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L’avvocato di Sara Del Mastro a TPI: “Pena lieve perché donna? No. I casi Notaro e Annibali non c’entrano nulla”

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“Assurdi i paragoni con altri casi come quello della Annibali, ogni vicenda processuale è una storia a sé”. L’avvocato di Sara Del Mastro Sandro Cannalire è di poche parole e premette subito con piglio risoluto che non gli interessa l’eco mediatica di questa vicenda. La vicenda è appunto, quella di Sara Del Mastro, la donna di 38 anni che dopo uno stalking ossessivo durato mesi (anche 800 chiamate al giorno, pedinamenti, minacce), aveva gettato un bicchiere di acido sul volto del ragazzo che aveva frequentato per un breve periodo, Giuseppe Morgante.

I primi di aprile del 2019, quando l’attacco con l’acido non era ancora avvenuto, lui aveva contattato le Iene per raccontare la situazione ed era andato in onda un servizio in cui un’inviata, fermando Sara per strada, l’aveva accusata di stalking. Il 19 aprile Giuseppe aveva denunciato Sara. Il 7 maggio l’agguato, terribile, in seguito al quale Giuseppe è rimasto sfigurato. La sentenza di primo grado (7 anni e dieci mesi più due anni di libertà condizionata con rito abbreviato) è oggi al centro di numerose polemiche perché considerata lieve rispetto ad altre, per esempio ai 15 anni all’ex di Jessica Notaro.

Avvocato Cannalire, oggi in molti dicono che la pena sia troppo bassa per un’aggressione con l’acido e che Sara sia stata trattata con i guanti perché è una donna.
Io non conosco le motivazioni della sentenza e un magistrato non sarà mai in grado di soddisfare tutti. Le spinte giustizialiste però vanno respinte con forza. Il magistrato nello specifico gode della massima stima e non solo la mia. Ogni storia è a sé, non si può fare un calderone di tutto.

Molti accostano questa ad altre vicende, come quella di Jessica Notaro o di Lucia Annibali.
L’amarezza di Morgante la comprendo, ma sono accostamenti privi di fondamento. Il giudice è una donna, una donna preparata, un magistrato competente che ha studiato a fondo la vicenda. Anche il pm era una donna, quindi non c’è una distinzione di sesso, c’è una peculiarità della vicenda che è stata ben esaminata.

Sara aveva l’acido in macchina quella sera, ma non è stata riconosciuta la premeditazione.
Non sarei serio se commentassi questo passaggio senza aver letto le motivazioni.

Con quali argomenti ha sostenuto l’assenza di premeditazione?
La mia arringa è stata lunga e articolata. Mio padre mi ha insegnato che un avvocato deve parlare al giudice, non alla stampa. Se facessi diversamente non sarei serio davanti alla mia cliente.

Allora usciamo da questo caso specifico e parliamo di media. Abbiamo visto, mesi fa, le scene dei parenti di Morgante che la aggrediscono verbalmente nel corridoio del tribunale. Crede che il diritto alla difesa, in un clima di maggiore pressione mediatica e dibattiti social, sia messo in discussione più di prima?
Sì. C’è un attacco alla difesa e le camere penali per questo si stanno battendo da tempo. C’è una cultura che è quella della difesa, c’è una controcultura che è quella del giustizialismo, non va dimenticato.

Lei legge i social?
Leggo le carte processuali.

Qualcosa però le sarà arrivato delle critiche per la sentenza, delle pressioni, dei commenti.
Ho sentito l’eco mediatica, certo, ma nell’aula giudiziaria l’eco non entra.

È così sicuro?
Se così non fosse butteremo la famosa chiave in ogni processo.

A proposito di media. L’intervento delle Iene prima dell’attacco con l’acido, l’esposizione in tv di Sara, una persona chiaramente instabile, ha avuto qualche ruolo secondo lei nella vicenda?
Sì. Reputo che la trasmissione abbia avuto un effetto deflagrante su una mente che aveva dei problemi.

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