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Esclusivo TPI: Calabria, il caso dei 2 giornalisti “stra-pagati” per 25 anni dalla Regione senza aver mai vinto un concorso

Immagine di copertina
Sede del Consiglio regionale della Calabria.

Indennità "non dovute" a due giornalisti che lavorano per la Regione dal 1995. E senza aver mai vinto un concorso

Tra i vari incarichi fiduciari e pagati con i soldi pubblici sfornati dalla Regione Calabria ce ne sono un paio più fiduciari di altri, quasi granitici nella loro durata e assolutamente impermeabili ai cambi di colore politico, oltre che ad ogni tentativo di riforma o contenimento della spesa pubblica. Ci sono due giornalisti al soldo e al saldo della Regione da 25 anni. Sia il ministero delle Finanze che la Corte Costituzionale si sono praticamente chiesti che cosa ci facessero lì, ma ancora si attendono risposte.

L’indennità aggiuntiva: un bottino da oltre 700mila euro

Non si può dire che la Regione Calabria non li abbia trattati assai bene. Correva l’anno 1995 quando con una deliberazione dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale a guida Giuseppe Scopelliti (Alleanza Nazionale), la numero 286 dell’11 novembre, venne affidato al giornalista lametino Gianfranco Manfredi l’incarico di direttore responsabile della testata giornalistica Calabria, edita dalla Regione, con vice-direttore Romano Pitaro, fratello dell’attuale consigliere regionale Francesco Pitaro. L’incarico per i due durò per ben 11 anni fino a che la rivista smise di essere pubblicata nell’ottobre 2006. La storia non finì certo lì perché con la deliberazione dell’Ufficio di Presidenza a guida Luigi Fedele (Forza Italia), la numero 21 del 17 marzo 2005, a Romano Pitaro e Gianfranco Manfredi è stato affidato l’incarico di condirettori dell’Agenzia Calabria Informa, sempre edita dalla Regione.

Con istanza 326/07 del 14 maggio 2007 reiterata in data 3 ottobre 2008, i due chiesero la cosiddetta “indennità di direzione” prevista dall’art. 11 lettera  F)  del contratto collettivo del lavoro giornalistico. Si tratta di una indennità aggiuntiva alla normale retribuzione. Con convenzione numero 224 del 8 giugno 2010 il Consiglio regionale gliela riconobbe nella misura del 50 per cento dello stipendio tabellare di caporedattore, con validità retroattiva ai cinque anni dalla presentazione dell’istanza (14 maggio 2002-14 maggio 2007): 1.202,25 lordi mensili per un totale di 72.135 euro lordi cadauno per 5 anni. Parliamo di una somma complessiva di 721.350 euro, in aggiunta allo stipendio.

La deliberazione dell’Ufficio di Presidenza a guida Franco Talarico (Udc) numero 42 del 27 luglio 2011 soppresse Calabria Informa e revocò l’indennità di direzione ai due giornalisti, ma solo per pochi mesi. Questa venne infatti ripristinata il 19 marzo 2012 a seguito dell’ennesimo incarico affidato ai due nella nuova rivista, edita dalla Regione, Calabria On Web. E questo anche se il regolamento della testata approvato con deliberazione dell’ufficio di presidenza a guida Nicola Irto (Pd), la numero 53 del 12 ottobre 2015 non prevedeva indennità di funzione. Fine dei giochi? Proprio no.

Il parere del dirigente regionale: “indennità non dovute”

L’ufficio di Presidenza del Consiglio regionale a guida Domenico Tallini (Fi) voleva ripristinare l’indennità aggiuntiva ai due giornalisti. Lo si evince da un parere firmato dal dirigente del Settore risorse umane del Consiglio regionale Antonio Cortellaro e datato 20 maggio 2020. Il documento, ottenuto in esclusiva da TPI, è richiesto su una bozza di delibera dell’ufficio di Presidenza che prevedeva il riconoscimento proprio di tale indennità.

Nonostante il dirigente rilevi “la singolarità della richiesta di “parere di regolarità tecnica” sulla bozza di deliberazione che non è stata predisposta da questo Settore risorse umane” – “l’attuale formulazione del regolamento di Calabria on web non consentirebbe l’attribuzione di alcuna indennità per ciascuno degli incarichi”. Inoltre, mette nero su bianco che “non è semplice pervenire alla esatta definizione delle qualifiche dei giornalisti”, ossia non si sa a che titolo stiano prendendo, da anni e anni fior fior di soldi pubblici.

