Vulnerabili: come la pandemia cambierà il mondo, di Vittorio Emanuele Parsi per la collana Molecole di Piemme
Vulnerabili: come la pandemia cambierà il mondo, di Vittorio Emanuele Parsi per la collana Molecole di Piemme
Con il Covid-19 l’umanità si è riscoperta vulnerabile. L’interdipendenza globale ci ha presentato il conto, ci ha mostrato il suo lato oscuro, davanti al quale ci siamo sentiti persi e impotenti. Il futuro però ci mette di fronte alla possibilità di lavorare affinché la consapevolezza della nostra vulnerabilità sia l’elemento intorno a cui ripensare e ricostruire una nuova interdipendenza, così da non farci cogliere impreparati non solo dalla prossima pandemia, ma anche da qualunque altro futuro shock esterno, evitando un ennesimo massacro di popolazioni, benessere economico, coesione sociale e diritti individuali.
Occorre cominciare a concepirci come l’equipaggio di un solo e insostituibile vascello, che all’infinito naviga in uno sterminato oceano. La nave è vulnerabile, e la sua componente più vulnerabile è costituita dall’equipaggio, la cui sicurezza non può venir messa in secondo piano: perché la solidità e la resilienza di un sistema sono dettate da quelle dell’elemento più fragile.
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È una gigantesca, tragica sconfitta quella che stiamo vivendo. Ma non poteva essere altrimenti. Perché la struttura di cui era fatto il nostro presente era insostenibile. Le sconfitte hanno un solo lato positivo: ci danno la possibilità di imparare. Non per forza, ma solo se siamo in grado di dirci le cose come stanno, di prendere atto degli errori commessi. Il cambiamento sarà possibile solo se sapremo trarre profitto da questa tremenda “lezione”, se sapremo metterci in gioco ognuno per la sua parte. Un risultato possibile ma non scontato. Ecco perché 3 scenari, dall’esito molto diverso, cercano di disegnare il mondo come potrebbe essere: a noi fare la differenza.
Vulnerabili: come la pandemia cambierà il mondo, tre scenari per la politica internazionale
Scenario 1, Restaurazione: si basa sull’idea che, nonostante tutto, si affermi il tentativo di far riprendere la corsa dell’iperglobalizzazione “come se” niente fosse successo. In un mondo in cui gli attori del sistema internazionale continueranno la loro tradizionale dinamica, riassestata solo marginalmente ma non cambiata nei suoi tratti salienti. Cina e Stati Uniti proseguirebbero il loro confronto per al leadership globale e l’Unione europea sopravvivrebbe, accentuando la sua marginalità e sottoponendosi a lifting minimi, all’insegna della continuità. Sarebbe un ordine precario, instabile, che riprodurrebbe un’interdipendenza imposta al prezzo della continua compressione della sua componente umana. I regimi politici interni prevalenti sarebbero quelli tecnocratici e a bassa mobilitazione.
Scenario 2, Fine dell’impero romano d’Occidente: è quello in cui, progressivamente la globalizzazione viene meno, sostituita da un mondo fatto di sfere di influenza politica e aree di interdipendenza economica sostanzialmente chiuse le une rispetto alle altre. Gli scambi sulla lunga distanza riguarderebbero una serie di beni sempre più ridotta. Nessuno eserciterebbe una leadership globale, gli Stati Uniti patirebbero il maggiore declassamento, mentre la Cina vedrebbe accresciuta la propria influenza. La Ue potrebbe dissolversi. I regimi politici prevalenti associati a questo scenario sarebbero di tipo leaderistico-populista, ad alta mobilitazione ma dall’alto.
Scenario 3, Rinascimento: è lo scenario che scommette sul fatto che siamo stati capaci di mettere a frutto il tempo sospeso di questi mesi per progettare un’interdipendenza più solida perché fondata sulla protezione del suo fattore più vulnerabile: quello umano. Se vogliamo realizzarlo, dovremo sfruttare le opportunità offerte dalla pandemia per invertire lo stato ordinario e insoddisfacente delle cose: come accaduto dopo la Grande depressione degli anni Trenta, dopo la Seconda guerra mondiale e dopo la crisi degli anni ’70. Sarebbe il solo modo di riconciliare politica ed economia, democrazia e mercato, libertà e solidarietà così da proteggere meglio le nostre società dagli shock esterni. Questo è il solo scenario compatibile con la rivitalizzazione delle democrazie e con una radicale trasformazione della Ue.
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