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Se l’Anticorruzione non vigilia sui suoi concorsi: quel portavoce assunto senza requisiti, poi dimessosi dopo una mail di TPI

Immagine di copertina

“Dopo la vostra mail mi sono dovuto dimettere”, sbotta Francesco Paravati, giornalista  nominato il 14 gennaio scorso portavoce dell’Anac, l’Autorità nazionale anti corruzione. La sua è una vicenda complessa che resta ancora avvolta in un alone di mistero. La sua è la storia di un giornalista che solo 10 giorni dopo essere stato assunto per un incarico pubblico il cui compenso è pari a 105mila euro lordi l’anno si è dovuto improvvisamente dimettere. Un ruolo da sogno, ma una vicenda infernale. Formalmente, Paravati si dimette il 24 gennaio “per motivi personali”; nella sostanza, però, da quanto lui stesso ha ammesso, le dimissioni sono avvenute come “conseguenza della mail mandata da The Post Internazionale (TPI)” per fare luce su questa storia e chiarire alcuni aspetti controversi della procedura di assunzione.

Qualcosa è andato storto, ma per raccontare quel pasticciaccio brutto di via Minghetti (sede dell’Anac) ci vuole ordine. Facciamo un passo indietro. In un anno in cui l’Italia è alle prese con il più ambizioso piano di ripresa economica nazionale da decenni a questa parte (vedi alla voce 209 miliardi del Recovery Plan su cui sarà cruciale vigilare), l’Agenzia nazionale anticorruzione voluta da Renzi nel 2014 non ha saputo nemmeno controllare i titoli del portavoce che ha assunto. 

Questa è una storia di incompetenza e disattenzione, nella migliore delle ipotesi, o di conflitto d’interesse, nella peggiore. E’ la storia di un bando anomalo in cui il vincitore non ha i requisiti richiesti dall’Anac stesso. Ed è la storia di un ente da cui ci si aspetta massima trasparenza che replica solo verbalmente alle richieste di un giornale ma non lo fa per via scritta per non lasciare tracce. E’ la rappresentazione plastica del potere burocratico in Italia. Non solo. E’ la conferma che, in uno scaricabarile di responsabilità, chi doveva controllare non ha controllato. E gli è andata bene così. Tanto che quando la sottoscritta per conto di TPI chiede un commento ufficiale all’Anac riguardo questa incresciosa vicenda di cui eravamo venuti a conoscenza, l’ente governativo prende tempo e prova a disinnescare uno scoop, facendo passare le dimissioni del suo portavoce in sordina. Dimissioni avvenute nel silenzio più assoluto durante il weekend (senza nemmeno che fossero rese note a noi) e spacciate per un fatto qualunque.

Il tutto, senza che l’Anac ad oggi, 9 febbraio, abbia ancora formalmente chiarito le motivazioni di questa storia o emesso un comunicato ufficiale in cui si dichiara parte lesa e quindi estranea ai fatti.

Il bando

Riavvolgiamo il nastro e partiamo dall’inizio. Il 15 ottobre 2020 l’Anac pubblica un “Avviso di interesse per il conferimento dell’incarico di diretta collaborazione di Portavoce” con scadenza 14 novembre. Tra i vari requisiti, all’articolo 4 lettera E si legge: “Iscrizione all’Albo nazionale dei giornalisti professionisti da almeno 15anni”. E per non lasciare spazio a dubbi, il concetto viene anche ribadito nell’ultimo capoverso dell’art. 6 dello stesso bando: “Non saranno ammessi alla selezione i concorrenti che risultino privi dei requisiti richiesti all’art. 4”.

Effettivamente, nel bando già si nota una leggera imprecisione. A rigore, non esiste un albo specifico per i giornalisti professionisti, semmai un elenco. Tuttavia, è fuori discussione che per partecipare a questo concorso fosse espressamente necessario essere giornalisti professionisti da almeno 15 anni e non solo iscritti all’Ordine, come ci ha detto la stessa Anac. Ma su questo punto torneremo più avanti.

Al colloquio vengono ammesse cinque persone: Luisa Cordova, Carmine Giustiniani, Vincenzo Lamanna, Francesco Paravati e Franco Tallarita.

La scelta

L’11 dicembre la Commissione fa la sua scelta: risulta vincitrice del concorso Luisa Cordova, giornalista professionista dal 1990. Ma quella stessa settimana Cordova vince anche il posto come capo ufficio stampa dell’Aifa (dove era già consulente per la comunicazione) e la giornalista accetta questa seconda offerta di lavoro.

L’Anac deve allora riaprire i colloqui e il 23 dicembre, sotto Natale, delibera nuovamente: il nuovo portavoce è Francesco Paravati. Il suo curriculum è di tutto rispetto e ricco di esperienze, ma è iscritto all’elenco dei giornalisti professionisti presso l’Ordine della Regione Calabria solo dal 2011. Quindi da 10 anni e non da 15 come richiesto nel bando di concorso.

