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Home » Ambiente

Cina, lattine e polveri rosse: come l’estrazione di bauxite sta cambiando la Guinea

Immagine di copertina
Una miniera di bauxite a Mubadala, in Guinea. (Credit: George Gobet)

La bauxite è il principale minerale attraverso cui si produce l’alluminio, un materiale utilizzato in moltissime produzioni, dai fogli per conservare gli alimenti alle automobili fino agli aerei ed è fondamentale per l’economia della Cina. Le maggiori riserve mondiali di questo minerale si trovano in un piccolo paese dell'Africa occidentale, la Guinea:

Ogni volta che beviamo una lattina di birra, apriamo una finestra o conserviamo degli alimenti in frigorifero usiamo materiale contenuto nella bauxite, il principale minerale attraverso cui si produce l’alluminio. Le maggiori riserve mondiali stimate di questo minerale si trovano in un piccolo paese dell’Africa occidentale, la Guinea, la cui industria estrattiva sta avendo effetti sia sulla società che sull’ambiente di questa nazione.

Il commercio internazionale di bauxite è inoltre un segmento fondamentale degli scambi globali, per il ruolo giocato sia dagli Stati Uniti che dalla Cina. Secondo lo United States Geological Survey (USGS), nel 2017 la Guinea è stato il terzo produttore mondiale di questo minerale dopo Australia e Cina, con ben 45mila tonnellate di prodotto estratte. Nello stesso anno, gli Stati Uniti hanno importato circa 4,3 milioni di tonnellate di bauxite, mentre la Cina ne ha importate 68,55 milioni, in aumento del 32,55 per cento rispetto all’anno precedente.

Secondo il quotidiano britannico Financial Times, la Guinea possiede le maggiori riserve mondiali di bauxite, con il 27 per cento del totale e 7.400 milioni di tonnellate stimate, tuttavia il paese africano non è terreno di competizione per Washington e Pechino. Nonostante infatti tra il 2013 e il 2016, il 21 per cento della bauxite importata dagli Stati Uniti provenisse dalla Guinea, Washington non ha più acquistato questo minerale dal paese africano, preferendogli paesi come Giamaica e Brasile. Conakry non è infatti un importante partner commerciale per gli Stati Uniti, mentre è un alleato fondamentale per Pechino.

Negli ultimi cinque anni infatti, la Guinea è emersa come la principale fonte di importazione di bauxite per la Cina, che è passata dall’importarne 800mila tonnellate nel 2013, appena l’1 per cento delle importazioni cinesi di questo minerale di quell’anno, alle 28 milioni di tonnellate del 2017, il 40 per cento di tutta la bauxite importata da Pechino lo scorso anno.

Bauxite: cos’è, dove si produce, a cosa serve

La bauxite è il minerale primario per la produzione di allumina, che a sua volta è il componente di base per produrre alluminio. Prende il nome dalla città di Les Beaux, situata nel sud della Francia, dove il chimico, mineralogista e geologo francese Pierre Berthier la riconobbe per la prima volta nel 1821.

Questo minerale è diffuso in tutto il mondo, in particolare nelle aree tropicali. Le riserve mondiali stimate di bauxite ammontano a 29 miliardi di tonnellate, con Guinea, Australia, Brasile, Vietnam e Giamaica che ne detengono oltre il 70 per cento.

Come detto, la bauxite è il principale minerale presente in natura a contenere alluminio. Nonostante sia uno dei più abbondanti sulla crosta terrestre, questo metallo risulta però molto raro in forma pura. La sua produzione necessita infatti di un ciclo industriale, il cui primo processo risale a oltre 200 anni fa.

Per ottenere l’allumina, la bauxite può essere trattata attraverso il cosiddetto processo Bayer, che permette di ottenerla trattando il minerale con idrossido di sodio concentrato a caldo. Il processo industriale per produrre alluminio dalla bauxite è invece quello di Hall-Héroult, che usa una serie di reazioni chimiche ed elettriche. Questo procedimento industriale richiede 1,89 tonnellate di allumina per produrre una tonnellata di alluminio.

