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Guida Bardi
Home » Ambiente

In Italia non esiste una sinistra ambientalista: così la politica dimentica il dramma ecologico

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Sembra che in Italia il tema dell’ambiente interessi veramente poco. Considerato irrilevante è trattato marginalmente nelle agende politiche. E non ci si riferisce ai programmi di governo, agli obiettivi strategici dell’UE, alle enunciazioni del Presidente del Consiglio di turno. E’ il dibattito pubblico ad essere carente: le formazioni collettive preposte a candidarsi a governare il paese e i partiti italiani non fanno propri i temi dei movimenti internazionali che dal basso reclamano non solo un’attenzione ma un impegno convinto e imprescindibile dei governanti sul tema.

Occuparsi di ambiente sembra invece essere materia scontata e logora, poco interessante per i cittadini, a differenza di altre materie – seppur importantissime – come l’immigrazione e i diritti civili. Perché nel dibattito politico non esiste la stessa attenzione sulle questioni ambientali? Partiti come i Verdi o le nuove formazioni che si vanno creando su questo tema non hanno alcuna incidenza sulle agende e in termini di riscontro sono anni luce lontani dai cugini di altri Paesi europei.

Il partito dei Verdi da noi è probabilmente vittima di un’anomalia tutta italiana basata su equivoci o associazioni mentali legati alla storia politica di alcuni decenni fa. Il Partito Socialista, per esempio. In Italia parlare oggi di socialismo vuol dire pensare a Bettino Craxi e agli ’80, alla Milano da bere. Nessuna connessione invece con il socialismo quale valore umano e dottrina sociologica e politica. Sono i grandi equivoci diffusi nell’opinione pubblica e che tendono ad associare i leader e le relative esperienze politiche di anni particolari del nostro Paese, perdendo di vista valori, principi, dottrine politiche alla base di alcuni movimenti e partiti politici.

E così anche i Verdi sono caduti nello stesso equivoco. Si è generata un’idea di partitino accessorio che tratta temi da colazioni radical-chic più o meno di centro sinistra, spesso associato a Pecoraro Scanio e in qualche modo lontano dalle urgenze ambientali che ne legittimerebbero l’esistenza. Si sono invece dimenticate figure storiche dell’ambientalismo italiano, come Alexander Langer, compianto vero politico e attivista ambientalista degno di nota nel panorama internazionale, e Danilo Dolci, più conosciuto come attivista antimafia e nonviolento, ma precursore della giustizia ambientale in Italia.

Da un certo punto della nostra storia l’ambientalismo è sparito dai radar delle formazioni politiche e per decenni non si è più parlato dell’esigenza di avere un partito degno di rappresentare la difesa dell’ambiente in un Paese fragile con l’Italia. Fu Sinistra ecologia e libertà a ridare dignità a questo termine, mettendo l’ecologia al centro dei suoi obiettivi. Fu poi il primo M5S a portare istanze anche radicali di cambiamento su questo tema.

Anche grazie a Gomorra di Roberto Saviano in quegli anni si parlò molto dei disastri ambientali della terra dei fuochi e per circa un quinquennio è sembrato che l’agenda ambientale potesse tornare al centro del dibattito politico. Poi si è ricaduti in questa specie di oblio del consenso e la difesa dell’ambiente è nuovamente tornata nei sussurri flebili dei programmi, nei ritagli dei comizi e degli articoli sui giornali. A di là delle parole di Conte e di Draghi sulla Next Generation UE, la lotta sull’ambiente si è attesta in maniera sporadica sui singoli nomi: pensiamo a Elly Schlein e al bel lavoro di Rossellla Murroni, ad alcune enunciazioni del sindaco di Milano Sala.

Per il resto poco altro emerge, come se l’ambiente possa essere ormai materia da attestare a singole personalità. Questo è ancora più grave se si pensa che il mondo della ricerca è invece quasi esclusivamente orientato verso i temi ambientali che permeano ogni programma di finanziamento della stessa e i cui impatti ovviamente riguardano il territorio e quindi la governance. È una grave mancanza anche per il Partito Democratico non riuscire a rappresentare le istanze ambientaliste del pianeta e del paese, un enorme errore per la sinistra che non si fa portavoce dei movimenti dal basso che invece hanno una potenza mediatica e un riverbero mondiale che andrebbe incanalato e tradotto in scelte politiche.

Oggi è la giornata mondiale dell’ambiente ed è sotto gli occhi di tutti quanto sia importante riportare la parola ecologia e temi quali il rispetto degli ecosistemi, la rigenerazione e l’ecologia urbana, la sostenibilità e la circolarità dei modelli produttivi nella futura agenda politica del pianeta. La sinistra deve sposare la lotta ambientalista come prioritaria, come lotta di sistema. Va intesa la difesa della pianeta su un assunto che sta alla base identitaria della sinistra stessa e che riguarda il contrasto sui metodi di produzione e distribuzione dell’economia predatoria del liberismo incontrollato. La giustizia ambientale, appunto.

Le forze socialdemocratiche e progressiste devono rivendicare con forza l’egemonia nel contrasto a tutte le forme di abuso nei metodi di produzione distruttivi dell’ambiente e delle comunità. Viviamo in un mondo in cui la grande distribuzione getta al macero una gran parte delle merci che vengono prodotte, dove i protocolli di produzione vengono rispettati sporadicamente e dove il limite tra controllati e controllori è eluso dalle lobbies spesso conniventi con la politica stessa.

Pensiamo agli allevamenti intensivi senza scrupoli né etica, alle coltivazioni che sterminano interi ecosistemi in molte parti del pianeta, deforestando e generando deserto e colpendo le popolazioni residenti. Più volte abbiamo assistito disarmati ai grandi crimini perpetrati sull’ambiente dalle multinazionali e dai governi conniventi, pensiamo ai grandi incendi e al negazionismo sui disastri ambientali. Ancora oggi siamo semplicemente attori e spettatori riguardo al grandissimo consumo di suolo che si verifica nella maggior parte del pianeta, allo scempio di Dubai con intere città e isole-albergo costruite dal nulla per il solo edonismo umano.

La sinistra dovrebbe riappropriarsi di questi temi, dovrebbe essere capace non solo di identificare il problema ambientale, ma anche proporsi come chiave interpretativa per la risoluzione dello stesso, facendosi portavoce dell’esigenza pressante di partecipazione dal basso e dando vita a un lavoro di comunità che traduca i bisogni sociali individuali in azioni partecipate nell’interesse del bene comune, consapevoli che le politiche possono incidere nella risoluzione dei conflitti ambientali legati alla gestione delle preziose risorse del nostro pianeta.

Leggi anche: “La causa del secolo”: 203 associazioni portano lo Stato Italiano in tribunale per “inazione climatica”

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