“Niente sesso, solo baci”: tre escort condannate per falsa testimonianza nel processo sulle feste da Berlusconi
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Il giudice monocratico del Tribunale di Bari, Mario Mastromatteo, ha condannato a due anni di reclusione per falsa testimonianza tre delle quattro donne accusate di aver mentito sulle notti di sesso con Silvio Berlusconi, risalenti al periodo compreso tra il 2008 e il 2009. Nell’ambito del processo ‘escort’ – che si è concluso con la condanna definitiva in Cassazione a 2 anni e 10 mesi di reclusione per Tarantini, responsabile di aver reclutato le donne da portare nelle residenze private di Berlusconi perché si prostituissero – le escort avevano dichiarato di non aver fatto sesso, ma di essersi scambiate con l’ex premier “solo baci”.
“Dovevo dormire all’hotel de Russie e invece mi sono ritrovata bloccata a palazzo Grazioli perché Tarantini non rispondeva al telefono – ha raccontato una delle tre imputate, Vanessa Di Meglio – Abbiamo bevuto, ci sono state effusioni ma a livello superficiale, tipo baci, tipo preliminari… ma senza atti sessuali…” . Ma per il pm D’Agostino si è trattato di falsa testimonianza. Nella richiesta di rinvio a giudizio D’Agostino contestava le intercettazioni in cui la donna chiedeva a Tarantini: “Chi paga, chiediamo a lui o a te?”, riporta Repubblica. Il giorno dopo la festa lo informava di essere stata ricompensata dal cavaliere “con un importante regalo” .
Anche un’altra di loro, Barbara Montereale, davanti al tribunale raccontò di essere stata ingaggiata da Tarantini come ragazza immagine per una festa a casa di Berlusconi e di aver percepito mille euro. Ma secondo gli inquirenti, a palazzo Grazioli Montereale avrebbe ricevuto buste con 5mila euro dall’ex premier per prostituirsi.
A essere imputata insieme a Di Meglio e Montereale anche Sonia Carpentone: tutte e tre erano ospiti delle serate a casa di Berlusconi, assieme a Roberta Nigro, assolta assieme all’ex autista di Tarantini, Dino Mastromarco, ai sensi dell’articolo 384 dei Codice penale, perché secondo il giudice i due non potevano essere obbligati a rispondere alle domande a loro poste dalle parti in quanto dalle loro risposte poteva derivare una incolpazione ai loro danni. Per le tre donne la pena a due anni di reclusione è sospesa.