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Così Lampedusa sarà ricordata nei libri di storia grazie a Giusi Nicolini

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La sindaca di Lampedusa non è stata rieletta, ma la sua opera rimarrà nella memoria come l'eccezione all'indifferenza di fronte alla strage dei migranti in Europa

“Sono indignata dall’assuefazione che sembra avere contagiato tutti, sono scandalizzata dal silenzio dell’Europa  che ha appena ricevuto il Nobel della Pace e che tace di fronte ad una strage che ha i numeri di una vera e propria guerra.

Sono sempre più convinta che la politica europea sull’immigrazione consideri questo tributo di vite umane un modo per calmierare i flussi, se non un deterrente.  Ma se per queste persone il viaggio sui barconi è tuttora l’unica possibilità di sperare, io credo che la loro morte in mare debba essere per l’Europa motivo di vergogna e disonore”. (Giusi Nicolini, ex sindaca di Lampedusa e Linosa, novembre 2012)

In questa tristissima pagina di storia che stiamo tutti scrivendo, queste parole di Giusi Nicolini varranno come l’eccezione al silenzio, all’indifferenza di fronte alla strage dei migranti nell’Europa dei primi anni del Ventunesimo secolo.

Saranno presentate come l’espressione di una voce esemplare, da proporre alle nuove generazioni perché imparino, alla stregua di quanto oggi avviene con i “giusti delle nazioni”, quando si studia e si ricorda il genocidio degli ebrei europei durante la Seconda guerra mondiale.

Giusi Nicolini è nostra contemporanea e il presente ha democraticamente inferto un colpo alla sua opera di civiltà. Domenica 11 giugno questa donna, così attenta alla vita degli ultimi, non è stata rieletta sindaca dai suoi concittadini di Lampedusa.

Negli ultimi anni, da un profondissimo Sud Italia, da un’isola al centro del Mediterraneo, Nicolini ha impartito una lezione di umanità a un intero continente, puntando il faro sulle coscienze dei politici europei.

Mentre gli Stati, nella loro imponenza, si muovevano a varare decreti di espulsione, di sequestro dei beni dei profughi, ad alzare recinzioni metalliche e a costruire muri ai propri confini, una piccola isola ha agito controcorrente, trasformandosi simbolicamente in una ambasciata dell’Europa, con una responsabilità ardua e importante, perché posizionata su quella che è diventata la principale rotta della disperazione e della speranza.

Tenendo fermo lo sguardo laddove pochi politici hanno osato posarlo in questi anni, Nicolini ha raccolto nella sua voce quella degli sventurati, offrendole dignità e risonanza. Ha visto i corpi di uomini, donne, bambini portati a riva e i volti sofferenti di chi si è salvato, e non ha voluto rendersi complice di questo tracollo umanitario ed etico, resistendo attraverso l’azione politica. In prima linea, pienamente consapevole della realtà, ha chiesto più sostegno da parte delle istituzioni nel fronteggiare l’emergenza e nell’organizzarla.

Lampedusa è diventata un passaggio obbligato, non più ignorabile, per i potenti che fino ad allora avevano voltato la testa. Nicolini è stata sempre lì ad aspettarli. A chi l’ha accusata di “volere più migranti” si potrebbe rispondere che non è certamente da un sindaco che dipende il numero degli sbarchi, mentre è una realtà che attraverso l’organizzazione dell’accoglienza, anche i turisti sono tornati nell’isola.

Da “porta di servizio” dell’Europa, mentre intorno imperversava l’indifferenza, Lampedusa è diventata in questi anni un luogo di pratica esemplare sia della salvezza che della solidarietà umana. Come poteva esserlo, in circostanze ancora più fosche e coercitive, la Danimarca degli anni Quaranta, quando migliaia di ebrei svedesi furono salvati attraverso un ponte di barche.

Quando scrisse il suo La banalità del male, Hannah Arendt sottolineò come sul comportamento dei danesi e sulla loro difesa dei profughi dovessero essere tenute lezioni obbligatorie in tutti i corsi di scienza politica, come modello di resistenza e di esercizio dei diritti e  doveri di cittadinanza.

Nella strage dei migranti, non esiste nell’intero continente un luogo che negli ultimi anni si sia dato una rotta così esplicitamente chiara, un orientamento etico così elevato e costante nei confronti di un’umanità gravata da sofferenze estreme. Se ce l’ha fatta una piccola isola ad accogliere più di 300mila persone, ce la può fare l’Europa intera ad essere più ospitale, ha sottolineato Nicolini in un suo discorso.

Eppure, nonostante l’immenso valore della sua opera di civiltà, domenica scorsa la sindaca non è stata rieletta al governo di Lampedusa e Linosa. La realtà è stata piegata all’ordinarietà degli interessi particolari, la prospettiva accorciata alla visione del proprio io.

Ha vinto Totò Martello, già sindaco delle isole Pelagie diversi anni fa. Se Nicolini ha tenuto alto lo sguardo, appellandosi all’umanità, alla dignità e alla bellezza, al rispetto per gli esseri umani e per le comunità, ribadendo la volontà di non scendere a compromessi con il ricatto e gli interessi personali, Martello ha rimarcato nei suoi comizi i principi di territorialità e campanilismo, promettendo che nel centro di accoglienza dovranno lavorare i lampedusani e non “chi viene da fuori”.

È un’aperta contraddizione, l’espressione del calcolo sulla pelle degli esseri umani, la manifestazione di un’inquietante ambiguità e dissonanza cognitiva.

Tuttavia l’esempio è stato dato. In questo tempo in cui alcuni partiti e movimenti politici cercano di recuperare consensi attraverso la caccia al migrante, attaccando le categorie più deboli e indifese che non hanno voce per rispondere a chi sparge odio e intolleranza, dobbiamo tenere a mente cosa è stata Lampedusa in questi anni e quali sono le radici e le manifestazioni della civiltà.

Al di là di quello che sarà d’ora innanzi, come ha sottolineato Nicolini, tutti hanno saputo in quale modo proprio quest’isola, nonostante il carico dei dispersi e delle salme portate a riva, “con i suoi abitanti, con le forze preposte al soccorso e all’accoglienza”, sia riuscita coraggiosamente a ridare dignità di esseri umani a centinaia di migliaia di persone mentre il resto dell’Europa, con poche e sporadiche eccezioni, disperdeva il proprio tempo e il proprio valore, dimenandosi impaurita di fronte alla richiesta d’aiuto.

* Articolo di Fiorenza Loiacono

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