Per il ministero delle Finanze 2 milioni di euro non dovuti

La relazione del ministero dell’Economia e delle Finanze – Ragioneria Generale dello Stato – del 25.05.2014 a firma di Gaetano Mosella, Dirigente dei Servizi Ispettivi di Finanza Pubblica, dedica un capitolo specifico all’Ufficio stampa del consiglio regionale. Viene messo nero su bianco cheDestano perplessità le modalità di reclutamento del personale” e che “dagli atti esibiti dall’ente emerge un’ulteriore anomalia rappresentata dalle nomine di capo ufficio stampa Manfredi e di vice capo ufficio stampa Romano Pitaro avvenute con deliberazione dell’ufficio di presidenza 21 del 17 marzo 2005”.

Inoltre, per il ministero: “il Consiglio della Regione Calabria ha reiteratamente violato disposizioni normative e, negli anni dal 2005 al 2010, non vi è stata nemmeno la sottoscrizione dei relativi contratti di incarico o, almeno, così sembrerebbe atteso che, non sono stati forniti ulteriori atti in proposito”. Alla relazione viene indicata una tabella in cui si parla di importi “illecitamente riconosciuti al personale” nel periodo 2008-2012. A Manfredi vengono contestati 1.081.367 euro e a Pitaro 997.818 euro.

La questione è finita al Tar Calabria che con sentenza 923 del 20 maggio 2020 si è dichiarato incompetente a decidere ed oggi è tutto in mano alla Procura generale della Corte dei Conti. Per ora, quindi, un nulla di fatto. Scandaloso se si pensa che il compenso attuale per una giornata di lavoro domenicale è di 366 euro per Manfredi e 409 euro per Pitaro.

Un incarico è per sempre? La Corte Costituzionale dice no

La questione dell’Ufficio stampa del Consiglio regionale è arrivata fino in Corte costituzionale che nella sentenza dello scorso 11 giugno, la numero 133/2020 è stata lapidaria: ci vuole un concorso pubblico. Se per la Regione Calabria non occorre un termine per la cessazione dei rapporti di lavoro a carattere fiduciario per quanto riguarda gli incarichi negli uffici stampa, come quelli di Pitaro e Manfredi, per la loro peculiarità, invece la Consulta, massimo organo giuridico nazionale, ha ritenuto violato l’articolo 97, comma 4 della Costituzione secondo cui “Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge” e l’articolo 3, in quanto le norme regionali calabresi che si sono susseguite negli anni erano da ritenersi irragionevoli (e, diciamolo, anche un bel pastrocchio).

Per la Corte Costituzionale: “il concorso pubblico, quale meccanismo di selezione tecnica e neutrale dei più capaci, costituisce il metodo migliore per l’accesso alla pubblica amministrazione in condizioni d’imparzialità; valore, quest’ultimo, in relazione al quale il principio sancito dall’art. 97 Cost. impone che l’esame del merito sia indipendente da ogni considerazione connessa alle condizioni personali dei concorrenti”. Inoltre, eventuali deroghe previste dalla legge “non possono trovare fondamento nella sola esigenza di stabilizzare il personale precario dell’amministrazione”.

Una lotta giudiziaria che continua

Se la relazione del Ministero delle Finanze si focalizzava su somme, come scritto, “illecitamente percepite” nel periodo 2008-2012, è nel febbraio del 2013 che Gianfranco Manfredi ha fatto ricorso al Tribunale del Lavoro di Reggio Calabria per avere la “sua” indennità di direzione (prevista dall’art. 14 del Contratto collettivo).

Con sentenza n. 157 del 13 marzo 2018 è stato accolto il ricorso e gli ha riconosciuta una somma 78.880 euro (che, stante la deliberazione dell’ufficio di Presidenza 21 del 2018, è gravata sul bilancio 2018-2020).  A fine 2018 venne proposto dalla Regione ricorso in Corte d’Appello, recentemente conclusosi con una sentenza sfavorevole all’ “eterno” giornalista regionale che si vedrà obbligato a restituire questa somma.

Certo, rimane l’enigma di due giornalisti che da 25 anni lavorano per la Regione, a prescindere dai colori politici dei governanti e senza mai vincere un concorso pubblico, nonostante i rilievi delle massime istituzioni del nostro Paese. Manca solo l’intervento del Presidente della Repubblica, chissà se almeno lui riuscirebbe a scalfire gli sprechi della Regione Calabria.

Leggi anche: “Noi abbiamo Tallini”: le intercettazioni di Ndrangheta che inguaiano il presidente del Consiglio regionale della Calabria

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