Esclusivo TPI – Calabria, l’ente della Regione che dà lavoro agli amici dei politici
La Calabria è la regione d’Italia con il Pil più basso, ma i costi della politica – ormai è noto – sono alle stelle. Tra portaborse, autisti e prebende varie, gli sprechi a spese dei cittadini non si contano.
Il discorso vale anche per gli enti pubblici sub-regionali calabresi, dove, spesso, si sfornano contratti a pioggia a sodali e parenti di politici e alti burocrati. In questo contesto spicca il caso dell’Azienda Calabria Lavoro, l’ente strumentale della Regione che, da Statuto, dovrebbe occuparsi delle politiche del lavoro territoriali e di dare assistenza ai centri per l’impiego.
Per il 2021 si è stimato a bilancio un giro di denaro di quasi 10 milioni di euro. C’è da dire che gli obiettivi occupazionali sono stati effettivamente e pienamente raggiunti – nonostante lockdown, zone rosse e smartworking – ma solo in un settore ben specifico: quello dei politici.
Tra i contratti di collaborazione e i progetti che si sono susseguiti nel 2020, annus horribilis per l’economia dei cittadini comuni, spuntano molti nomi legati ai politici regionali. Tutto legittimo, in linea di principio, almeno finché le autorità non accerteranno violazioni formali. Tuttavia, scorrendo l’elenco dei collaboratori che hanno ricevuto incarichi o quelli a cui l’incarico (fiduciario) è stato recentemente prorogato, emergono strabilianti coincidenze che non possono non sollevare qualche interrogativo.
I contratti di capodanno per gli amici di partito
Il 31 dicembre 2020 da Calabria Lavoro sono spuntate numerose proroghe di contratti di collaborazione e Co.co.co. di persone direttamente collegate a partiti o notabili della politica calabrese.
È il caso Ileana Zumbo, già componente dell’assemblea regionale del Partito Democratico e componente dello staff dell’ex assessore regionale ai trasporti della prima giunta di Mario Oliverio, Nino De Gaetano. A lei è stato affidato il compito di offrire assistenza tecnica a “nuova garanzia giovani”.
A farle compagnia c’è Antonio Viceconte, eletto consigliere comunale del Pd a Castrovillari e alla guida dell’azienda municipalizzata Gas Pollino. Presente anche l’avvocata Chiara Fabiano Pagliuso, figlia dell’ex presidente del Cosenza Calcio e già candidata alle elezioni comunali di Castrolibero con Giovanni Greco, cugino di Orlandino Greco, ex capogruppo regionale della lista Oliverio Presidente, poi trasmigrato a destra.
Per il “Progetto turismo” è presente Jlenia Tucci, già candidata sindaca di Serra San Bruno nel 2016 con una lista civica vicina a Nazzareno Salerno, ex consigliere regionale di Forza Italia , poi folgorata sulla via dell’ex parlamentare Brunello Censore, strada che non le ha portato la medesima fortuna alle ultime elezioni amministrative.
Presente anche l’ex sindaco e segretario Pd di Lappano, Maurizio Biasi, che nel 2019 perse le elezioni per soli due voti di scarto.
All’insegna dell’istinto bipartisan, nel 2020 in Calabria Lavoro troviamo contratti di collaborazione occasionale anche per Carmine Lo Prete, capogruppo di Forza Italia a Castrovillari e consigliere provinciale di Cosenza (contratto da marzo a ottobre), e per Giuseppe Vittorio Marino, nome che riecheggia tra le carte dell’inchiesta su Calabria Etica, in quanto tra le presunte assunzioni clientelari che si imputano all’ex presidente della Fondazione, Pasqualino Ruberto (già esponente del Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano), c’è anche la sua (per lui contratto fino a maggio 2021).
Il caso dei direttori generali imputati nell’inchiesta Passepartout
Il direttore generale di Calabria Lavoro, Giovanni Forciniti, è stato nominato dall’ex presidente della Regione Mario Oliverio nel marzo del 2018.
Per quella nomina, nell’ambito dell’inchiesta Passepartout, coordinata dalla Procura di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri, sono stati rinviati a giudizio per abuso in atti d’ufficio sia lo stesso Forciniti sia l’allora direttore generale del Dipartimento Sviluppo economico, lavoro, formazione e politiche sociali della Regione Calabria (e attuale capo della Protezione Civile regionale), Fortunato Varone.
