“Il 2020 ci ha dimostrato che potremmo cancellare il Capodanno per sempre”
Piccolo insegnamento di questo anno complicato: basta stupidi festeggiamenti per il Capodanno
Per la prima volta la frase “cosa fai a Capodanno?” non è stata un incubo. Certo, magra consolazione dopo l’anno terribile che è stato il 2020. Ma sicuramente un’angoscia in meno, che significa niente gruppi di amici da unire, niente cotechini da cucinare per ore e soprattutto meno peso ad una festa carica di aspettative.
Sarah Miller sul New Yorker, il magazine hipster per eccellenza, ha pubblicato oggi un lungo editoriale in cui paventa addirittura la possibilità di non festeggiare più con stelle filanti, lenticchie e brindisi in flûtes scintillanti il nuovo anno. E se cancellassimo il Capodanno per sempre?
Torniamo all’anno scorso e a tutti gli anni precedenti – scrive Miller – quando questa domanda aveva ancora un ruolo da protagonista nella commedia natalizia. Se l’interessato dice: ‘Non ho ancora organizzato niente. E tu?’, e il richiedente – non si sa perché – ha sempre in cantiere qualcosa di straordinario tipo prendere un elicottero foderato di pelliccia per la Cornovaglia, imparare a fare una bistecca da un ologramma di James Beard o un incontro di fuoco e di sesso estremo 48 ore di seguito.
Eppure la persona senza piani, o praticamente senza piani (esempio tipico: “I nostri vicini dall’altra parte della strada si sono gentilmente offerti di aiutarci a mangiare il panettone che la mamma di Janet ci ha mandato, e potremmo giocare a Risiko o al Mercante in Fiera”), potrebbe almeno andarsene sentendosi grato per il barlume di gelosia, per aver provato qualcosa alla fine di un dicembre vuoto e inutile.
Lo scenario più probabile, tuttavia, è che nessuno dei due interlocutori facciano in realtà qualcosa, il che è un sollievo ma che, forse, nasconde anche una corrente di risentimento reciproco, perché in questo scambio nessuno dei due ha offerto all’altro qualcosa a cui aspirare. Quest’anno non ci incontreremo per chiederci cosa stiamo facendo a Capodanno e, in ogni caso, se ci incontrassimo probabilmente avremmo poco da riferire.
Secondo l’autrice, è il momento di sbarazzarci per sempre del Capodanno. E per sostenere questa opinione racconta: “Quattro o cinque capodanno fa, io e il mio ragazzo abbiamo litigato su cosa avremmo dovuto fare. Andare a una grande festa, andare a una piccola, non fare niete. Non era una discussione accesa; era solo svogliato e meschino. Siamo andati a letto alle 21:00, pensando entrambi che sarebbe stato il momento di separarci. Lo ricordo così bene solo perché è stato probabilmente il miglior capodanno che abbia mai avuto”.
Chi non ha mai vagato a capodanno – in metropolitana, in macchina, a piedi – solo alla ricerca dello scopo del capodanno? A ventidue o trentaquattro o quarantacinque anni, ogni capodanno si vagabonda con la stessa brutta sensazione di “Perché non sono a casa a fare niente?”. Ma poi di nuovo, quando si torna a casa senza fare nulla, la casa vuota e tranquilla ti urlerebbe che la vita non ha senso. Sentirsi male a Capodanno è una sensazione importante. Perché sai che un capodanno di merda non è un referendum sulla tua vita.
Alla fine, i proverbi e le idee radicate della bruttezza del Capodanno hanno radici molto più lontane del 2020. La chiamano “la notte dei dilettanti”, o si dice che bisogna “restare a casa per evitare i pazzi”. O che bisogna sbarazzarsi di tutte le cose vecchie. E per “tutto” si intende anche le coccole-sul-tappeto-orso/ il facciamo-sesso insolito, le serate di gioco, le litigate su Twitter senza senso.
Ovviamente, non possiamo impedire alla Terra di impiegare trecentosessantacinque giorni per girare intorno al sole. Ma cosa succederebbe se il nostro riconoscimento di ogni nuovo anno fosse meramente clericale, come la maggior parte degli altri giorni? Ecco, prendiamo questo 2020 di pandemia e di difficoltà e cominciamo a vivere, senza domandarci spasmodicamente come festeggiare.
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