Sutri, cittadini costretti a bere arsenico: l’acqua era contaminata ma il Comune non ha avvertito
Dal 31 dicembre 2019 al 21 febbraio 2020 i 7mila abitanti del comune della Tuscia hanno bevuto acqua non potabile, con la concentrazione di arsenico oltre i livelli consentiti, senza essere avvisati con un'ordinanza del sindaco. E durante la quarantena la situazione dell'acqua non è migliorata
“Dal rubinetto scorreva acqua marrone a gennaio e febbraio, e noi dovremmo berci questo schifo?”. Carica di indignazione, la incontriamo sotto la Torre dell’orologio di Sutri Teresa, una dei 7mila cittadini del piccolo comune della Tuscia che spesso e volentieri rimane senza acqua potabile nelle abitazioni per via dell’inquinamento da arsenico. (Qui la parte II dell’inchiesta di TPI sull’acqua pubblica: Bollette pazze nel Viterbese, cittadini costretti a pagare fino a 5mila euro per l’acqua corrente)
Una crisi umanitaria
A febbraio 2020 i livelli di arsenico a Sutri arrivano a 20 microgrammi per litro, quando il massimo consentito dalle norme europee è 10 mg/l. L’acqua contaminata non solo non si può bere, ma non si può usare neanche per lavarsi o per cucinare. La presenza della sostanza tossica è una costante nel viterbese e viene normalmente tenuta sotto controllo dai dearsenificatori (dei filtri che depurano l’acqua), ma questa volta ad aggravare la situazione ci sono altri due fattori, ovvero il ritardo nelle ordinanze di non potabilità da parte dell’amministrazione e l’arrivo dell’emergenza Coronavirus.
VIDEO: Intervista ai consiglieri del comune di Sutri Matteo Amori e Alessio Vettori
Il problema dell’arsenico riguarda in realtà 320mila persone, gli abitanti dell’intera provincia di Viterbo. Un territorio che ancora oggi, nel 2020, non riesce a garantire il diritto fondamentale dell’acqua potabile ai suoi cittadini. Su 60 comuni circa 55 superano spesso il limite massimo ammesso dalla normativa Ue del 2010. In questo preciso momento in cui stiamo scrivendo, per esempio, 8 comuni non dispongono di acqua pulita (Bagnoregio, Castiglione in Teverina, Civitella d’Agliano, Fabrica di Roma, Farnese, Grotte di Castro, Ronciglione e Tuscania). In pratica, i cittadini devono comprare l’acqua in bottiglia anche per farsi una doccia. La situazione è drammatica dal punto di vista sanitario perché numerosi studi scientifici confermano che assumendo arsenico cresce il rischio di morire per patologie correlate, come cancro, ipertensione o ischemia. Una vera e propria emergenza umanitaria.
L’esposto in procura: i dati sull’arsenico
La signora Teresa ha gli occhi stanchi, ha 50 anni ma ne dimostra molti di più. Si lamenta senza sapere però a chi rivolgersi per pretendere la sua “dannata acqua”. A voler vedere più chiaro sulla questione sono stati invece cinque consiglieri del gruppo Misto del Comune di Sutri: Matteo Amori, Alessio Vettori, Nunzia Casini, Ferdinando Maggini e Roberto Zocchi, che hanno presentato due esposti alla procura di Viterbo per approfondire sulla gestione dell’arsenico. I pm non hanno ancora risposto, ma almeno il comune ha fornito tutta la documentazione sui controlli dell’acqua che TPI ha potuto visionare in esclusiva.
Sutri ha tre pozzi ai quali attingere per rifornirsi, Pian della Jella, Condotti e Campi Sportivi. A controllarli non è la Talete S.p.a come in molti altri paesi del territorio, ma è il comune stesso ad occuparsene, tramite la ditta Hydrocon che fa verifiche interne per assicurarsi che il livello di arsenico resti contenuto. Poi ci sono i controllo “esterni”, quelli della Asl attraverso l’Arpa.
Nell’ispezione del 22 novembre 2019 i livelli dei tre pozzi sono rispettivamente 8,9 e 8. Quindi borderline con i limiti, che infatti sforano il 31 dicembre, quando la Hydrocon riporta che i livelli sono 11, 13 e 10: acqua non potabile. E’ in questo momento che Teresa inizia a vedere acqua marrone scorrere dal suo rubinetti. Il 13 febbraio 2020 viene poi raggiunto il picco di 19 mg per litro a Pian della Jella, 15 mg per litro a Condotti e 13 al Campo Sportivo.
