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Home » Ambiente

Realizzare nuovi impianti di pompaggio: i benefici per l’ambiente e per l’economia

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Il rapporto realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Edison

Negli ultimi 30 anni le emissioni di CO2 sono costantemente aumentate, passando da 21,4 miliardi di tonnellate nel 1990 a 36,3 miliardi di tonnellate nel 2021. Per far fronte a questa situazione, nel 2015 è stato siglato l’Accordo di Parigi, che mira a mantenere il riscaldamento globale “ben al di sotto i 2° C”, preferibilmente sotto gli 1,5 °C, entro la fine del secolo.

L’Unione Europea si è posta l’obiettivo di diventare climate neutral entro il 2050 e ha progressivamente aumentato il suo impegno verso questo obiettivo,
culminato con il lancio del Green Deal Europeo, che prevede di raggiungere la carbon neutrality entro il 2050. La crisi energetica ha messo a nudo quanto l’Europa faccia ancora un affidamento significativo sul gas per la produzione di elettricità, nonostante la notevole crescita della produzione di energia rinnovabile.

Per accelerare il processo di transizione energetica, all’inizio di quest’anno l’Ue si è impegnata ad aumentare l’obiettivo di energia rinnovabile per il 2030 al 45% nell’ambito del pacchetto REPowerEU.

Tale percorso passa, pertanto, per una forte crescita delle fonti non programmabili, come solare ed eolico. In Italia dal 2019 al 2030 le FER non programmabili sono previste aumentare significativamente (+85 GW a fronte di +1 GW FER programmabili). In altre parole, in Italia la potenza addizionale da FER al 2030 è rappresentata per il 99% da fonti rinnovabili non programmabili.

In Italia il PNIEC prevede l’installazione di nuovi sistemi di accumulo per oltre 10 GW entro il 2030, di cui 6 GW c.d. utility scale (pompaggi idroelettrici e batterie, localizzati principalmente al Sud e Isole) e i rimanenti in batterie distribuite. Guardando ai più recenti scenari, è stato preso in considerazione il documento redatto da Terna e Snam, per avere un’indicazione aggiornata sulle prospettive di sviluppo per i sistemi di accumulo. In particolare, il documento prevede l’installazione di nuovi sistemi di accumulo per 15 GW entro il 2030 (+4,5 GW rispetto a quanto contenuto nel PNIEC), di cui 2,1 GW da accumuli da aste Capacity Market (principalmente con E/P=4h), 4,0 GW da sistemi di accumulo distribuito (batterie elettrochimiche con E/P=4h, necessarie per affiancare lo sviluppo del solare/fotovoltaico di piccola taglia per la massimizzazione dell’autoconsumo) e 8,9 GW da impianti utility-scale (al 2030, secondo lo scenario elaborato da Terna e Snam, le tecnologie mature disponibili sono rappresentate da pompaggi idroelettrici e accumuli elettrochimici con E/P=8h).

Per rendere i sistemi di accumulo sempre più protagonisti e abilitatori del processo di transizione energetica, è necessario un quadro regolatorio certo, che sia da stimolo per investimenti in nuova capacità. La realizzazione di nuovi impianti rappresenta la leva fondamentale per facilitare la penetrazione delle fonti di energia rinnovabile intermittenti nei prossimi anni.

All’interno del quadro delineato sui sistemi di accumulo, un ruolo strategico è giocato dai pompaggi idroelettrici. In Italia, ad oggi, sono presenti 22 impianti di pompaggio, con una potenza massima di assorbimento pari a circa 6,5 GW e una potenza massima di produzione pari a circa 7,6 GW. Complessivamente, la capacità di stoccaggio è pari a 53 GWh. A livello geografico, i 22 impianti di pompaggio sono localizzati prevalentemente al Nord: ben 14 (66,7% del totale). Inoltre, l’84% della capacità di stoccaggio è concentrata nei 6 maggiori pompaggi idroelettrici, di cui 4 al Nord e 2 nel Mezzogiorno.

I pompaggi idroelettrici, tuttavia, ad oggi risultano ancora poco sfruttati. Nonostante l’Italia sia il Paese europeo che mostra la maggiore potenza e la maggiore capacità in termini di pompaggi idroelettrici, con una potenza di quasi 8 GW e circa 8 TWh annui accumulabili, negli ultimi anni la rilevanza dei pompaggi idroelettrici è andata sempre più riducendosi. Dopo il picco del 2002 – quando la capacità di pompaggio venne utilizzata per 1.000 ore l’anno, traducendosi in 8 TWh – oggigiorno si è scesi a 1-2 TWh annui.

I pompaggi idroelettrici sono in grado di rendere il sistema energetico più sicuro, resiliente e sostenibile. Entrando nel merito degli impianti di pompaggio idroelettrico, è possibile sintetizzare i principali vantaggi e benefici come segue:

  • possono offrire servizi di tipo Energy Intensive (avendo elevate capacità di accumulo rispetto alla taglia in potenza degli impianti). Così facendo, assistono il gestore del sistema di trasmissione nella gestione dei periodi di overgeneration e consentono una traslazione temporale tra produzione e consumo (load shifting). Nel dettaglio, gli impianti di pompaggio idroelettrico permettono di assorbire l’energia elettrica in eccesso rispetto alla domanda nelle ore a maggiore generazione rinnovabile4 e rilasciarla nei momenti caratterizzati da un carico residuo5 particolarmente elevato;
  • possono offrire servizi di tipo Power Intensive. Infatti, sono in grado di smussare picchi di potenza immessa dalle rinnovabili o fornire un contributo a fronte di minore produzione per bilanciare il sistema elettrico;
  • rappresentano risorse ad elevata flessibilità e velocità di risposta. I pompaggi idroelettrici, infatti, consentono – da un lato – di offrire potenza regolante alla rete, in termini di regolazione di frequenza e tensione, incrementando l’inerzia del sistema e – dall’altro lato – di fornire un contributo essenziale per l’adeguatezza del
  • sono elementi chiave in ottica dei sistemi di difesa, supportando la riaccensione del sistema nel processo di black start.

