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Home » Ambiente

Rossella Muroni (Leu) a TPI: “L’Italia è in emergenza climatica e il governo non sta facendo nulla”

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Rossella Muroni (Leu), durante un dibattito pubblico presso la Residenza Ripetta, Roma, 15 febbraio 2018. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

"I giornali contro Greta Thunberg? C'è poco da fare ironia e negazionismo", parla la deputata ambientalista ed ex presidente di Legambiente

Emergenza clima Rossella Muroni | “Bisognerebbe fare un corso pratico di climatologia. Finché continuiamo a confondere il meteo con il clima non andiamo lontano”. Rossella Muroni, deputata di Leu ed ex presidente nazionale di Legambiente, risponde con queste parole ai quotidiani che oggi ironizzano sul maltempo di degli ultimi giorni, polemizzando con l’attivista svedese Greta Thunberg.

“Riscaldamento del pianeta? Ma se fa freddo”, si legge sulla prima pagina di Libero. “Anche il tempo si è rotto di Greta”, è invece l’apertura de Il Tempo.

“Dobbiamo uscire dalla fase negazionista, che noi ambientalisti abbiamo conosciuto per almeno vent’anni”, dice Muroni a TPI in un’intervista telefonica. “Adesso le evidenze scientifiche e, soprattutto, la quotidianità dimostrano che il cambiamento climatico esiste e che sta diventando emergenza. Per questo ho deciso, sull’esempio di quanto fatto dalla Camera dei Comuni britannica, di presentare una mozione per dichiarare l’emergenza climatica anche in Italia”.

Secondo i dati di Legambiente,  il 2018 è stato l’anno più caldo per l’Italia dal 1800. Solo lo scorso anno sono state 32 le vittime in 148 eventi estremi che si sono succeduti lungo tutta la penisola; 66 sono i casi di allagamenti da piogge intense; 41 casi, invece, di danni da trombe d’aria, 23 di danni alle infrastrutture e 20 esondazioni fluviali.

Muroni, cosa sta succedendo dal punto di vista climatico?

Il nostro paese sta conoscendo il nocciolo centrale della questione del mutamento climatico, ovvero eventi estremi dal punto di vista metereologico, che registrano un clima che cambia e che sta mettendo in grave difficoltà il nostro territorio. Un territorio che peraltro è molto fragile. C’è poco da fare ironia e negazionismo, c’è invece moltissimo da fare – da parte della politica – sul fronte della riduzione delle emissioni.

Titoli come quelli dei quotidiani di oggi non rischiano di fare cattiva informazione e screditare il movimento ambientalista?

Non pretendo che si creda agli ambientalisti, ma ci sono organismi scientifici internazionali, come l’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, ndr) e scienziati a livello internazionale che hanno definito la questione climatica come la sfida di questo secolo. Se non credono a Greta Thunberg almeno consultino i dati ufficiali della scienza.

Noi dobbiamo assolutamente invertire la rotta, abbiamo pochissimi anni, ed è già troppo tardi.

Quello che possiamo fare adesso è mettere in campo una serie di azioni che da una parte riducano le emissioni, quindi aiutino a rallentare il cambiamento climatico. Contemporaneamente dobbiamo mettere in campo una serie di azioni di adattamento al clima che cambia.

C’è un tema di grande responsabilità da parte dell’informazione e della politica, ma anche della classe dirigente del nostro paese, per fare in modo che la sfida climatica venga vinta a livello nazionale e internazionale.

Quali sono le azioni concrete che la politica dovrebbe intraprendere?

C’è una misura strutturale, che sarebbe davvero un segnale di cambiamento (e da un esecutivo che si è voluto chiamare “governo del cambiamento” non mi aspetto nulla di meno). Bisogna iniziare a spostare le risorse. Ogni anno il nostro paese dà 16 miliardi in sussidi diretti o sgravi fiscali alle cosidette “fonti fossili”.

Manca il dato aggiornato, perché il ministero dell’Ambiente quest’anno per la prima volta non l’ha pubblicato, però esiste un catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi (SAD). Questi andrebbero spostati via via dalle fonti inquinanti a quelle rinnovabili.

La politica è fatta di allocazione delle risorse. Fino a quando si continua a sostenere economicamente fonti inquinanti, non c’è legge che tenga. Bisogna spostare le risorse economiche.

Altre possibili misure?

