Il “mantello dell’invisibilità” di Harry Potter esiste davvero: il video è sorprendente
Un'azienda che produce uniformi mimetiche ha creato un materiale flessibile che può rendere invisibili oggetti e persone
Il mantello dell’invisibilità esiste davvero: il video è sorprendente
Il “mantello dell’invisibilità” di Harry Potter esiste e funziona davvero. Il materiale che rende invisibili lo ha realizzato la Hyperstealth Corp, un’azienda canadese di tute mimetiche, e lo sta testando. Con risultati sorprendenti, come si vede nel video.
Il prototipo è stato testato per oscurare oggetti di diverse dimensioni e colori, funziona di giorno e di notte e può essere impiegato per nascondere mezzi militari e navi.
Il materiale flessibile che può rendere invisibili oggetti e persone è stato battezzato “Quantum Stealth”: è un foglio lenticolare capace di deviare la luce. Il prototipo è stato testato per oscurare oggetti, funziona di giorno e di notte e può essere impiegato per nascondere mezzi militari e navi.
Come scrive il giornalista Mario Di Ciommo, “si tratta di un foglio lenticolare sviluppato dalla HyperStealth Biotechnology Corp, con sede nella British Columbia (Canada), capace di deviare la luce. Quando più lenti lenticolari sono stratificate nel modo giusto, esse sono in grado di rifrangere la luce con una miriade di angoli diversi per creare ‘punti morti’. Così facendo, la luce non è più in grado di passare attraverso questi punti, nascondendo il soggetto dietro di loro dalla vista mentre lo sfondo rimane invariato. Il prototipo è stato testato per oscurare oggetti di diverse dimensioni e colori, funziona di giorno e di notte e può essere impiegato per nascondere mezzi militari e navi”.
“Non solo nasconde un bersaglio nello spettro visibile, ma funziona anche nell’ultravioletto, nell’infrarosso e nell’infrarosso ad onde corte. Blocca lo spettro termico, rendendolo un vero mantello dell’invisibilità, sottile come la carta ed economico”, spiega Guy Cramer, ceo di HyperStealth, che promette che “tra meno di un anno vedremo le prime applicazioni pratiche”.
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