Genero dell’ex governatore della Calabria Agazio Loiero, Paravati poteva anche essere un buon profilo per quel ruolo: competenze giuridiche sviluppate lavorando nello Studio Legale Criscuolo&Associati, doti comunicative cresciute sotto il segno di Bologna Fiere e un po’ di pelo sullo stomaco (che non guasta mai) per aver superato un difficile stress test: era infatti il portavoce del padiglione italiano all’Expo di Shangai nel 2010, finito al centro di un mega scandalo per appalti truccati. Ma nei concorsi non basta essere adatti per un ruolo, bisogna anche rispettare i requisiti richiesti. Altrimenti, quanti altri giornalisti professionisti da 5, 6, 8 anni avrebbero fatto domanda con questa logica?

La matematica non è un’opinione

Quindi, ricapitolando: sul sito dell’Ordine dei giornalisti della Calabria si legge che l’iscrizione di Francesco Paravati all’elenco dei professionisti avviene nel 2011. Verificato questo, noi di TPI chiamiamo l’ufficio stampa dell’Anac per vederci più chiaro e, tra incertezze e silenzi, la risposta è questa: “A noi risulta che ce li abbia 15 anni di iscrizione all’Ordine come professionista”. Ma non ci vuole certo un genio della matematica per contare gli anni dal 2011 al 2021.

La mail

Durante la telefonata, per poterci fornire una dichiarazione definitiva sulla scelta e sull’assunzione di Paravati, l’Anac chiede una mail formale da sottoporre alla Commissione del concorso e alle risorse umane. Le domande sono sempre le stesse, ma ora sono nero su bianco.

Le dimissioni

Una risposta a quella mail non è mai arrivata, ma nel frattempo a fine gennaio sul sito dell’Anac compare una novità: “Francesco Paravati —> Durata incarico: Dimissioni dal 24 gennaio 2021″. Insomma, il Portavoce si era dimesso e l’Autorità anticorruzione da allora è rimasta senza il suo filtro con l’esterno.

L’Anac conferma: manca il requisito

Dimissioni casuali? Decisione repentina senza motivazioni? Ricontattato telefonicamente, l’ufficio stampa dell’Anac Duccio Pedercini alla fine conferma: “Le dimissioni sono avvenute per la mancanza di un requisito”. 

La difesa di Paravati: “Mi sono dimesso per motivi personali”

Il diretto interessato nella stessa chiamata di 45 minuti cambia almeno 3 versioni. Quella che prova a portare avanti con più forza è la via dei “motivi personali”. “Quelli sono miei motivi familiari – dice a TPI Paravati – non c’è nessun collegamento tra il concorso e le dimissioni. Anche perché per il concorso ero assolutamente conforme. Perché sono iscritto all’elenco dei professionisti dal 2011, ma all’elenco dei pubblicisti dal 2000. Come avrai letto, ho svolto il praticantato con il Domani della Calabria, che come tante realtà calabresi è poi fallito. E nel 2002 ho scoperto che non mi aveva mai pagato i contributi. Dopo una mia vertenza mi hanno riconosciuto il praticantato nel 2009 e il primo momento buono per fare l’esame per me è stato nel 2011″.

Paravati prova poi a difendersi analizzando le parole del bando: “C’è ambiguità nel requisito del punto E. C’è scritto albo dei professionisti, ma non esiste nessun albo. L’Ordine è unico per pubblicisti e professionisti. Avrei potuto fare ricorso al Tar”. Se Paravati relativamente ai requisiti richiesti ha dichiarato il vero e pensa che il bando sia ambiguo, avrebbe tutto l’interesse a denunciare. Ma ad oggi non risulta alcun ricorso al tribunale amministrativo.

“Tutta colpa della vostra mail”

Poi, però, insistendo sui reali motivi delle dimissioni, ecco che iniziano le contraddizioni. Fino all’ammissione: “Quella mail, che ha fatto il giro di tutto l’ufficio, di 300 persone, mi ha messo in una situazione in cui io non mi potevo più difendere. Perché per difendermi dovevo dire ‘Avete sbagliato a scrivere il bando’. E quindi che dovevo fare?! Lavorare con un ufficio di 300 persone a cui avrei detto che avevano sbagliato a scrivere un bando, che avevano fatto la cazzata? Potevo solo dimettermi e quella tua mail che ha fatto il giro dell’ufficio non mi ha dato altra scelta. Io ho bisogno di fiducia per fare un lavoro così importante per il Paese”.

E’ stata quindi la mail di TPI a generare il caos nell’Anac e a portare a quelle dimissioni avvenute improvvisamente, a cavallo del weekend.

I punti ancora da chiarire

Quindi chi ha sbagliato? Chi doveva assicurare la correttezza del concorso? Chi doveva vigilare e non lo ha fatto? Per verificare la data di iscrizione a un Ordine basta una banale ricerca su Google. Per assegnare un ruolo di responsabilità ad una persona sarebbe bastato un controllo in più. Perché, delle due l’una: o Paravati ha autocertificato il vero, cioè di essere professionista dal 2011 e allora vuol dire che Anac neanche legge i curricula dei suoi candidati. Oppure è accaduto qualcosa di diverso ed ancor più inquietante. E allora perché l’Autorità anticorruzione non chiarisce? Perché non si dissocia e prende le distanze con un comunicato ufficiale?

In ogni caso, alla fine dei giochi, una cosa sola risulta chiara: l’Autorità che dovrebbe garantire la trasparenza nel nostro Paese in questa vicenda è stata tutto fuorché trasparente. E questo non è accettabile.

Leggi anche: Raffaele Cantone lascia l’Anac con una lunga lettera d’addio: “È un momento difficile”

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