Insieme alla plastica e all’acciaio, questo metallo è ormai uno dei materiali più usati nell’industria moderna. L’alluminio è utilizzato dall’industria aeronautica in leghe composite con altri materiali grazie alla sua elevata resistenza e leggerezza. Ad esempio, in un Boeing B757 il 78 per cento dei materiali usati per la sua costruzione è costituito da alluminio o da leghe contenenti questo metallo. L’alluminio è usato poi anche per la realizzazione delle carrozze ferroviarie. Le pareti e i soffitti del treno Frecciarossa di Trenitalia sono infatti composte da questo metallo. A partire dagli anni Sessanta poi, le leghe di alluminio sono state usate dagli architetti come un sostitutivo del legno, ad esempio nella realizzazione di infissi. Questo metallo è poi utilizzato anche nell’industria automobilistica, negli accessori da cucina, nella costruzione di tubazioni e nei telai delle biciclette.

Il grande uso di questo metallo ne ha determinato la crescita dei prezzi sui mercati internazionali. La scorsa settimana, l’alluminio ha raggiunto il suo massimo da quattro mesi al London Metal Exchange (LME), dove giovedì 29 novembre era scambiato a 2.267 dollari per tonnellata prima di scendere a 2.143,50 dollari, in rialzo del 4,26 per cento rispetto ai 2.056 dollari per tonnellata della settimana precedente.

Le riserve della Guinea e la situazione del paese africano

Nonostante possieda le maggiori riserve mondiali di bauxite, la Guinea è uno dei paesi più poveri del mondo, con un Prodotto interno lordo di soli 6,6 miliardi di dollari. Secondo il dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, il “sottosviluppo” del paese africano ne “ha limitato l’esposizione al commercio internazionale”. Tuttavia, “nonostante la persistente corruzione e la cattiva gestione delle finanze pubbliche”, le previsioni economiche a lungo termine restano “promettenti”, grazie alla presenza di “importanti risorse naturali, opportunità energetiche, terra coltivabile e abbondanti e affidabili precipitazioni”.

L’industria estrattiva è il principale motore economico del paese africano, in particolare quella di bauxite. Questo è il settore minerario più attivo in Guinea, rappresentando oltre la metà delle esportazioni attuali del paese africano. Conakry possiede inoltre più di quattro miliardi di tonnellate di riserve di minerale di ferro, oltre a importanti giacimenti di oro e diamanti, riserve di uranio e potenziali giacimenti petroliferi off-shore. Nel 2016, le risorse minerarie, principalmente oro e bauxite, rappresentavano l’85% delle esportazioni della Guinea.

Nella foto: le risorse minerarie della Guinea per area geografica (mappa del ministero delle Miniere della Guinea)

La maggior parte della bauxite del paese viene esportata attraverso il porto di Kamsar dalla Compagnie des Bauxites de Guinee (CBG), una joint venture di proprietà del governo guineano, della multinazionale statunitense Alcoa e dell’anglo-australiana Rio Tinto, o dal consorzio Societe Miniere de Boke (SMB), formato dalla guineana UMS International, dalla società di Singapore Winning International Group e dal maggiore produttore mondiale di alluminio, il gruppo China Hongqiao. Ad aprile, il governo del paese africano ha approvato l’assegnazione di un contratto minerario da 1,4 miliardi di dollari alla SMB, che a fine novembre ha firmato una serie di accordi con Conakry per investire 3 miliardi di dollari per realizzare una ferrovia, una raffineria di allumina e sviluppare nuove aree minerarie nel paese.

Secondo la Banca mondiale, nel 2017 la Guinea ha registrato una crescita dell’8,2 per cento, in calo rispetto al 10,5 per cento dell’anno precedente. Il principale motore dell’attività economica del paese è costituito dal settore minerario, da quello edilizio e dall’agricoltura.

