Il figlio di Umberto Tozzi: “Doveva stare zitto sulla morte di mamma. Dice bugie”
Nicola Armando Tozzi, figlio di Umberto, dopo la morte di sua madre – Serafina Scialò – e le parole del padre (il cantautore sostiene che l’ex compagna gli ha sempre impedito di vedere il figlio e che lo mandò sul lastrico) ha deciso di intervenire pubblicamente sulla vicenda. “Avrei preferito che mio padre non parlasse ai giornali di questioni di famiglia”, le parole del 36enne in un’intervista al Corriere della Sera.
“Io mi sono preso il mio posto nel mondo chiamandomi Nicola, non Tozzi. Ho un secondo nome e dico: piacere, Nicola Armando. Aggiungo Tozzi se proprio devo. E, se mi chiedono “parente di?”, rispondo di no. Ho deciso di rispondere perché ha detto cose false e mia madre non può più difendersi. Non cerco notorietà, altrimenti avrei parlato prima: da quando ho cinque anni ho memoria di cose che o ti fanno o finire male o crescere in fretta. I miei si parlavano solo tramite avvocati o parenti e io in mezzo: mamma mi ha sempre trattato come un adulto o l’uomo di famiglia. Mi portava dagli avvocati e, già a sei anni, mi diceva: prendi il telefono e chiama tuo padre”.
La madre – Serafina Scialò – è morta sola lo scorso 17 gennaio all’età di 63 anni: “Quando si è separata, è sprofondata nell’autodistruzione. Era stata bellissima, brillante. Faceva l’addetta stampa, anche per Donna Summer e i Village People. Però era fragile: se ferita, saltava su come un serpente a sonagli – le parole di Nicola Tozzi al Corriere -. Faceva sfuriate, era un terremoto. La rabbia si è acutizzata col tempo. Io ho dovuto capire che lei era insalvabile e potevo solo salvare me stesso. A periodi, come di recente, si rifiutava di vedere chiunque”.
Umberto Tozzi nei giorni scorsi ha sostenuto che l’ex moglie gli impediva di vedere il figlio: “Una volta o due venne e mamma non mi mandò, ma altre volte l’ho aspettato e lui non è venuto. Quando giocò con la Nazionale Cantanti qui a Udine, mi feci portare da mia zia. Avevo sei o sette anni, si negò. Fu un giorno amaro. Avevo forse otto anni, lui venne. In casa volavano emozioni negative, ero confuso, non volli andare, anche se lui era affettuoso. Dopo, ricontattarlo fu difficile. L’ho cercato io a un concerto, a 16 anni, e lo frequentai con la sua famiglia fra i 18 e i 21. Ma dopo, le poche volte, era col suo entourage, non aveva voglia di parlare”.
“L’ultimo incontro? Nel 2011. Era con persone che non c’entravano nulla e si parlò del nulla – ha proseguito il figlio di Umberto Tozzi -. Non rispose agli auguri di Natale del 2012 e neanche quando gli scrissi perché era in ospedale. Per le condoglianze non ha chiamato”.
Ma per quale motivo litigavano? “Lui pagò il mantenimento solo quando glielo ordinò il tribunale e senza indicizzarlo. E avrebbe dovuto comprarci una casa che non comprò. Il tema sono sempre i soldi. Ora c’era bisogno di parlare degli assegni?”.
“Ha detto che mia madre gli ha rubato 450 milioni di lire? È falso. Andò così: loro non erano sposati, lei era incinta, lui viaggiava tanto, perciò le diede due assegni in bianco per ogni evenienza. Quando mamma lo lasciò, cercava una casa in affitto, lui non si faceva trovare – ha aggiunto -. Allora, esasperata, lei portò un assegno in banca, però poi non lo riscosse. L’altro assegno è stato una vita in casa. Lei non incassò mai niente. Assurdo. Mio padre la denunciò ma ritirò la querela: lamentava la falsificazione della firma, ma sapeva che la perizia calligrafica gli avrebbe dato torto. Comunque a me non interessano i soldi, mi sono fatto da solo e, se fossi in difficoltà, non vado a cercare il gettone di presenza in tv, vado alla Caritas”.