L’ordinanza arriva in ritardo
I cittadini continuano a bere acqua inquinata, perché l’ordinanza del sindaco Vittorio Sgarbi, firmata dal suo vice Luigi De Mauro, arriva solo il 21 febbraio 2020. E vieta l’utilizzo per uso potabile dell’acqua erogata dall’acquedotto comunale Condotti e non dagli altri due pozzi. “C’è dunque un gap – spiega a TPI il consigliere Alessio Vettori – dal 31 dicembre al 21 febbraio in cui per due mesi né è avvenuta la manutenzione completa di tutti i filtri, né i cittadini hanno ricevuto una comunicazione che li avvisasse che stavano bevendo acqua avvelenata. La salute è una cosa seria e qui sembra essere un tema secondario invece!”. Da febbraio l’ordinanza viene diffusa anche sui social, ma ormai molte persone hanno bevuto arsenico. Due settimane dopo sarebbe cominciato il lockdown.
La risposta del sindaco Sgarbi
Perché i cittadini non sono stati prontamente informati? Noi di TPI l’abbiamo chiesto direttamente al Sindaco, l’onorevole Vittorio Sgarbi che ha risposto: “L’ordinanza è arrivata eccome, il 21 febbraio. Il limite di 10 era oltrepassato di pochissimo, non era un limite letale. Ma soprattutto i cittadini sono stati largamente informati sui temi del Covid. L’emergenza nazionale prevale su quella locale“.
Secondo Sgarbi, “il tema dell’arsenico dipende dalla Regione, non dal comune. Il comune non può stampare moneta” e “si può emettere ordinanza di non potabilità solo con i dati dell’Arpa alla mano” (cioè i controlli esterni). In realtà, “l’ordinanza si può far partire anche se sono i controlli interni ad sottolineare qualcosa che non va”, a confermarlo a TPI è Calebe Barbetta, la massima autorità in materia, in quanto referente Asl di Viterbo per la supervisione della rete idrica.
Il vice sindaco di Sutri Lillo De Mauro spiega invece la procedura con la quale è avvenuto il cambio dei filtri: “In data 31 gennaio viene sostituito il filtro B di Condotti. La ditta dei filtri era stata avvisata dei livelli di arsenico preoccupanti. Il problema è stato che la fornitura, a causa del Covid, è rimasta bloccata alla frontiera con la Germania e abbiamo dovuto provvedere con un altro materiale diverso dal solito”. De Mauro ha anche ricordato che per in futuro verranno fatti investimenti ad hoc per la gestione dell’arsenico, “sono stati messi a bilancio 50mila euro, che per un piccolo comune sono molti. Questo a dimostrazione di quanto ci stia a cuore la questione”.
Una quarantena senza acqua
Teresa mi offre un thé in lattina – “così siamo sicuri che non c’è l’acqua del rubinetto” – e mi racconta delle difficoltà avute durante il lockdown. “A Sutri ci sono tre supermercati e la strada è in salita, caricarsi le casse d’acqua è un disagio. Spesso e volentieri ho bevuto l’acqua con l’arsenico”.
A partire dal 21 febbraio la popolazione è allertata sulla sostanza tossica, ma il problema di fondo rimane. I cittadini sono obbligati a stare chiusi in casa per un DPCM nazionale, ma non possono bere l’acqua corrente. I livelli di arsenico non sembrano abbassarsi, infatti il 6 giugno arrivano addirittura a 22 microgrammi per litro, più del doppio del consentito. E a certificarlo questa volta è l’Arpa, quindi la Asl.
Al momento l’emergenza è rientrata, i livelli di arsenico sono contenuti e nell’ultima rilevazione si attestano attorno a 5 microgrammi per litro. “Acqua azzurra, acqua chiara, con le mani posso finalmente bere”, cantava Battisti. Non proprio, almeno fino al prossimo controllo interno della Hydrocon e esterno dell’Arpa Lazio, Teresa – insieme agli altri 7mila cittadini – non si fida e preferisce pagare il prezzo della potabilità: 0,70 centesimi a bottiglia al supermercato.
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