Brusca ai domiciliari? Il boss della strage di Capaci chiede di scontare la pena a casa
La richiesta della difesa del criminale pentito alla Corte di Cassazione
Brusca e i domiciliari
Giovanni Brusca, l’ex boss di Cosa Nostra noto per essere uno degli autori della strage di Capaci , ha fatto ricorso in Cassazione per chiedere gli arresti domiciliari. La notizia è stata anticipata oggi dal Corriere della Sera. L’udienza si è svolta oggi, lunedì 7 ottobre, a porte chiuse, senza la presenza dei difensori che hanno mandato memorie scritte. Secondo fonti giudiziarie la richiesta dovrebbe essere respinta, anche se il verdetto si conoscerà ufficialmente domani.
Il feroce killer della mafia siciliana che ordinò di sequestrare e poi uccidere e sciogliere nell’acido il figlio del pentito Santo Di Matteo, fu arrestato nel 1996. Prova ora a ribaltare il rifiuto del tribunale di sorveglianza sulla base di un parere della Procura nazionale antimafia, secondo cui dopo 23 anni, può scontare la pena a casa.
Dopo la cattura Brusca divenne collaboratore di giustizia. La prima sezione penale della Corte di Cassazione si riunisce oggi per esprimersi sul ricorso presentato dall’avvocato Antonella Cassandro, che l’ex boss mafioso con il collega Manfredo Fiormonti.
Come spiega il Corriere della Sera, il legale contesta che nell’ultimo rifiuto del 12 marzo scorso, il nono dal 2002, il tribunale di sorveglianza di Roma non ha tenuto nella giusta considerazione le valutazioni del procuratore nazionale antimafia. Federico Cafiero de Raho dopo i precedenti no ha detto sì all’ipotesi che il pentito sia detenuto a casa. Un assenso motivato dal fatto che “il contributo offerto da Brusca nel corso degli anni è stato attentamente vagliato e ripetutamente ritenuto attendibile da diversi organi giurisdizionali, sia sotto il profilo della credibilità soggettiva del collaboratore, sia sotto il profilo della attendibilità oggettiva delle singole dichiarazioni”.
Inoltre, è stato rilevato, “sono stati acquisiti elementi rilevanti ai fini del ravvedimento del Brusca”, “la centralità e rilevanza del contributo dichiarativo del collaboratore”, “le relazioni e i
pareri sul comportamento di Brusca in ambito carcerario e nel corso della fruizione dei precedenti permessi”.
Giovanni Brusca sta scontando a Rebibbia una condanna a 30 anni di carcere. Oggi ha 62 anni. Le reazioni alla richiesta degli avvocati non si sono fatte attendere.
Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni e presidente della Fondazione che porta il nome del magistrato assassinato dalla mafia, ha dichiarato: “Ricordo che Brusca proprio grazie alla collaborazione con la giustizia ha potuto beneficiare di premialità importanti: oltre a evitare l’ergastolo per le decine di omicidi che ha commesso ha usufruito di 80 permessi. Il suo passato criminale, l’efferatezza e la spietatezza delle sue condotte e il controverso percorso nel collaborare con la giustizia che ha avuto luci e ombre, come è stato sottolineato nel tempo da più autorità giudiziarie, lo rendono un personaggio ancora ambiguo e non meritevole di ulteriori benefici”.
“Ma stiamo scherzando? In galera fino alla fine dei suoi giorni, non facciamo rivoltare nelle loro povere tombe i troppi morti per mano della mafia. Fare uscire Brusca dal carcere sarebbe disumano. Chi toglie una persona al padre, alla madre, alla moglie, ai figli, merita di tornare a casa? No. In galera fino all’ultimo giorno, lavorando”, ha detto il leader della Lega Matteo Salvini in una diretta Facebook.