In maniera immediata, ci sono due decreti (Fer 1 e Fer 2) che riguardano gli incentivi alle fonti rinnovabili e sono bloccati da anni. Il governo ha peggiorato la situazione mettendo in discussione ciò che era già stato fatto: penso all’unità di missione ItaliaSicura, che affrontava il tema del dissesto idro-geologico e apriva i cantieri per mettere in sicurezza il territorio.

Anche mettere in sicurezza i fiumi, i fianchi delle montagne e fare forestazione, in un territorio fragile come il nostro, è parte di un adattamento al clima che cambia. Queste azioni fanno sì che, se piove in maniera straordinaria, non ci siano frane con morti, feriti e danni ingenti.

Invece questo governo ha sciolto l’unità di missione ItaliaSicura, ci ha fatto stare per alcuni mesi senza una strategia sul rischio idrogeologico, perché si volevano spostare queste competenze al ministero dell’Ambiente, che non è assolutamente in grado di recepirle, vista la sua struttura.

Adesso questa unità è stata ricostituita, le hanno cambiato nome, ma abbiamo perso tempo.

Si può approvare subito una legge contro il consumo di suolo, che è uno dei temi più importanti legati ai cambiamenti climatici, e aiutare con sussidi economici la rigenerazione urbana e la riqualificazione edilizia. Fare in modo che le abitazioni siano sicure dal punto di vista climatico e anche sismico. Non si muore né di terremoto né di clima, si muore perché le nostre abitazioni e le nostre città non sono sicure.

Infine bisogna investire in maniera rapida sulla mobilità sostenibile. Attualmente siamo bloccati nel Sì Tav/No Tav. L’alta velocità in Val Susa è un buco in una montagna che sarà pronto nel 2035. Per quell’anno saremo in grado di avere un piano generale per i trasporti e la logistica, che sia in grado di spostare le merci in tutta Italia dalla gomma al ferro? In quel caso la Tav sarebbe utile, da sola non farebbe certo mobilità sostenibile.

Attraverso la sua esperienza alla guida di Legambiente ha visto un cambiamento nella sensibilità dei cittadini verso il clima?

Negli anni la sensibilità delle persone è cresciuta tantissimo, così come la disponibilità a cambiare stile di vita, che è la cosa centrale che i cittadini possono fare in prima persona. Non è vero che la lotta al cambiamento climatico è solo una questione politica di alto livello, passa tantissimo per i comportamenti di ciascuno di noi. Le politiche ambientali hanno bisogno del protagonismo dei cittadini.

Dopo il Global Strike e la visita di Greta Thunberg a Roma, qual è stata la risposta del governo italiano alle istanze dei giovani per il clima?

Il movimento di Greta Thunberg è stato ed è fondamentale perché rende questi temi popolari. È fondamentale anche che la questione del clima sia diventata una questione generazionale: è una battaglia nell’interesse di coloro che ora hanno 12, 13 o 15 anni.

Era l’anello che mancava e questo è un movimento molto bello e molto utile, che apre il cuore. Chi si occupa di temi ambientali spesso si scontra con il cinismo e l’indifferenza di molti. Invece questi giovani ci riempiono di speranza.

Il governo su questo non sta rispondendo. Anzi, in questi mesi abbiamo visto approvare dall’esecutivo, all’interno del decreto Genova, due condoni edilizi. Siamo ancora in attesa di misure per ridurre le emissioni. Inoltre si sta parlando di sblocca cantieri e decreto crescita, all’interno dei quali sono previste anche misure molto pericolose dal punto di vista ambientale.

Nel decreto crescita c’è anche la cosidetta cancellazione dell’immunità penale per i gestori dell’ex Ilva di Taranto. Cosa ne pensa?

Per me è una gigantesca operazione di distrazione di massa. Da ambientalista non ho mai creduto alla chiusura definitiva dell’Ilva di Taranto. Era necessario procedere rapidamente con la messa in sicurezza e la riduzione dei danni ambientali, con un tema di riconversione. Invece era stata promessa la chiusura e ora il M5S prova una retromarcia giocando sui cavilli.

Aver modificato la norma sull’immunità penale sostanzialmente rende vano il ricorso alla Corte Costituzionale, chiamata a esprimersi su questo tema. A pensar male qualche volta ci si prende: non vorrei che sia stato un tentativo di mischiare ancora una volta le carte. Il dato vero è che a Taranto si continua a respirare aria inquinata e manca uno screening epidemiologico. I tarantini rimangono soli, inquinati, e con una prospettiva industriale debole, perché si continua a fare rianimazione su un moribondo.

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