Tuttavia, gli squilibri fiscali della Guinea si sono significativamente deteriorati nel 2017, con un disavanzo pubblico salito al 2,1 per cento del Prodotto interno lordo rispetto allo 0,1 per cento dell’anno precedente. Secondo il Fondo monetario internazionale, l’anno scorso il debito del paese africano è sceso al 19,6 per cento del Pil dal 21 per cento del 2016. Il 54 per cento di questo debito è stato contratto con governi e organismi pubblici di altri paesi, mentre il 42 per cento vede come creditori altri operatori economici come la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale, la Banca africana per lo sviluppo (AfDB) e l’Unione europea.

Secondo l’analisi della sostenibilità del debito del Fondo monetario internazionale, gli investimenti diretti esteri nel paese africano sono in diminuzione dal 18,3 per cento del Pil del 2016 al 12,7 per cento dello scorso anno e si riprenderanno lievemente fino al 13,5 per cento nel 2018. Tra il 2014 e il 2015, la maggior parte delle compagnie internazionali sono fuggite dal paese a causa dell’epidemia di ebola e delle sue conseguenze tuttora evidenti sulla Guinea.

Nel 2017, il paese africano ha attirato 577 milioni di dollari di investimenti diretti esteri, quasi un terzo degli 1,6 miliardi di dollari registrati l’anno precedente. Gli investimenti nel paese dipendono fortemente dal settore minerario della bauxite. Quest’anno, il governo di Conakry ha accettato un investimento cinese da 2,89 miliardi di dollari. Il Fondo monetario internazionale ha recentemente lanciato l’allarme sulla trappola del debito che possono nascondere alcuni investimenti cinesi in Africa.

Il paese è il primo esportatore di bauxite in Cina e da quando il presidente Alpha Condé è salito al potere nel 2010, diverse compagnie cinesi hanno ottenuto licenze minerarie per estrarre bauxite. Si tratta di importanti aziende, come Henan China, attualmente impegnata nella fase di esplorazione e sviluppo di diversi giacimenti di questo minerale in Guinea. La maggior parte delle licenze risulta però ancora gestita dalla Guinea Aluminium Corporation (GAC), di proprietà statale.

Nella foto: le concessioni di bauxite in Guinea (mappa del ministero delle Miniere della Guinea)

Negli anni, Pechino ha ottenuto diversi accordi con altri paesi africani, come Angola, Nigeria e Ghana, per scambiare minerali in cambio della realizzazione di progetti infrastrutturali. A luglio, anche gli Stati Uniti hanno lanciato un avvertimento alle nazioni africane sul rischio di essere gravate da debiti difficilmente rimborsabili attraverso progetti infrastrutturali su larga scala che non sono economicamente sostenibili, come quelli proposti dall’iniziativa cinese “One Belt One Road” voluta dal presidente Xi Jinping, in cui Pechino ha già impegnato 126 miliardi di dollari e che secondo Washington nasconde un tentativo di egemonia globale. La Cina mira a costruire una rete di infrastrutture che colleghino il paese via terra e via mare con il Sud-est asiatico, l’Asia centrale, il Medio Oriente, l’Europa e l’Africa. Per questo, a settembre, nell’ambito del Forum 2018 sulla cooperazione Cina-Africa, il presidente cinese ha annunciato 60 miliardi di dollari di investimenti per il continente.

Effetti dell’industria estrattiva di bauxite su ambiente, politica e società

Quando negli ultimi anni Indonesia e Malesia hanno proibito l’estrazione della bauxite, il governo della Guinea ha visto di fronte a sé un’opportunità di guadagno, e per questo ha invitato le compagnie minerarie internazionali a investire nel paese, rendendo Conakry il terzo fornitore mondiale di bauxite nel 2017.

