“Solo noi giovani possiamo cambiare Caivano”
Thomas Fusco ha 23 anni e studia all’università. Vive a Cardito, a poche centinaia di metri dal Parco Verde. “Qui ci manca tutto. Però non mi rassegno. Credo nella cittadinanza attiva ma non negli adulti: il loro tempo è già venuto e questi sono i risultati. Ora tocca alla mia generazione”
Li chiamano «giovani fannulloni», dicono che «non hanno voglia di lavorare» e che «non c’è speranza» per le nuove generazioni. Dicono che passano il tempo al telefono, che non hanno mai alzato lo sguardo verso il cielo, che non sanno come funziona il mondo. Dicono che sono disillusi, privi di ideali e di idee. Dicono che perdono tempo, che non sanno prendere in mano la loro vita. Dicono che sono fragili, che sono indecisi e confusi. Che non hanno idea del futuro.
Sui giovani se ne dicono tante, si utilizza una retorica ormai stantia perché additare e giudicare è molto meglio di approfondire, interagire, capire. E invece i giovani, come sempre accade, sanno sorprendere. Sanno ascoltare, sanno capire come va il mondo molto meglio di noi. Sanno anche insegnare di cosa hanno bisogno e cosa si può fare per cambiarlo in mondo.
La verità è che a questi ragazzi stiamo togliendo spazi e voce, stiamo sottraendo il tempo della loro vita e lo riempiamo di questioni inutili, di beghe politiche che non portano a un vero miglioramento della vita quotidiana.
E allora succede che un ragazzo di nome Thomas Fusco, 23 anni, dopo aver letto gli approfondimenti di TPI su Caivano e gli articoli scritti dai ragazzi, ci mandi una lettera in cui ci ringrazia per aver dato voce alla sua generazione.
«Sono un vostro abbonato da oltre un anno, e la causa che state portando avanti in questo luogo travagliato dalle difficoltà e dalla mancanza di istituzioni (pochissimi vigili, sindaci che non terminano mai l’intero incarico per dissesto o infiltrazione camorristica) mi ha colpito. Dove neanche lo Stato arriva, ci siete riusciti voi. E dico riusciti perché alle persone, e in particolare ai giovani come me, si ha solo bisogno di esempi (ricorda, direttore, le parole di Pertini?) di onestà sul territorio. Non voglio dilungarmi, spero riusciate a leggere questa mail, ma voglio poter offrire il mio aiuto e quello di tanti altri ragazzi come me nel caso in cui doveste ritornare a Caivano o aveste intenzione di scrivere altri articoli con focus ai giovani di questa provincia napoletana». Una lettera commovente quella di Tomas, 21enne di Cardito, Comune limitrofo a Caivano, «a poche centinaia di metri dal tristemente noto parco Verde».
Tomas studia scienze motorie all’Università Parthenope di Napoli. Si definisce un cittadino attivo. E noi lo abbiamo intervistato.
Come mai ci hai scritto?
«Vi ho scritto perché ho apprezzato l’idea come testata giornalistica di dedicare una copertina alle persone comuni, ai più giovani, dà un grande esempio: il ragazzo che va a scuola, che va all’università, sente che può dire la sua. Quando invece nel nostro panorama la sua voce non arriva affatto. Ho apprezzato il modo in cui erano raccontate le storie di Caivano, attraverso gli occhi e la bocca di chi ci abita, e non mediando. Ho trovato il ragazzo che si esprime e racconta la realtà per com’è. Non filtrata dal giornalista di turno».
Di dove sei?
«Sono di Cardito, un piccolo Comune che dista poche centinaia di metri da Caivano. Io e la mia famiglia siamo nati e cresciuti in un certo ambiente, in un territorio che non offre molto. E quando ci nasci già, qui, sei abituato a non avere certi servizi, non ne senti la mancanza, semplicemente perché non li hai mai avuti. Va però detto che per esempio a Cardito c’è un parco che è secondo solo a Capodimonte, la biblioteca funziona in un Comune vicino, il parco giochi si trova in un altro Comune… Quindi presi singolarmente questi centri offrono poco, ma nel raggio di azione più ampio riesci a trovare più strutture. È un problema diffuso, dell’intero Mezzogiorno».
Progetti per il futuro?
