Il Coronavirus si trasmette tramite aria condizionata? Qualche risposta
Coronavirus e aria condizionata: i pericoli
Con l’inizio della Fase due e la graduale riapertura di negozi e studi professionali, l’ipotesi che gli impianti di climatizzazione possano avere un ruolo nella diffusione del Coronavirus diventa centrale e spaventa chi tornerà a lavorare in uffici e luoghi chiusi. La domanda che in molti si pongono è: “Il Coronavirus si trasmette tramite l’aria condizionata?”. Anche se la principale fonte di contagio rimangono i contatti ravvicinati tra persone, in alcuni casi anche i condizionatori portano con sé rischi.
Basti pensare a come il virus Sars 1 si è diffuso a Hong Kong nel 2003, quando gli epidemiologi si accorsero che in una delle aree residenziali contagiate, l’Amoy Garden, il virus si era diffuso tramite modalità diverse dal contatto stretto persona-persona, e cioè tramite i sistemi comuni che collegavano le stanze del “Blocco E”, dove abitavano i 107 pazienti positivi, in appartamenti situati sulla stessa verticale. E nel famoso focolaio dell’Hotel Metropole, dove gli ospiti di un solo piano propagarono poi il virus nei rispettivi Paesi di provenienza, dal Canada a Singapore, il Sars 1 era circolato attraverso la condotta dell’aria.
Di recente, invece, ha fatto scalpore il caso del ristorante di Guangzhou, in Cina, dove in un locale di 5 piani ventilato con aria condizionata e senza finestre, 10 clienti si sono infettati con il Sars-CoV-2: tre famiglie che non si conoscevano sedute a tavoli diversi. E anche sulla ormai nota nave da crociera Diamond Princess, messa in quarantena in Giappone con centinaia di persone che si sono poi infettate, il virus potrebbe essersi diffuso anche attraverso il sistema di ventilazione. Dunque viene da chiedersi se l’aria condizionata sia o meno un pericolo per la trasmissione del Coronavirus e, se si, perché e in che modo.
Il Coronavirus si trasmette tramite aria condizionata? Ricircolo e manutenzione
Come spiegato da noi di TPI in un articolo dello scorso 8 aprile, l’aria condizionata è aria fresca presa da fuori solo in minima parte perché, soprattutto negli impianti centralizzati, viene utilizzata anche l’aria interna, pur se rinfrescata e depurata prima di essere rimessa in circolo. Leopoldo Baldini, ingegnere tecnico di impiantistica di Bollate, in provincia di Milano, ha chiarito a noi di TPI che alcuni impianti di trattamento prendono una percentuale significativa di aria interna agli ambienti e la riutilizzano, reintroducendola in altri locali insieme a quella “fresca”, in un ciclo continuo. E se in quelli climatizzati si trovano dei soggetti affetti da Covid-19, si può verificare il rischio che le goccioline infette che sprigioniamo ad almeno un metro di distanza tossendo o parlando siano captate dal sistema di ricircolo e entrino nel flusso dell’aria. Con la conseguenza che i virus possono essere reintrodotti in altre stanze o locali serviti dallo stesso impianto d’aria.
È fondamentale dunque che gli impianti vengano monitorati e manutenuti: i filtri preposti alla depurazione devono essere tenuti in ordine, e i sistemi di ricircolo spenti, come raccomandato anche dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss), che in una circolare del 23 marzo ha disposto lo spegnimento dei sistemi di ricircolo negli ambienti lavorativi, e il 21 aprile 2020 ha redatto un aggiornamento (indicazioni ad interim per la prevenzione e gestione degli ambienti indoor in relazione alla trasmissione dell’infezione da virus Sars-CoV-2) che segue l’evoluzione delle conoscenze su Covid-19.
Citando il documento in un’intervista al Sole 24 ore del 6 maggio, Gaetano Settimo, coordinatore del Gruppo di studio nazionale inquinamento indoor dell’Iss, ha elencato alcune misure da prendere in considerazione per eliminare il rischio di contagio. “Bisogna avere grande accortezza, mantenere il buon funzionamento, attuare una regolare manutenzione ordinaria e straordinaria, tenere un registro degli interventi che vengono effettuati”. E eliminare l’eventuale ricircolo dell’aria: “il ricambio di aria naturale insomma è la cosa migliore accanto a una gestione dell’impianto”, ha dichiarato Settimo, aggiungendo che “chi nella fase emergenziale ha fatto lo smart working, dovrebbe proseguire anche nella fase 2” perché “così come non si può dire che tutti i sistemi di ventilazione sono pericolosi allo stesso modo non si può dire che sono sicuri al 100 per cento”, ha concluso Settimo.
Il Coronavirus si trasmette tramite aria condizionata? L’effetto vento
Secondo Giovanni Rezza, direttore del dipartimento di malattie infettive dell’Iss, il pericolo che si cela negli impianti di aria condizionata è legato ai livelli di ventilazione. Per l’infettivologo sarebbe l’effetto vento a spingere goccioline di saliva all’interno di un ambiente chiuso, e cioè quanto avvenuto, secondo uno studio cinese, nel ristorante di Guangzhou a fine gennaio. La ricerca, firmata dal vicedirettore del Dipartimento di Guangzhou per il controllo e la prevenzione delle malattie infettive, e pubblicata in anteprima su Emerging Infectious Diseases, rivista del Centers for Disease Control and Prevention of the United States, ha osservato e studiato nel dettaglio quanto accaduto nel grande ristorante il 24 gennaio.
Quel giorno nel locale erano presenti 91 persone e 83 di queste hanno pranzato ai 15 tavoli del piano dove ha mangiato il “paziente A1”, appena arrivato dopo un viaggio a Wuhan, dove era stato contagiato senza ancora mostrare sintomi. Tutti i 73 clienti identificati e messi in quarantena, in quel periodo, sono risultati negativi ai test sul Coronavirus, così come i campioni presi dai condizionatore d’aria. Solo i membri delle famiglie che hanno mangiato vicine al tavolo del “paziente A1” sono stati contagiati.
E da qui i ricercatori sono giunti alla conclusione che la causa più probabile del contagio sia stata la trasmissione di goccioline, “spinte e aiutate” a superare le brevi distanze a cui normalmente circolano, in genere inferiori a un metro, dai flussi d’aria dei condizionatori. Per questo sono arrivati alla conclusione che questi potrebbero agevolare la trasmissione delle goccioline in uno stesso ambiente e che per prevenire la diffusione del virus nei ristoranti – e quindi negli open space – si debba “aumentare la distanza tra i tavoli e migliorare il sistema di ventilazione”.