Tuttavia, una volta estratto, il minerale deve essere trasportato dalla campagna attraverso tutto il paese, che manca di infrastrutture efficienti, verso i principali porti sulla costa.  Questo ha portato a un miglioramento degli investimenti nei trasporti e nelle infrastrutture, ma anche effetti negativi su altri settori.

L’estrazione di questo minerale, che si trova appena sotto il terriccio, richiede infatti lo spostamento di enormi quantità di terreno argilloso, le cui particelle finiscono nell’aria, nell’acqua e nelle terre vicine, coprendo i pascoli degli animali. Di solito, una volta scoperto, il minerale viene fatto esplodere con la dinamite per essere poi trasportato verso il mare.

A ottobre, un rapporto dell’organizzazione umanitaria Human Rights Watch ha denunciato l’impatto negativo sull’ambiente e sulla salute degli abitanti della Guinea della “rapida crescita” dello sfruttamento della bauxite. Basato su oltre 300 interviste, comprese alcune a residenti dell’area mineraria di Boké, nell’ovest del paese, a funzionari e dirigenti di compagnie minerarie ed esperti medici e ambientali, il rapporto spiega come le compagnie minerarie stiano beneficiando della mancanza di protezione dei diritti delle terre da parte del governo per sfruttare le miniere senza fornire alle comunità locali le necessarie compensazioni. 

Le autorità stesse riconoscono che le società minerarie non rispettano sempre le misure ambientali e sociali. “Ma non è facile chiudere di colpo queste aziende”, ha detto il segretario generale del ministero dell’Ambiente di Conakry, Barry Seydou Sidibé, che sottolinea la “necessità di posti di lavoro” per i giovani. Human Rights Watch ha citato in particolare il caso del villaggio di Mabinty, situato nella regione di Boké, a circa 250 chilometri dalla capitale Conakry. Come molti villaggi della zona anche questo è ricoperto da uno strato di polvere rossa. Una volta una sorgente forniva l’acqua alla zona, ma si è riempita di fango denso e i flussi si sono prosciugati. I colori del paesaggio, da verde e marrone, sono adesso diventati color ruggine.

Questa industria ha anche effetti sociali sul paese africano, dove la popolazione deve combattere con la corruzione diffusa e le crescenti disuguaglianze. A novembre, Publish What You Pay, una coalizione globale di associazioni della società civile attiva in oltre quaranta paesi per un’estrazione responsabile delle risorse energetiche e minerarie, ha denunciato un’applicazione “parziale” del nuovo codice per il settore nei confronti delle principali compagnie minerarie internazionali.

A cinque anni dall’approvazione di questa nuova normativa che regola il settore minerario in Guinea, questa è stata “applicata solo parzialmente alle grandi compagnie minerarie”. Il rapporto, basato su un’indagine durata tre anni e condotta da otto organizzazioni civili in quattro diverse regioni della Guinea, rivela che questo ha impedito alle comunità locali di ottenere i giusti proventi dall’attività mineraria in corso nel paese. La coalizione ha chiesto così al governo di Conakry di riaprire i negoziati con le compagnie coinvolte per “allineare i loro obblighi con l’attuale codice minerario”.

Secondo Human Rights Watch, l’anno scorso, la Cina e la Guinea hanno concordato un accordo per inviare in Asia 20 miliardi di dollari di bauxite nei prossimi due decenni. Questo potrebbe peggiorare la situazione della Guinea dal punto vista ambientale e sociale, in un paese in cui secondo la Banca mondiale l’agricoltura resta la principale fonte di occupazione e un fattore “fondamentale per la riduzione della povertà e per lo sviluppo”. Il settore fornisce infatti il 57 per cento del reddito delle famiglie della Guinea e occupazione per il 52 per cento della sua forza lavoro.

Le associazioni locali e internazionali denunciano che la situazione potrebbe deteriorarsi e portare a proteste e violenze, se non verranno presi provvedimenti per bilanciare i profitti delle compagnie minerarie con lo sviluppo sostenibile delle comunità rurali.

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