiglia. Invece è rimasto solo lui ad abitare nel cantiere ancora aperto.

“Qui denunciare è tempo perso, so tutti ladri. Ormai dopo varie denunce mi è chiaro che la banda è a tutti i livelli, quindi non mi rimane che denunciare qui tutti i suoi affiliati. Lo Stato se non denunci ti dice che non può agire, e se denunci nulla fa, e ti dice che rompi i coglioni e ti lascia completamente solo, ma si sa, meglio soli che male accompagnati! Esistono i paradisi fiscali qui si ha un paradiso penale!”, scriveva Campiti sul suo blog, in cui accusava le autorità di rilasciare “licenze a delinquere“, con tanto di numerazione, agli altri consorziati. “Se non paghi le rate consortili a vita ti fanno scrivere dal loro avvocato di fiducia che partecipa anche alle riunioni”, una delle accuse di Campiti, che sui suoi profili social pubblicava foto con statuette di Hitler e Mussolini, una medaglia col fascio littorio e lo slogan “molti nemici molto onore”.

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