I danni degli pneumatici all’ecosistema
Una nuova tecnologia rileva le microplastiche che vengono generate dall’abrasione degli pneumatici durante i processi di accelerazione e frenata
L’abrasione degli pneumatici durante la circolazione dei mezzi di trasporto provoca il rilascio di microparticelle inquinanti nell’ambiente, un fenomeno in forte crescita su scala globale. Le particelle si accumulano ai bordi delle strade per poi defluire nei corsi d’acqua, inquinando l’ecosistema idrico e causando preoccupazioni per la salute degli ecosistemi interessati. A causa degli attuali gap metodologici nelle tecniche di analisi, le microplastiche più piccole di 5 µm (micrometri) rimangono in gran parte non quantificate.
In un nuovo studio dell’Istituto per i processi chimico-fisici (Cnr-Ipcf) in collaborazione con il Soft-Matter Lab dell’Università di Göteborg e l’Institut des Molécules et Matériaux dell’Università di Le Mans, i ricercatori hanno combinato, per la prima volta, una strategia non-convenzionale per intrappolamento ottico di particelle fortemente assorbenti (2D Trapping) con l’analisi Raman (Raman Tweezers), per rivelare e identificare la natura chimica del particolato nel range tra 500 nm (nanometri) e 5 µm (micrometri) prelevato nel lavaggio di una piattaforma per la revisione degli autoveicoli. La ricerca è stata pubblicata su Environmental Science: Nano.
“Sfruttando le forze ottiche generate da fasci laser fortemente focalizzati, possiamo intrappolare particelle micro- e sub-micrometriche direttamente nel liquido. A seconda dei materiali, possiamo confinare le particelle nello spot del laser, oppure spingerle contro le pareti di una cella micro-fluidica. Una volta immobilizzate, possiamo poi analizzarne la natura chimica una alla volta”, spiega Pietro Gucciardi del Cnr-Ipcf e coordinatore dello studio.
Le ricerche mostrano come sia possibile utilizzare la combinazione di pinzette ottiche e spettroscopia Raman per caratterizzare le microparticelle rilasciate a seguito dei processi di abrasione degli pneumatici e delle pastiglie dei freni durante le brusche accelerazioni o le frenate che si verificano, ad esempio, durante i test di revisione delle nostre autovetture. “I risultati dello studio potrebbero essere utilizzati per sviluppare pneumatici o sistemi di frenaggio a minore impatto ambientale”, afferma Giovanni Volpe di Uni-Göteborg.
Le possibili applicazioni future sono molteplici. “Una sfida avvincente dal punto di vista tecnologico sarà quella di sviluppare nel prossimo futuro apparati di Raman Tweezers per l’analisi di campioni a bassa densità di particelle”, conclude Gucciardi. “Questo aprirebbe le porte, oltre che alle applicazioni nell’analisi ambientale, anche allo studio della contaminazione da nanoplastiche nei cibi, ed ai suoi effetti sulla salute dell’uomo, tema che la European Food Safety Authority ha identificato come una come una delle sfide più importanti dei prossimi anni”.