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Rete elettrica & Biodiversità

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Alla base dei sostegni dell’alta tensione vengono piantumate specie autoctone e installate strutture al servizio della fauna locale. Sugli elettrodotti sono montati dissuasori per rendere più sicuro il volo degli uccelli. Ecco come la rete nazionale dell’energia elettrica si armonizza con la natura

La transizione ecologica impone un rinnovamento non solo per le fonti di approvvigionamento dell’energia, con il necessario passaggio dai fossili alle rinnovabili, ma anche per le infrastrutture lungo le quali la stessa energia corre. I tralicci dell’alta tensione di Terna, ad esempio, si armonizza sempre di più con l’ecosistema circostante. La società proprietaria della rete nazionale di trasmissione dell’energia elettrica ha infatti avviato un articolato piano di interventi allo scopo di aumentare le biodiversità nelle zone in cui sorgono i propri elettrodotti. Che in questo modo diventano anche strumenti virtuosi dal punto di vista ambientale, stimolando la natura a prendersi i propri spazi. 

Biodotti
Uno dei progetti più originali in tal senso è quello dei “Biodotti”. Si tratta di opere di “rinaturazione” effettuate alla base dei sostegni di Terna (su una superficie di circa 20 metri per 20) che permettono di potenziare i microhabitat presenti. In questo modo le linee elettriche si trasformano in una sorta di trampolini ecologici (“stepping stones”) che facilitano lo spostamento della fauna selvatica tra aree protette. 

In Italia, il Gruppo guidato dall’amministratore delegato e direttore generale Giuseppina Di Foggia, ha effettuato finora tre interventi di questo tipo – uno al Nord, uno al Centro e uno al Sud Italia – che coinvolgono cinque linee elettriche aeree, per un totale di diciannove tralicci. 

In particolare, alla base dell’infrastruttura elettrica gli habitat naturali vengono migliorati attraverso la piantumazione di specie autoctone e l’installazione di strutture apposite per la fauna selvatica, come cassette-nido, “batbox” e “bug hotel”, cosicché la stessa fauna selvatica locale (compresi gli impollinatori) può trovare cibo, riparo, e riposarsi prima di muoversi in modo sicuro tra habitat frammentati. Infine – last but not least – non va sottovalutato l’aspetto del miglioramento dell’estetica dei tralicci realizzato, appunto, grazie a queste azioni di ingegneria ambientale. 

Con gli ambientalisti
Terna collabora anche con le associazioni ambientaliste, con l’obiettivo di realizzare la migliore interazione possibile tra elettrodotti e natura. Nelle Saline di Trapani, ad esempio, il gestore della rete elettrica nazionale ha installato dei dissuasori sui propri elettrodotti, allo scopo di favorire un’area di volo più sicura per le numerose specie protette di uccelli che vivono nella zona. 

In alcune regioni italiane, inoltre, Terna ha promosso interventi di riforestazione allo scopo di ridurre il rischio idrogeologico e di aumentare la biodiversità. 

Comunità vegetali
Il Gruppo coopera anche con Società Botanica Italiana, con cui ha dato vita a tre “Tiny Forest”, ovvero tre comunità vegetali – piccole ma molto efficienti – che riproducono associazioni forestali naturali secondo il metodo del botanico giapponese Akira Miyawaki. 

Questi micro-boschi – che si sviluppano su una superficie di circa 200 metri quadri e ospitano 400 piantine – si trovano a Roma e Caserta. Il team di botanici ha studiato le comunità vegetali locali e identificato le specie maggiormente idonee alla piantumazione: in totale sono state utilizzate sette specie arboree e undici specie arbustive, per un totale di diciotto, in linea con le caratteristiche dei territori e della Regione Bioclimatica Mediterranea. 

I risultati della sperimentazione serviranno a definire delle linee guida per l’identificazione delle migliori specie e delle migliori associazioni vegetali. Ma le “Tiny Forest” saranno utili anche a mitigare l’impatto della crisi climatica e, contemporaneamente, a studiare l’impatto di questo sistema di forestazione sulla riduzione degli inquinamenti. 

Quello lanciato da Terna e Società Botanica è il primo progetto italiano inserito nella lista delle “Tiny Forest”: il metodo Miyawaki prevede delle regole molto stringenti per aumentare la velocità di crescita delle foreste, lo sviluppo della biodiversità e la capacità di assorbimento dell’anidride carbonica. Si tratta di un tipo di forestazione ancora poco conosciuto in Italia, mentre nel Regno Unito sono almeno centocinquanta i micro-boschi di questo tipo e l’Olanda ha già superato i cento impianti.

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