Caro Vespa, continui a non capire che il femminicidio riguarda (prima ancora delle donne) noi uomini
Bruno Vespa intervista Lucia Panigalli, ma non capisce che il femminicidio riguarda (prima ancora) gli uomini
Bruno Vespa ci fa sapere di essere “sorpreso e indignato” dalle nostre reazioni all’intervista di martedì sera a “Porta a Porta” a Lucia Panigalli, la donna vittima di tentato omicidio che vive sotto scorta.
E aggiunge. “È gravissimo che si voglia estrapolare una frase da un dialogo complessivo di grande solidarietà e rispetto”.
Vede, dottor Vespa – è così che la chiamano tutti, no? – il fatto è che non è la frase agghiacciante in sé il problema, e neppure le sue altre dieci o dodici frasi di identico tenore, e non sono neppure i ghigni e i risolini sguaiati con cui ha accompagnato quasi ogni passaggio dei venti minuti d’intervista.
No, il problema è che lei – come decine di milioni di uomini italiani – considera la “solidarietà” a una donna vittima di violenza come una sorta di paternalistica compassione, una specie di protettiva condiscendenza maschile, direi quasi virile, rispetto a un dolore fisico e intimo di cui nulla sa e nulla vuole sapere, e che tutto sommato non la riguarda e non CI riguarda.
E, mentre dà questa risposta piccata con quell’aria di sdegnata superiorità a chiunque abbia osato criticarla, neanche si è reso conto di come, invece, la storia di Lucia riguardi infinitamente di più noi – noi uomini, la nostra storia, la nostra identità – di quanto riguarderà mai Lucia e le donne come lei, le donne tutte.
E, fino a quando questo semplice passaggio non sarà finalmente chiaro, non risolveremo mai quella piaga spaventosa che si chiama femminicidio e ogni suo derivato. Ecco, dottor Vespa, cos’è “gravissimo”. Ecco qual è il problema.