Quest’ultimo è imputato con l’accusa di aver riaperto i termini dell’avviso di selezione che portò alla nomina del direttore generale di Calabria Lavoro in cui, in prima battuta, Forciniti era stato escluso.
Il processo inizierà il 27 aprile 2021, ma c’è da chiedersi se trattasi di mera casualità che – con tre distinti decreti firmati da Giovanni Forciniti (il primo pochi mesi dopo la sua nomina, il numero 48 del 29 giugno 2018, e poi il numero 92 del 31 dicembre 2018 e il numero 128 del 27 dicembre 2019, oltre la stipula di un contratto di prestazione occasionale da luglio 2020 al primo marzo 2021) – sia stato prorogato senza soluzione di continuità il rapporto con la catanzarese Deborah Nisticò, che tra i segni particolari ha quello di essere la compagna dello stesso Varone, che di Calabria Lavoro è stato commissario fino al dicembre del 2016.
Inoltre, il primo Co.co.co. della first lady della Protezione Civile risale al 14 luglio 2017: a firmarlo, unitamente alla successiva prima proroga del 15 dicembre 2017, fu il commissario straordinario Luigi Zinno che, ironia della sorte, è imputato pure lui, con Varone e Forciniti, nel processo Passepartout, oltre che nel procedimento Lande Desolate, scaturito da un’altra inchiesta di Nicola Gratteri.
Lo stesso vale per un altro “habituè” della Protezione Civile calabrese, il segretario regionale dei Giovani Democratici, già candidato alle elezioni politiche del 2018 con il Partito Democratico, Mario Valente, recentemente prorogato nell’incarico di supporto, appunto, alla Protezione Civile guidata da Varone, fino al primo marzo 2021.
Il “caso” Taverniti: l’informatico dei Presidenti del consiglio regionale
Tra i “finanziati” da Calabria Lavoro c’è Italo Taverniti, un operatore informatico che recentemente è stato scelto direttamente come “supporto tecnico” sia dal presidente del Consiglio regionale, Domenico Tallini (poi dimessosi a causa dell’inchiesta Farmabusiness che lo vede indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio politico mafioso), sia dal suo successore, Giovanni Arruzzolo.
Il nome di Taverniti esce fuori 15 anni fa dalle carte dell’inchiesta Why Not di Luigi De Magistris perché fece parte del progetto “Ipnosi” (un progetto che sulla carta prevedeva interventi finalizzati a favorire e a sostenere lo sviluppo della società dell’informazione in Calabria), malgrado ai magistrati, quando venne sentito quale persona informata sui fatti, dichiarò di non ricordare di aver mai fatto parte del progetto, né che il progetto fosse mai stato portato a compimento.
Taverniti, dipendente del Consiglio regionale della Calabria, dal 2014 al 2018 viene autorizzato a svolgere un secondo impiego, part-time, proprio in Calabria Lavoro, come specificato nel suo curriculum pubblico, cumulando due impieghi pubblici.
Tornato per due anni a pieno regime in Consiglio regionale, nell’aprile 2020 riceve da Calabria Lavoro l’incarico di direttore dell’esecuzione del progetto “Innovazione tecnologica per la gestione dei servizi occupazionali”, chiedendo poi formalmente al direttore generale Giovanni Forciniti di tornare a lavorare part-time presso l’ente (e rivedendo il suo placet, in attesa del nulla osta del Consiglio regionale).
Questo susseguirsi di nomi “noti” non è una novità. Quattro anni fa la situazione era già stata sottolineata dalla deputata pentastellata Federica Dieni, quando il 12 aprile 2017 con un’interrogazione parlamentare nella quale chiedeva al ministero per la Funzione pubblica: “se non ritenga di intervenire con iniziative di propria competenza, anche di carattere normativo, per evitare che le società in house, come nel caso di Calabria Lavoro… diventino un veicolo per consentire surrettiziamente assunzioni di personale vicino ai partiti politici”. A quel quesito nessun ministro rispose mai. Ma qualche domanda, ancora oggi, è naturale porsela.
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