Gli impianti di pompaggio, inoltre, risultano la migliore risorsa di rete in grado di garantire i servizi di regolazione (insieme al termoelettrico), mostrandosi una tecnologia adatta a fornire servizi di regolazione di frequenza (riserva primaria, secondaria e terziaria) oltre ad essere in grado di risolvere le congestioni.

In Italia, il sottoutilizzo dei pompaggi idroelettrici genera implicazioni negative a cascata, in quanto il mancato utilizzo di queste tecnologie comporta l’impossibilità di accumulare grandi quantità di elettricità dall’eolico e fotovoltaico e, di conseguenza, l’impossibilità nel ridurre gli stress alla rete e gli sbalzi nei prezzi.

Muovendo da queste considerazioni, The European House – Ambrosetti ha realizzato un modello di valutazione d’impatto di due possibili alternative regolatorie per la gestione dei sistemi di pompaggio in Italia. I due modelli analizzati per la regolazione dei pompaggi idroelettrici in Italia sono il modello “in parte a mercato” e il modello “Declinazione DCO 393 ARERA”. Nello specifico, questi due modelli alternativi mostrano differenti meccanismi di retribuzione per il gestore dell’impianto di pompaggio.

Dalle analisi, è stato stimato che il modello “in parte a mercato” prevede un esborso annuo a copertura del premio annuo fisso per l’operatore pari a 640 milioni di Euro, inferiore a quello previsto dal modello “declinazione DCO 393 ARERA” pari a 760 milioni di Euro. Emerge, quindi, come il modello “in parte a mercato” riesca – con un costo per il consumatore finale inferiore rispetto al modello “Declinazione DCO 393 ARERA – a incentivare maggiormente la gestione efficiente da parte dell’operatore del sistema di pompaggio, sia tramite il rispetto dei segnali provenienti dal mercato spot che mediante una modulazione nel valore degli incentivi (grazie ai meccanismi di mercato presenti). Infine, guardando all’intero orizzonte temporale sui 30 anni di esercizio del pompaggio idroelettrico nel modello considerato, emerge come il modello in parte a mercato comporti un esborso monetario pari a oltre 19 miliardi di Euro, rispetto ad un esborso monetario pari a quasi 23 miliardi di Euro nel caso del modello “Declinazione DCO 393 ARERA”. In altre parole, il modello in parte a mercato è in grado di garantire un risparmio economico per i consumatori pari a 3,6 miliardi di Euro.

La realizzazione di nuovi impianti di pompaggio è, pertanto, una leva fondamentale per facilitare la penetrazione delle fonti di energia rinnovabile intermittenti, ma soprattutto genera ricadute economiche significative: nell’ipotesi di sviluppare metà della nuova capacità utility-scale con pompaggi idroelettrici (pari a +4,5 GW di potenza installata), l’investimento iniziale necessario per la realizzazione di nuovi impianti risulta pari a 10,5 mld di Euro, in grado di attivare circa 31 mld di Euro nella filiera economica dell’impiantistica e dei cantieri per questo tipo di infrastrutture, con un effetto moltiplicatore pari 2,96.

“I pompaggi idroelettrici sono una risorsa strategica per il Paese al fine di rendere il sistema elettrico nazionale più sicuro, resiliente e sostenibile, facilitando la penetrazione delle energie rinnovabili ed il raggiungimento degli obiettivi nazionali di decarbonizzazione. Per questo motivo abbiamo ritenuto indispensabile inserire nel nostro piano di sviluppo delle fonti green, che prevede di portare la capacità rinnovabile del Gruppo da 2 GW a 6 GW al 2030, una quota di nuova capacità di pompaggio idroelettrico, pari ad almeno 600 MW nell’arco di piano, dislocata nel Sud Italia”, dichiara Marco Stangalino, Executive Vice-President di Edison e Direttore Power Asset. “La definizione di un nuovo quadro regolatorio avrebbe l’effetto di sbloccare investimenti, in particolare nel Mezzogiorno vicino ai centri di produzione rinnovabile, che sono necessari al raggiungimento dei target europei di decarbonizzazione e di cui beneficerebbe una filiera che è interamente italiana”.

“L’attuale crisi energetica ci pone di fronte a un bivio: accrescere gli investimenti nelle risorse strategiche presenti sul nostro territorio o continuare a essere esposti agli shock esogeni che impattano sul mercato dell’energia”, dichiara Lorenzo Tavazzi, Partner e Responsabile Scenari e Intelligence di The European House -Ambrosetti. “Gli impianti di accumulo, ed i pompaggi idroelettrici in particolare, hanno un ruolo cruciale per il processo di decarbonizzazione e rappresentano degli asset distintivi, grazie alla capacità di gestire una risorsa scarsa come l’acqua, ad una bassa dipendenza da materie prime critiche e alla presenza di una filiera industriale italiana. Per cogliere a pieno i benefici e dispiegare tutto il potenziale associato a questa tecnologia, è però necessario garantire un quadro regolatorio che minimizzi il costo per il consumatore finale e incentivi ad una gestione più efficiente”.

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