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Salvini esulta per gli arresti alla ‘ndrangheta nel caso Malpensa ma il merito è di un imprenditore che ha avuto il coraggio di denunciare

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Arresti ‘ndrangheta Malpensa | Che la ‘ndrangheta sia vivissima dalle parti di Malpensa così come in tutta la provincia di Varese e che sia da sempre fortemente interessata da anni a tutte le attività collegato allo scalo aeroportuale lo sappiamo da anni, fin dai tempi dell’operazione Crimine-Infinito e da quando finalmente il nord fu costretto a rendersi conto di una presenza sul territorio che non è una semplice infiltrazione ma che ha tutti i segni della colonizzazione di interi settori.

Che la famiglia De Castro, con il suo capostipite Emanuele e tutti i suoi affiliati, faccia il bello e il cattivo tempo da quelle parti è risaputo da tempo, fosse anche per la prepotenza con cui la famiglia di Cirò Marina (spostatasi a Lonate Pozzolo) esibisce il proprio ruolo in pubblico. Si badi bene: a rivolgersi a loro non erano solo mafiosi o paramafiosi ma anche semplici cittadini (quelli che poi invocano le regole, però per gli altri) che vedevano nella locale di ‘ndrangheta il luogo in cui risolvere velocemente i propri problemi, dall’auto che rischiava di essere bruciata alla lezione da dare al fidanzato indigesto della figlia fino alla richiesta di aiuto di un assessore che aveva subito un’estorsione, in pieno stile mafioso.

Ciò che invece stupisce è che dalle parti del ministero dell’Interno esultino focosi per una serie di arresti che non hanno nulla a che vedere con questo governo (che, anzi, dovrebbe spiegarci dei rapporti di Paolo Arata e Armando Siri con il prestanome di Matteo Messina Denaro e dei tropi rapporti foschi di uomini della Lega con famiglie mafiose calabresi) ma sono frutto del coraggio di un imprenditore che per mesi ha registrato tutte le sue conversazioni telefoniche e le vessazioni subite.

A far partire l’offensiva mafiosa infatti era stata proprio l’intenzione di un imprenditore del posto di aprire un’area parcheggio dalle parti di Ferno, vicino all’aeroporto di Malpensa. All’uomo (che chiede di essere tutelato e non nominato) era stato proposto l’ingresso come socio proprio dai De Castro, attraverso un consulente del lavoro, Giampaolo Laudani, che secondo i magistrati era a conoscenza della cifra criminale dei De Castro e a loro disposizione.

“Lui esplicitamente mi ha detto assolutamente no, diglielo… perché, anzi mi ha aggiunto: ‘Qualunque cosa viene fatta lì sono io che vado lì e scasso tutto’”, dice Laudani al telefono all’imprenditore quando non sono passate nemmeno 48 ore dal suo rifiuto di entrare in società con i De Castro. E questo è solo il primo di una serie di avvertimenti che arriveranno nei giorni successivi. È la prima volta che un imprenditore lombardo entra in una caserma dei carabinieri e decide di raccontare tutto e di denunciare gli atteggiamenti del clan di ‘ndrangheta, ha spiegato la procuratrice Alessandra Dolci, definendo l’evento “una nota di speranza”. E chissà che prima o poi arrivi, con la giusta decisione, anche la politica.

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