«Il mio obiettivo di vita è fare il docente. Non so dove. Se alle superiori o all’università. Ma nella vita voglio fare il professore».
Quando parli di cittadinanza attiva, cos’è per te?
«Lo racchiudo con la frase “Tenere al proprio paese”. Il cittadino attivo, secondo me, non è quello che combatte la mafia: ci sono i professionisti per farlo. Cittadinanza attiva è partecipare anche a una sagra di paese, un evento con artisti locali. Insomma valorizzare il proprio territorio».
I ragazzi incontrati a Caivano dicevano che provavano a fare qualcosa, ma non avevano supporto. Secondo te è possibile essere attivi a prescindere dal contesto?
«Io sono diventato rappresentante universitario per necessità. Nel mio corso, i rappresentati eletti ci sono per legge ma non facevano nulla. Quindi io, che non ho mai fatto il rappresentante a scuola, non ho mai fatto il capitano quando giocavo e non ero per la leadership, mi sono riscoperto leader per necessità. Non è solo a Caivano che non c’è nulla, anche in altri luoghi è così: la stessa Napoli, per essere un capoluogo, non ha tantissimo. Io credo che anche la maratona più lunga al mondo inizia con un primo passo. Io non credo negli adulti, nel senso che il loro tempo è già venuto e questi sono i risultati che ci hanno lasciato. Il cambiamento può avvenire solo con i giovani. Questo vale anche per la politica nazionale, occorre un giovane leader. Quando uscirà un giovane leader politico travolgerà tutto».
Perché?
«Perché questo non è un Paese che sta invecchiando nel corpo, ma nella mente. Il ragazzo di Caivano che vuole fare la raccolta differenziata so benissimo che difficoltà incontra nel farla, ma se non riesce a fare quello, allora deve provare a fare qualche altra cosa, un passo più vicino al suo. Perché sicuramente riesce a fare qualcosa».
Hai votato alle ultime elezioni?
«Certo».
Credi nel potere del voto?
«Sì, perché chi dimentica il proprio passato non ha futuro. L’Italia ha un passato che non deve dimenticare rispetto ad altri Paesi. Non ho mai visto nessun politico prendere il 30% votandosi da solo. Il potere ce l’ha sempre e ce l’avrà sempre il cittadino. Siamo noi che decidiamo, inutile scaricare la responsabilità sugli altri. Quando sento che la vera guerra si fa con il non-voto mi altero, meno persone votano e meglio è per chi vuole detenere il potere».
Cosa pensi di alcuni leader emersi oggi: possono rappresentare le istanze dei giovani?
«Alle europee e nel 2022 ho votato in entrambi i casi i 5 Stelle. Sono stato anche candidato, però nel periodo in cui il Movimento aveva idee innovative. Quando portò il voto online con il ciclo dei due rappresentanti attraverso una piattaforma, allora sì. Scegliere chi votare attraverso una piattaforma è innovativo. Certo, in altri Paesi del Nord Europa si fa da una vita, ma per un Paese come l’Italia, così macchinoso, anche aprire a questo l’ho visto come un’apertura verso il cittadino. Nel 2022 ho votato per Giuseppe Conte, per la sua figura».
Elly Schlein?
«Credo che il problema della Schelin sia il partito che ha dietro. Nel Pd ci sono persone che hanno troppo potere e che le remano contro».
Se le si fosse candidata da sola?
«È sempre la squadra che ti fa arrivare lontano. Per votare una persona vorrei che questa fosse anche libera di esprimere i suoi pensieri, la vedo frenata in questo senso. Anche se dovesse dire una sciocchezza, preferirei lo facesse. Si nota che è frenata».
C’è qualcosa nel panorama politico qualcuno da cui ti senti rappresentato?
«Nessuno. La destra in Italia in Italia è vecchia, è conservatrice. Non si può sentire una ministra (Roccella, ministra della Famiglia ndr) dire che “purtroppo l’aborto è un diritto”. Oppure vedere un viceministro un tempo vestito da Hitler. Quindi è una cosa oggettiva. Deve ancora presentarsi un partito credibile ai tuoi occhi. Il Movimento 5 Stelle per me andrà man mano a morire. La vedo più come una morte lenta. Un po’ mi spiace perché in molti ci credevano. L’Italia è un Paese alla disfatta da un punto di vista politico».