L’amico di Genovese scappato a Bali e quei 40enni bruciati che vivono aspettando il sabato sera (di S. Lucarelli)
Sulla vicenda di Alberto Genovese e del presunto stupro ai danni di una ragazza giovanissima si sta scrivendo di tutto e prevedo che il manager e ideatore di Facile.it potrà permettersi i migliori avvocati del paese. Di sicuro, la droga a quelle feste girava e una buona dose di arroganza pure, viste le testimonianze di vicini di casa nuovi e lontani e le feste fatte in piena pandemia. Se però l’aspetto penale della vicenda è ancora tutto da scrivere, c’è quello morale su cui ci sarebbero già da dire un paio di cosette. Genovese è in carcere, e giusto perché l’hanno fermato in tempo, visto che stava scappando in Sudamerica. E a proposito di fughe, il suo collaboratore e amico Daniele Leali (che non è al momento indagato) invece è già a Bali da qualche giorno.
Lui e la sua fidanzata Marilisa hanno fatto un tampone in tutta fretta e se ne sono andati in Indonesia. “Per lavoro”, dice Leali, solo che a scorrere i suoi commenti su Instagram di un paio di settimane fa emerge che non stesse affatto valutando di andare a Bali per lavoro, ma che anzi avesse come priorità le Baleari, solo che c’erano problemi logistici. “Stavamo pensando alle Baleari ma hanno chiuso i voli, forse Bali…”. Insomma, stava al massimo pianificando una vacanza. Fatto sta che mentre il suo caro amico Genovese finisce dentro, lui fa i bagagli e se ne va in Indonesia al mare, per poi postare foto di colazioni in piscina e località esotiche.
Come a dire “Mica ho nulla da nascondere!”. Quindi un’amicizia di quelle solide, nella buona e nella cattiva sorte. Ma non è neppure questo il punto. Leali, accusato da vari testimoni di essere colui che procurava la droga a queste feste, di sicuro, al di là delle eventuali responsabilità, è quello che sa più di tutti. Da chi sia Genovese, a cosa succedesse a quelle feste. Dunque, se è estraneo ai fatti come lasciano intendere sia lui che il suo avvocato, sarebbe stato suo dovere rimanere qui e aspettare di essere ascoltato. Visto che c’è lo stupro (presunto) di una diciottenne di mezzo, è il minimo che si possa e debba fare, se si è persone coscienziose e perbene. Invece lui e la sua fidanzata vanno al mare, in Indonesia.
E lì, Leali, a dimostrazione che quello di Genovese non fosse esattamente un gruppo di geni, inizia a localizzarsi in località marittime, a postare video della spiaggia e, soprattutto, a pubblicare nelle storie i messaggi di incoraggiamento di amici e conoscenti dall’Italia. E questa è, forse, la parte più inquietante. Una fotografia nerissima di un mondo spaventosamente superficiale, popolato da ultra-quarantenni con un orizzonte temporale che è cosa fare sabato prossimo, in cui è tutto un “daje torneremo tutti a ballare, non ci pensare”. E non esagero. Eccone alcuni: “L’invidia è una brutta bestia, in Italia sono invidiosi! Beato te che stai a Bali!”.
“Cazzo te ne frega della gente Dany, tanto colpevole o no avranno sempre da parlare!”. “Ciccio ho letto del tuo amico ma sinceramente non me ne frega un cazzo, non so neanche di che ti stanno accusando, per me sei sempre The Voice!”. “Goditela, spegni il telefono e facci la pipì sopra!”. “La Milano di notte ti deve solo ringraziare: hai portato l’Italia a Formentera!”. E il bello è che Daniele Leali pensa di pubblicare questi attestati di edificante solidarietà basati non sulla conoscenza dei fatti, ma dalla elaborata teoria “sti cazzi se c’è da accertare la verità sullo stupro di una ragazza”, perché ritiene che gli facciano buona pubblicità.
E invece no. Sono raccapriccianti. Sono lo specchio di quella parte fatua, superficiale, menefreghista e arrogante del mondo della notte che balla senza mascherina tutta l’estate, che dice “bravo” all’amico che è a Bali anziché in Italia, per rendersi disponibile a collaborare con la giustizia. Sono quelli che su un eventuale stupro non hanno nulla da dire, l’importante è che l’amichetto delle discoteche torni presto a fare l’alba con loro. Insomma, una grandissima schifezza.