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Home » Cronaca

“Amazon ci ha fatti sparire dalla piattaforma”

Immagine di copertina
Credit: REUTERS/Clodagh Kilcoyne

Dopo la multa miliardaria dell’Antitrust al colosso dell’e-commerce, parla a TPI un venditore indipendente: “Non abbiamo aderito alla loro logistica e gli acquisti dei nostri prodotti sono crollati”

Un miliardo e 128 milioni di euro. È la maxi-multa inflitta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ad Amazon per abuso di posizione dominante nella gestione dei servizi e degli ordini online. Il colosso dell’e-commerce, secondo l’Antitrust, avrebbe danneggiato i venditori indipendenti che operano sulla piattaforma, nonché i suoi concorrenti nei servizi di logistica. In sostanza, i venditori che si affidano alla logistica di Amazon per lo stoccaggio della merce in magazzino e i servizi di evasione e spedizione degli ordini, verrebbero “ripagati” ottenendo maggiore visibilità rispetto ai venditori che si limitano ad utilizzare il marketplace del sito, gestendo però la logistica in modo autonomo.

I dettagli della sentenza portano a farsi due domande: se sia effettivamente vero che chi non sceglie la logistica Amazon viene penalizzato e, in secondo luogo, perché un’azienda consapevole di questi svantaggi scelga comunque di organizzare lo stoccaggio della merce e la spedizione degli ordini in proprio. TPI ha raccolto la testimonianza di un venditore che ha raccontato la sua esperienza e ha provato a chiarire entrambi questi aspetti. «Siamo un’azienda che fa parte di un grande gruppo industriale, per il quale rivendiamo alcuni prodotti – ci spiega il venditore, che preferisce non rivelare la sua identità e quella del proprio brand – Ci appoggiamo quindi ad Amazon, così come ad altri e-commerce, ma non abbiamo mai aderito alla loro logistica. La nostra decisione di operare in proprio ci ha estremamente penalizzati: su Amazon non siamo visibili, è molto difficile trovarci. Di conseguenza, non vendiamo quasi nulla: siamo passati nel corso del tempo da 20mila a 3mila euro di ordini l’anno».

Continua a leggere sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui

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